Eurostorie/1: Quando l’Esc cantava la rabbia di un popolo
Comincia con oggi una nostra rubrica con la quale vi raccontiamo aneddoti e storie legati a filo doppio alle canzoni dell’Eurovision Song Contest.
httpv://www.youtube.com/watch?v=Engj_bWvJIc
La musica che va oltre le barriere. Può sembrare un concetto scontato ma nel caso dell’Eurovision Song Contest non lo è quasi mai. Perché anche se il regolamento impone che non si parli di politica nei testi delle canzoni, è quasi inevitabile che queste si mescolino o si leghino a doppio filo con l’attualità. E’successo più volte nel corso della storia della manifestazione, ma soprattutto fra gli anni ’60 e ’70 il fenomeno esplose in maniera più netta.
I debutti nella rassegna di paesi come Jugoslavia (1961), Spagna (1961) e Portogallo (1964), allora alle prese con governi non esattamente democratici, furono largamente contestati dagli altri paesi in gara. Un palcoscenico come l’Eurofestival è una vetrina troppo importante per non essere sfruttata da coloro che si oppongono alla dittatura. E così per esempio, nel 1964, a Copenaghen, Durante l’esecuzione de “I miei pensieri” della svizzera Anita Traversi un solitario invasore compare sul palco con in mano una bandiera con su scritto “Boicotta Franco e Salazar” (Antonio de Oliveira Salazar era il dittatore salito nel 1932 al potere in Portogallo con un regime di stampo fascista ed autoritario, Francisco Franco era il Generale al potere in Spagna dalla fine della guerra civile, nel 1939). La televisione danese staccò sulla giuria, per evitare che l’episodio fosse visto in tutta Europa e riprese il collegamento una volta allontanato l’uomo. Da allora, durante tutto il regime franchista, gli eventi internazionali vennero trasmessi dalla tv spagnola con qualche secondo di differita. Dell’episodio esiste l’audio originale, non le immagini, perché la tv danese distrusse i nastri. L’edizione 1964 è infatti la sola, insieme a quella inagurale della quale non esistono o quasi testimonianze video, eccezion fatta per qualche scampolo relativo alla vincitrice Gigliola Cinquetti.
Proprio il Portogallo, storicamente, è uno dei paesi che maggiormente ha sfruttato la musica dell’Eurovision Song Contest per lanciare messaggi a sfondo politico. La prima volta capita nel 1967. Eduardo Nascimento, l’artista in concorso per i lusitani viene infatti dall’Angola, a quel tempo colonia portoghese. La sua canzone “O vento modou” vince con largo margine il Festival da Cançao e dunque è scelta per rappresentare i lusitani all’Eurofestival. Ma più di qualcuno sospetta che dietro la sua larga vittoria ci sia la mano del dittatore Salazar, il cui regime è in quegli accusato di razzismo. Secondo quando dicono le cronache del tempo, Salazar potrebbe aver favorito la vittoria di Nascimento, primo cantante uomo di colore ad esibirsi, all’Eurofestival, proprio per spazzare via queste accuse.
Ma è fra il 1973 ed il 1975 che le canzoni portoghesi dell’Eurofestival fanno maggiormente parlare: “Tourada”, portata in concorso da Fernando Tordo nel 1973, è accompagnata da più di una polemica per il suo testo criptico nel quale si fa accenno ad attese, battaglie e ad una non meglio specificata “Primavera”. Più di qualcuno ci legge un chiaro messaggio contro il regime salazarista. Un segnale chiaro di come gli animi degli artisti, in Portogallo, fossero molto caldi. La conferma arriva l’anno dopo. “E depois do adeus”, di Paulo Carvalho, non è esattamente la miglior canzone della storia portoghese ed arriverà anche ultima eppure conserva un posto speciale nei cuori dei lusitani. Il brano sarà infatti uno dei due segnali usati per dare il via alla cosiddetta “Rivoluzione dei garofani”, che da lì a poco rovescerà la dittatura “Estado Novo” di Marcelo Caetano, successore di Antonio Salazar, riportando la democrazia nel paese. La canzone diviene infatti il segnale che dà inizio al colpo di stato del 25 aprile 1974 e mette in movimento i carri armati ribelli. E nel 1975, a regime caduto, quando il paese sta lavorando per mettere in piedi la prima democrazia, Duarte Mendes porta in concorso “Madrugada”, ovvero “Alba”. La canzone è una chiara esaltazione della Rivoluzione dei Garofani e contiene messaggi espliciti contro la guerra coloniale che il regime aveva voluto. Duarte Mendes vorrebbe anche presentarsi sul palco con l’uniforme militare ed imbracciando una pistola, ma gli viene negato.
httpv://www.youtube.com/watch?v=t3EMUJCn3iI
L’altro segnale che nel 1974 dà il via alla rivoluzione è “Grandola Vila Morena”, un motivo folk di Alfonso Zeca, uno dei cantanti più in voga in quegli anni, una delle voci maggiormente ostili al regime. Un nome che all’Eurovision Song Contest sarà evocato 37 anni dopo. A citare Zeca sono gli Homens da Luta (gli “Uomini della lotta”) che nel 2011 vincono il Festival da Cancao con “A luta è alegria”, una brutta canzone folk proprio nello stile in voga in Portogallo negli anni ’70. La canzone suscita più di una polemica perché cita le parole “lotta” e “popolo”, senza però riferimenti a partiti politici, ma il gruppo, composto da musicisti e cabarettististi si presenta sul palco con garofani all’occhiello, pugni chiusi, bandiere rosse, il numero 74 stampato dietro la schiena (a ricordo proprio di quegli anni) e finti cartelli di protesta, ispirandosi dichiaratamente a Zeca e alle sue canzoni. Senza peraltro mai negare la loro appartenenza politica ed anzi, invitando i connazionali, dal palco della finale nazionale portoghese a prendere parte alla marcia di protesta “contro il lavoro precario, la disoccupazione e gli emigranti che hanno lasciato un paese che non gli ha offerto opportunità” che sarebbe andata in scena il giorno dopo. Né fanno mancare la loro presenza alle manifestazioni di piazza contro la crisi economica che ha impoverito il paese. Il testo della canzone rimane sotto esame per lungo tempo da parte dei vertici della Ebu, prima di venire regolarmente ammesso in concorso.
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Complimenti, un articolo molto interessante.
Bellissima rubrica. Complimenti!