Eurovision Rewind – Gli anni d’oro/5: 1974
L’edizione 1974, ospitata a Brighton dopo il no lussemburghese a bissare l’organizzazione, è indissolubilmente ed inevitabilmente legata al nome degli Abba. Non potrebbe essere altrimenti visto che il quartetto svedese, già famoso in patria al momento della loro partecipazione, diventa protagonista delle classifiche di mezzo mondo – e lo resterà fino al 1982, anno dello scioglimento – a partire dal brano “Waterloo“.
Il fatturato degli Abba in Svezia oggi è superiore a quello della Volvo e la loro fama grazie all’Esc diventa talmente smisurata che la loro musica arriva anche nell’Italia refrattaria alle produzioni straniere, sopratutto eurovisive: il 14. posto in classifica del brano vincitore è la maggior posizione mai raggiunta da una canzone non italiana dell’Esc nel nostro paese. Che peraltro, arriva secondo con “Sì” di Gigliola Cinquetti, poi destinato ad uscire con successo in mezzo mondo.
httpv://www.youtube.com/watch?v=3FsVeMz1F5c
All’Italia mancano i voti degli slavi (appena 2), a quel tempo alle prese con frizioni diplomatiche nel nostro paese, ma sopratutto mancano i voti della Francia, paese dove la Cinquetti è popolarissima, perchè i transalpini si erano chiamati fuori a causa della recente morte del presidente della Repubblica Georges Pompidou. La più contenta è la Rai, che manda in onda l’evento con un mese e mezzo di differita temendo che il titolo della canzone della Cinquetti potesse influenzare il referendum sul divorzio, per il quale si era in campagna elettorale. Una vittoria “in differita” sarebbe stata davvero ai limiti dell’assurdo.
httpv://www.youtube.com/watch?v=V84SLBzYBk0
Rassegna grandi firme e di grandi canzoni. Il Regno Unito padrone di casa si gioca la carta Olivia Newton John. L’anglo-australiana, destinata di qui a poco a diventare famosa con “Grease” e ad a vincere quattro Grammy, allora è un astro nascente. “Long live love” ha un buon riscontro europeo e sul palco inglese è ottima quarta preceduta dall’altro pezzo-capolavoro della rassegna, “I see a star” degli olandesi Mouth & MacNeal, stelle del pop europeo e freschi di partecipazione a Sanremo. Il successo di vendite non eviterà lo scioglimento del duo, con Maggie Mac Neal che andrà ancora avanti da sola con successo per qualche anno.
Se la Germania fa un buco nell’acqua, con “Die sommermelodie” di Cindy & Bert che finisce in fondo al gruppo, l’edizione regala anche qualche altra canzone da segnalare. Come quella del Portogallo. “E depois do adeus” di Paulo Carvalho, anch’essa ultima, sarà usata qualche settimana dopo, come “segnale” per dare il via alla cosiddetta Rivoluzione dei Garofani che rovescerà la dittatura di Estado Novo.
“Celui qui reste, celui qui s’en va“ del francese Romuald, assoldato dal Principato di Monaco, merita ampiamente il quarto posto ex aequo, con la citata canzone britannica e con “Baby I love you” della anglo-tedesca Ireen Sheer, in gara sotto la bandiera del Lussemburgo e griffata Ralph Siegel: è l’esordio del compositore tedesco nell’Eurovision. Per rivedere l’intera rassegna, andate qui (commento in tedesco a cura della tv austriaca), per approfondire l’argomento eurovisivo, il volume “Good Evening Europe” può essere un valido supporto.
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