Eurovision Rewind- Gli anni d’oro/10: 1979
Chiudiamo la nostra rubrica dedicata agli anni d’oro della rassegna con il 1979, edizione da record per tanti motivi. Anzitutto, per la prima volta nella storia del concorso la rassegna va in onda da un paese geograficamente fuori dall’Europa (ma non per l’Ebu, la cui “Europa” è allargata al bacino del Mediterraneo), ovvero Israele, situazione che dà l’occasione ai media italiani per ignorarla quasi completamente (di questa edizione non c’è praticamente traccia alcuna sui giornali eccezion fatta per le pagine dei programmi tv).
Per l’occasione,la sede è il Palazzo dei Congressi di Gerusalemme, scelto su richiesta dell’Ebu in quanto città simbolo di pace e crogiolo di religioni. Nonostante questo la Turchia si ritira, cedendo alle pressioni di paesi arabi che le chiedono di non gareggiare in un paese ebraico. Il secondo record lo mette a segno la tv di casa, che vincendo con “Hallelujah” di Milk Honey e Gali Atari consegna agli annali la prima canzone trionfatrice a sfondo religioso. Non ci sarà un Israele-bis nell’organizzazione: la tv dirà no e nel 1980 si andrà in Olanda. Il terzo record: per la prima volta viene concessa agli artisti l’opportunità di cantare dal vivo su basi presuonate, purchè gli strumenti siano comunque sul palco.
Diverse belle canzoni, una decisamente meno: quella dell’Italia: “Raggio di luna” di Matia Bazar, eseguita appunto sulla base, è un pezzo lontano anni luce dalla migliore produzione del gruppo genovese, designato internamente dalla Rai. E secondo i cronisti internazionali, l’esibizione è “la peggiore della serata, se non addirittura di tutta la storia del festival”, sino a quel momento, ovviamente.
httpv://www.youtube.com/watch?v=5cb0h2uZCpM
Ha poco successo, nonostante sia molto orecchiabile “Mary Ann” dei britannici Black Lace, settima al traguardo, ma la band vedrà la propria carriera decollare. Dopo aver vinto sei anni prima in quota Lussemburgo, Anne Marie David, ormai ambasciatrice della musica francese nel mondo, torna in concorso per provare a bissare il successo per il suo paese natale: “Je suis l’enfant soleil” arriva terza, battuta anche da “Su cancion” della peruviana in quota Spagna Betty Missiego.
I protagonisti dell’edizione però sono tedeschi. I Dschingis Khan, gruppo in parte a matrice magiara, mette in scena una interpretazione quasi da musical per il brano omonimo: vestiti da mongoli intonano un pezzo che parla proprio del sanguinario imperatore asiatico e del suo regime. Saranno quarti, ma con altri brani nello stesso stile, furbi, orecchiabili e spensierati, fra i quali la celebre “Moskau” diventeranno i protagonisti assoluti di questo tipo di pop sino a tutta la prima metà degli anni 80.
httpv://www.youtube.com/watch?v=zK04zEi1P6g
Il big della manifestazione ce l’ha Monaco anche se nessuno lo riconosce, perchè Jean Baudlot, musicista e compositore francese fra i più apprezzati del tempo si nasconde dietro lo pseudonimo di Laurent Vaguener. Tuttavia “Notre vie c’est la musique” non fa presa sulle giurie e chiude appena sedicesimo: Monaco si chiamerà fuori dal concorso fino al 2004. Baudlot invece, nel 1983 compone insieme con Paul de Senneville la bellissima “Lady Di” per Richard Clayderman, che in Italia diverrà popolare come sigla del programma Tg L’Una. Per rivedere l’intero contest andate qui, per approfondire l’evento eurovisivo, c’è un libro tutto italiano.
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Quello che dissero dell’edizione del 91 è oggettivamente indiscutibile (anche se a mio giudizio fu uno dei migliori di quegli anni in termini di musica) ma confermo il mio giudizio negativo sull’opera.
Lo so che è di JK O’Connor, ma anche da altre parti hanno detto questa cosa. Ho il suo libro, non mi pare così intriso di superiorità inglese. Quello che dice sull’edizione di Roma 91 per esempio, è confermato da chiunque sia stato presente, italiani compresi…
PS Cronisti, non coristi. Era un refuso nell’articolo, l’ho corretto
A me sembra invece che il mix audio dei Matia fu disastroso, la canzone era bella ed era data tra le favorite dei bookmakers, la citazione dei coristi è di di JK O’Connor e lascia il tempo che trova : tutto il suo libro è intriso di superiorità anglosassone (ed è una vergogna che l’EBU lo consideri il biografo ufficiale della manifestazione). Comunque il peggiore risultato italiano con questo sistema di votazione … ci può stare