Eurovision Rewind- Gli anni sessanta/7 – Il 1966 e lo zero di Modugno

ESC_1966_logoLa vittoria di France Gall riporta l’Eurovision nel Granducato di Lussemburgo, per una edizione, quella del 1966, che rispecchia pienamente quello che i tedeschi chiamano “zeitgeist”, lo spirito dei tempi. Sono gli anni in cui impazzano Andy Warhol e la pop art e così il palco allestito all’auditorium della radio tv del Granducato è sovrastato da opere del genere che pendono dal soffitto. Anche la musica ne risente.  Se è vero infatti che molte canzoni sono ben inserite in quello che è il mainstream del tempo,  più di qualcuno storce il naso sulla qualità dei motivi.

Ed in effetti, l’edizione  non è ricordata esattamente come una delle migliori dal punto di vista del concorso musicale e anche i testi, secondo i critici italiani (e stavolta non solo quelli), non brillano per originalità.  In compenso, la si ricorda per due eventi: l’inserimento nel regolamento della norma che obbligherà gli artisti a cantare ciascuno in una (o più) delle lingue parlate nel paese che rappresentano e la prima artista di colore ad esibirsi sul palco eurovisivo: si tratta dell’olandese Milly Scott, che è pure la prima ad usare un microfono “a mano”.

E se il pubblico italiano conosce bene il vincitore, l’austriaco Udo Jurgens che con “Merci cherie” dopo il secondo posto a Sanremo dell’anno precedente porta per la prima (e unica) volta la rassegna a Vienna, con il proprio rappresentante  incassa il primo (e anche in questo caso unico) zero della sua storia. Il brutto è che a rimediarlo è nientemeno che  Domenico Modugno, l’uomo la cui carriera internazionale è decollata proprio con l’ESC. Il cantante pugliese è alla terza partecipazione dopo i podi di 1958 e 1959 e arriva sull’onda della vittoria al Festival con “Dio come ti amo”, in doppia esecuzione con Gigliola Cinquetti. Ed è proprio lei, la trionfatrice 1964 che pubblico e critica vorrebbero di nuovo all’ESC. La Rai sceglie invece il Mimmo Nazionale, nella convinzione che non gli sarebbe sfuggita la vittoria.

Ma la Rai è l’unica a crederci. Oltre ad avere una canzone lontanissima dal sound eurovisivo (come spesso capita all’Italia),  Modugno arriva infatti a Lussemburgo suo malgrado e controvoglia, litiga con l’organizzazione per l’albergo e alle prove si scontra con l’orchestra, che rifiuta di integrare al suo interno due musicisti fatti arrivare a supporto da Roma dall’artista, seguendo la scia di altri paesi. Una lite in diretta radio (e in collegamento tv per le giurie) che provoca lo “sciopero” dell’orchestra, la quale lascia Modugno  in gara solo con i suoi musicisti.

 A fine serata, dopo il sonoro zero (diviso con Tereza Kesovija, la croata in gara per Monaco), Modugno diserta il party e torna subito a Roma. Nonostante questo, nei negozi è un trionfo: già prima del Festival aveva venduto 300 mila copie in Italia, 100mila in Francia, altrettanti in Spagna, l’artista vede accrescere ulteriormente la sua fama, uscendo anche in Argentina e Cile e incrementando le vendite in tutta Europa.  La Svezia è per la prima volta seconda con “Nygammal vals” di Lill Lindfors e Svante  Thuresson, terza è la Norvegia con Intet er nytt under solen” della sedicenne Aase Kleveland, pioniera di quel vispop ancora tanto di moda da quelle parti.

La Francia incassa il peggior risultato della sua storia sino a quel momento: “Chez nous” di Dominique Walter ripete per 38 volte il titolo nei 3 minuti della canzone e le giurie la scaraventano al 16.posto. Risale invece la Spagna, con Raphael che dal settimo posto di “Yo soy aquel” darà il via ad una lunga e fruttuosa carriera internazionale, tuttora attiva.  A pari merito con lui c’è quella “Brez Besed” della slava Berta Ambroz, che secondo alcuni sarebbe stata “ripresa” da Juan Carlos Calderon nello scrivere per i Mocedades “Eres tu” (1973). Il tenore scozzese in kilt Kenneth Mc Kellar piazza al nono posto “A Man without love”, l’altro pezzo fuori tempo massimo dell’edizione. La Germania è decima con “Die zeiger der uhr” di Margot Eskens, una delle due altre stelle in gara. L’altra è Michèle Torr, “l’Edith Piaf bionda”,  ancora oggi una big della chanson francese, in gara per i padroni di casa,  anche lei sarà decima. A questo link trovate il concorso intero, con commento in francese. Per approfondimenti, vi rimandiamo al libro “Good Evening Europe”. Se volete rileggervi la rubrica dell’anno scorso sugli anni 70, potete andare qui.


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Emanuele Lombardini

Giornalista, ternano, cittadino d'Europa

2 Risposte

  1. non so il tedesco. intuisco che e\ una canzone d\amore

  2. sarebbe stato meglio la cinquetti. avrebbe lottato per la vittorio. comunque la canzone dim udo urgens e\ bellissima. l\ann o prima arrivo\ secondo al fedtival di san remo assieme a ornella vanoni con abbracciami forte

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