Non solo Conchita Wurst: l’Eurovision e il mondo LGBT

Non solo Conchita Wurst. Scorrendo la storia dell’Eurovision Song Contest si rintracciano diversi personaggi del mondo LGBT che hanno a qualche titolo fatto parte dell’evento. Non tantissimi, in realtà, ma quasi tutti hanno lasciato in qualche modo un segno nella rassegna. Vale allora la pena di fare un piccolo viaggio in questo mondo, specificando che la parte più appariscente è soltanto una fetta di tutto il pianeta in questione. C’è ovviamente molto altro di ben più vasto. Sul fronte delle drag queen, le prime in assoluto furono le slovene Sestre. Nel 2002 si presentarono sul palco di Tallin, in Estonia vestite da assistenti di volo e “sdoganarono” questa forma di spettacolo all’ESC. “Samo ljubezen” in realtà non andò lontano (furono solo quindicesime) ma il trio si garantì un bel giro in Europa per promuovere le loro canzoni (passarono anche dalla vicina Italia).

Sestre

Quanto a Conchita Wurst, aveva già tentato l’ingresso all’ESC nel 2012, chiudendo seconda alle selezioni austriache con “That’s what I am”. Nel 2001, il drag act delle Shimai era in gara In Spagna nel progetto Trans X col brano “Amandonos”, chiudendo dodicesimo su 20 in una selezione oggettivamente parecchio scarsa. Nel 2007 l’Eurovision Song Contest ospita non una ma due drag queen. Peter Andersen, performer danese noto come DQ, porta in scena in semifinale “Drama queen” e il numero per cui è celebre ovvero il cambio dell’abito in pochissimi secondi.

Non riesce ad entrare in finale, mentre invece si esibisce direttamente in finale (il regolamento di allora lo prevedeva per i migliori 10 dell’anno precedente) Andriy Danilko, in arte Verka Serducka: “Danzing (Lasha tumbai)”, in rappresentanza dell’Ucraina, è seconda. DQ è stato quest’anno l’animatore di alcune serate all’Euroclub di Copenaghen. Nel 2004 al Melodifestivalen erano in gara le  Afterdark con “La Dolce Vita”, che chiusero terze mentre nel 2006 le Queentastic con “Absolutely fabolous” chiusero quarte alle selezione norvegese.

Sul fronte degli artisti transessuali, l’Eurovision Song Contest ne registra sin qui uno soltanto ma molto importante, perché in un certo senso ha fatto storia: Sharon Cohen, in arte Dana International vinse nel 1998 sul palco di Birmingham con “Diva“, un brano rimasto scolpito nella storia eurovisiva e diventato uno dei simboli moderni della rassegna. Prima (e unica sin qui) cantante transessuale ad aver vinto la rassegna (entrò in gara già come donna, dopo l’intervento di cambio sesso datato 1993), fece così tanto notizia che nonostante l’assenza dell’Italia le dedicò una pagina (e una lunga intervista) il Corriere della Sera e finì anche nel TG 5. Nel 2011, come noto, tentò di nuovo l’esperienza eurovisiva, ma stavolta “Ding Dong” non riuscì a passare la semifinale. Alla finale rumena quest’anno era in concorso Naomy, molto celebre nel proprio paese, col brano “Daca tu iubesti“.


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Emanuele Lombardini

Giornalista, ternano, cittadino d'Europa

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