IBA chiuderà nel 2015, Israele verso una nuova tv pubblica
Subito dopo la fine dell’ultima edizione dell’Eurovision Song Contest la tv di Israele aveva lasciato trapelare la sua delusione per l’eliminazione in semifinale di Mei Finegold e il pensiero di rinunciare all’edizione dei 60 anni, ma adesso arriva una notizia incredibile. Dopo la tv greca, anche IBA, la Israeli Broadcasting Authority, l’ente della tv pubblica israeliana, chiuderà per decreto. IBA spegnerà i ripetitori nel Marzo 2015. La decisione è stata annunciata dal Governo, nella fattispecie dal ministro delle Comunicazioni Gilad Erdan. Sotto accusa, manco a dirlo, i debiti e la particolare situazione finanziaria, ma anche lavorativa, in cui la tv versa: “I soldi pubblici sono spariti in buco nero di straordinari, contratti di lavoro irrealistici e un archivio disintegrato”, ha sottolineato in una conferenza stampa congiunta col ministro delle Finanze Yair Lapid, spiegando poi come la tv sarà rimpiazzata da un nuovo ente pubblico: “più competitivo, con migliore programmazione, meno dipendenti, senza interferenze politiche e senza canone”. Una decisione, che ovviamente non ha mancato di sollevare polemiche, anche all’interno dei sindacati israeliani e anche sulla stampa, oltreché nella stessa EBU
La preoccupazione dell’EBU è che Israele non rimanga un solo giorno senza servizio pubblico, per questo non ha mancato di esprimere la propria contrarietà al fatto che si sia annunciata la chiusura dell’emittente senza che siano ancora stati raggiunti accordi politici circa la nuova struttura, comprese governance, finanziamenti e mandato. “E’ profondamente deplorevole che lo Stato abbia dovuto prendere tali misure drastiche”, ha detto Ingrid Deltenre, direttore generale dell’EBU. “Dovremo guardare con attenzione come la situazione si svilupperà in Israele, al fine di garantire che venga onorato l’impegno del servizio pubblico”.
La Deltenre ha inoltre spiegato come i governi siano spesso irrealistici in sede di attuazione delle riforme del settore audiovisivo e che queste debbano tenere sempre conto di condizioni essenziali per i media di servizio pubblico quali una governance efficiente e trasparente; un mandato chiaro, ampio e dinamico; un finanziamento sostenibile a lungo termine e l’indipendenza garantita attraverso leggi che proteggano da interferenze del governo, sottolineando come la “rottamazione del canone sia un passo nella direzione sbagliata” perché far dipendere l’emittente interamente dai soldi del bilancio statale la renderà ancora più vulnerabile alle interferenze dei partiti.
Il Governo israeliano ha indicato in 10 mesi il tempo per l’avvio della fase di transizione, ma Deltenre ha sottolineato come questa previsione sia del tutto insufficiente anche solo per trasferire la vecchia struttura di trasmissione in quella nuova, come insegna l’esempio delle Grecia. Ciò anche in presenza di nuove leggi sui media redatte da esperti che ne garantiscano l’indipendenza, di cui peraltro Israele è attualmente privo: sarà necessario, secondo l’EBU che Governo e Parlamento concordino prima di partire futuri finanziamenti e competenze, così che il pubblico resti sempre soddisfatto del servizio.
“E’ estremamente ambizioso per realizzare tutto questo entro i prossimi 10 mesi – ha detto Deltenre- E un calendario realistico è importante per soddisfare le aspettative di tutti gli stakeholder (cioè tutti i soggetti interessati al servizio, a qualunque titolo ndr). Qualunque ritardo, imprevisti e controversie si possono mettere in cantiere, la linea di fondo è che gli israeliani non devono restare un solo giorno senza servizio pubblico“. In tutto questo, come è evidente, la partecipazione al prossimo ESC è l’ultimo dei pensieri. Resta da capire se l’EBU interverrà come fatto per la Grecia, di fatto agevolando la partecipazione anche di una eventuale tv provvisoria, ammesso che ovviamente riesca a partire in tempo.
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