Eurovision Rewind 1998 – Viva la Diva. E l’Italia si congeda…
Dal 15 maggio 1998, l’Eurovision Song Contest non è più lo stesso. La vittoria di Dana International ha segnato un deciso spartiacque della rassegna. Mai prima di allora si era imposto un artista transessuale, uomo o donna che fosse. Per di più, una cantante transessuale israeliana, dunque proveniente da un paese dove la sensibilità su queste tematiche si scontra spesso col fondamentalismo religioso.
“Diva” è una canzone che la rappresenta come non mai. Perché diva in fondo un po’ lo è veramente, non foss’altro perché si presenta in scena con un abito lungo da sera firmato Jean Paul Gaultier, del quale poi diverrà una delle muse. Certo è che a Birmingham, dove la rassegna è approdata dopo la vittoria di Katrina & The Waves, il clima non è proprio serenissimo. La paura di rappresaglie da parte degli ebrei radicali è tantissima e così Dana International viene blindata in albergo, l’unico della città coi vetri antiproiettile, guardata a vista. Anche il suo vestito è tenuto sotto scorta armata e poi viene cambiato all’ultimo, per motivi di sicurezza. La canzone – eseguita in ebraico – vince tutto quello che c’è da vincere in patria e all’estero diventa famosa nella versione in inglese, conquistando la vetta o la top 5 in dieci paesi europei. Dana International, diventa una icona eurovisiva e l’eco della sua vittoria arriverà anche in Italia.
https://www.youtube.com/watch?v=TuVc36TzSeI
Già, l’Italia. La Rai aveva appena sbattuto le porte in faccia alla vincitrice del Festival di Sanremo, Annalisa Minetti, che alla richiesta di poter partecipare alla rassegna si era sentita rispondere che era meglio se fosse andata al “più discograficamente importante per l’Italia” Festival di Vina del Mar, gemellato con Sanremo. Niente Eurovision, ma il giorno dopo la vittoria, ci pensano il TG 5 e il Corriere della Sera ad interessarsi della rassegna, ovviamente puntando sulla vincitrice e sulla sua peculiarità, non sul concorso. Ma intanto, sul maggior quotidiano italiano esce una pagina intera dedicata a Dana International… Da quest’anno, l’Italia perde ogni riferimento eurovisivo: il programma è visibile solo per chi confina con Svizzera e Slovenia. Per tutti gli altri, calerà il buio per tredici lunghi anni (salvo una sola edizione, senza il Paese in gara). Alcuni cronisti, peraltro, sottolineano la coincidenza fra l’arrivo del televoto nelle votazioni (e quindi l’obbligo della diretta) e il ritiro dell’Italia dalla rassegna.
Come è evidente, rispetto ad una vincitrice così, il resto è noia. In realtà però l’edizione regala molte belle cose. Il podio si completa con “Where are you?” della britannica Imaani e “The one that I love” della maltese Chiara Siracusa. Ma il pezzo migliore in concorso ce l’ha – di nuovo – la Croazia: Danijela Martinovic tornava in gara da solista dopo averlo fatto tre anni prima coi Magazin e si migliora (è quinta dietro all’olandese Edsilia Rombley): “Neka ne mi svane” è un classico esempio dell’ottimo pop slavo anni 90 e in più l’artista accompagna la performance con alcuni accorgimenti scenografici che ne esaltano la sensualità. Il brano e l’album che la contiene sfonderanno nelle classifiche slave.
https://www.youtube.com/watch?v=p4S8rSg8DyE
La Germania raccoglie un inatteso ottavo posto, dopo che la selezione era stata vinta da Guildo Horn, popolare showman televisivo dalla vena ironica e dissacratoria, che si presenta in concorso con un gruppo denominato Le scarpe ortopediche e concludendo l’esibizione appeso ad una balaustra. Questo risultato, insieme a quello del 2000, rilanceranno il concorso proprio in una Germania che se ne stava disaffezionando Mikel Herzog per la Spagna non va oltre il sedicesimo posto, la Francia naufraga in penultima posizione con “Ou aller” di Marie-Line e solo la media voto del quinquennio salva il paese dall’esclusione l’anno dopo. I finlandesi Edea propongono “Aava“, una melodia new age il cui testo è composto da una sola frase, ripetuta per l’intera durata del brano: sono appena sei parole, ma la ripetizione priva la canzone del record col testo più corto, che resta alle 24 parole di “Nocturne” dei Secret Garden del 1995.
“Karleken ar” (primo posto nella chart nazionale) lancerà definitivamente la carriera della svedese Jill Johnson, tuttora una delle artiste di maggior successo in patria, anche se ha virato sul genere country, così come l’Eurovision consoliderà il cipriota Mihail Hatziyannis, già 700 mila copie all’attivo al momento della partecipazione (“Genesis” sarà poi prima e disco di platino) e oggi uno degli artisti ellenofoni di maggior riscontro discografico, attivo anche come autore e produttore. Meno fortunato il progetto tutto eurovisivo Alma Lusa, gruppo di solisti uniti per l’occasione: “Se eu te pudesse abraçar” meriterebbe, ma è appena dodicesima. A questo link trovate l’edizione completa da rivedere, per approfondire, invece vi consigliamo la lettura del libro “Good Evening europe“: a breve arriverà la nuova edizione, ancora più ricca.
https://www.youtube.com/watch?v=wGnMhlHxm30
Segui Eurofestival News anche su Google News, clicca sulla stellina ✩ da app e mobile o alla voce “Segui”.
Non perderti le ultime notizie con le notifiche in tempo reale dal nostro canale Telegram e WhatsApp. Seguici su tutti i principali Social Media (qui l’elenco completo) e scopri come sostenerci e sostenere una informazione da sempre indipendente.
Eurofestival News è anche una comoda Web App gratuita che puoi portare sempre con te, scaricala subito sul tuo smartphone. Vuoi collaborare con noi? Contattaci!
Where Are You Now di Imaani era proprio carina…ma la Diva è la Diva :)