Eurovision Rewind/1999: il millennio si chiude col trionfo svedese
Vent’anni dopo l’ultima volta l’Eurovision Song Contest “sconfina” in Israele. Sede dell’evento è ancora una volta Gerusalemme, di nuovo all’Auditorium del centro internazionale dei congressi. L’onda lunga e polemica lasciata dalla vittoria di Dana International l’anno prima è tutt’altro che placata. La cantante transessuale aveva sdoganato un mondo, quello LGBT, che in Israele trovava ancora molta opposizione da parte delle frange più radicali del mondo religioso e così è la stessa presenza del concorso sul suolo israeliano ad essere messa in discussione. IBA, la tv di casa, rassicura la EBU sul fronte della sicurezza e così la rassegna va regolarmente in scena a Gerusalemme.
Dana International, l’ospite d’onore, viene però dirottata, sempre per motivi di sicurezza, alle pendici del monte Sinai, da dove canta in collegamento diretto. Scompare l’orchestra: IBA chiede ed ottiene che gli artisti possano eseguire i brani su basi presuonate. L’idea è quella di razionalizzare i costi e anche rendere più agevole uno show in crescita costante, che proprio nel millennio entrante diventerà una vera e propria festa di popolo, trasferendosi nei palasport. Cade anche, ufficialmente e definitivamente, la regola di cantare nelle lingue nazionali: 13 artisti su 23 sceglieranno in tutto o in parte l’inglese.
L’Italia ha cominciato il suo periodo di oblio e così di tutto questo non c’è traccia sui giornali. Nonostante a vincere sia un’artista che in un certo senso ha a che fare con il nostro paese. Perché Charlotte Nilsson (poi Perrelli) è sposata con un ristoratore italiano. “Take me to your heaven” regala alla Svezia il quarto successo nella rassegna, ma il brano non sfonda in classifica, tranne che in patria, dove vi entra nella versione originale in svedese. Tanto basta comunque, per lanciare la carriera dell’artista, destinata a diventare una dei best selling del suo paese. Al secondo posto si piazza “All out of luck” dell’islandese Selma Bjornsdottir, terzi sono i tedeschi Surpriz, gruppo composto da artisti di origine turca, la minoranza più grande in Germania. “Reise nach Jerusalem”, firmata Siegel-Meinunger si fa notare: il brano infatti è eseguito anche in ebraico e turco e l’effetto, a Gerusalemme è notevole. E dire che in realtà all’Eurovision non ci sarebbero dovuti andare: Corinna May, che aveva vinto la selezione era infatti stata squalificata perché il brano non era inedito, come allora previsto dal regolamento.
Non bastassero le polemiche su Dana International, anche i rappresentanti di casa, gli Eden, sono oggetto di attacchi. Il gruppo è composto infatti di discendenti degli ebrei neri americani emigrati in Israele trent’anni prima e non considerati come ebrei dai rabbini: “Yom Hudelet” è ottima quinta dietro a “Marija Magadalena” della croata Doris Dragovic, alla seconda partecipazione, che conferma l’ottimo feeling del paese col concorso. Il brano venderà benissimo in tutti i Balcani e in Grecia.
In una edizione scarsa dal punto di vista musicale (e delle vendite), sono gli artisti a far discutere: Nayah, la portacolori francese, è esponente del cosiddetto movimento raeliano, setta secondo il quale la vita è stata creata dagli extraterrestri. Le polemiche attorno al movimento ne mettono in discussione la partecipazione, temendo che una sua vittoria potesse essere usata come una vetrina. Alla fine Nayah è in corsa e “Je veux donner ma voix”, diciannovesima, inaugura la serie di figuracce epiche dei francesi negli anni a venire. Fa peggio la Spagna, ultima con “No quiero escuchar” di una Lydia avvolta in un vestito arcobaleno griffato da una celebre stilista spagnola. Nonostante questo, l’album che la contiene, già disco d’oro, viene ristampato con ulteriore enorme successo. Nove anni dopo l’artista entrerà in una delle band più celebri di Spagna, Presuntos Implicados, padroni del pop anni 80 e 90 e sfiorerà anche un Latin Grammy.
Comincia anche il declino del Regno Unito: “Say it again” delle Precious è appena quindicesima. Una delle componenti, Jenny Frost, è destinata ad avere maggior successo con le Atomic Kitten prima di diventare anche personaggio televisivo. L’altro brano di successo, che traina anche l’album è “Putnici”, di Dino Merlin & Beatrice, settimi in quota Bosnia: dopo 12 mesi l’album è il più venduto in patria. Si segnalano anche “Like the wind” di Vanessa Chinitor, prima artista uscita dai talent show, che batte nella finale nazionale belga “Hello world”, destinata poi a diventare una hit e “Don Artik della turca Tugba Onal. La carovana si sposta alla Globen Arena di Stoccolma, per la prima edizione del nuovo millennio. Esattamente dove tornerà nel 2016. A questo link trovate l’edizione completa da rivedere, per approfondire, invece vi consigliamo la lettura del libro “Good Evening europe“: a breve arriverà la nuova edizione, ancora più ricca, con nuove interviste e tante curiosità inedite.
https://www.youtube.com/watch?v=ZzkxGlVznLQ
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L’edizione in cui i Paesi dell’ex-Jugoslavia fecero sognare…personalmente,Marija Magdalena meritava di vincere,ma anche Putnici è stupenda.