Eurovision 2018, seconda semifinale: il liveblogging della prova per le giurie
Resoconto live dalla Sala Stampa dell’Eurovision Song Contest 2018
I nostri inviati a Lisbona Cristian Scarpone e Michele Imberti sono nel press center all’interno dell’Altice Arena per seguire la jury rehearsal della seconda semifinale dell’Eurovision 2018, in onda domani (10 maggio) alle 21 su Rai4.
Una prova fondamentale poiché stasera le giurie di qualità avranno il compito di comporre le loro classifiche riguardanti le nazioni in gara in questa prima semifinale e influire sul 50% del risultato finale. Anche la giuria italiana è chiamata a votare, vi ricordiamo che è formata da Silvia Gavarotti, Antonella Nesi, Sandro Comini, Matteo Catalano e Barbara Mosconi.
01. NORVEGIA – Alexander Rybak – That’s How You Write A Song
CS: Tornare all’Eurovision con questa canzone, dopo il successo da record di “Fairytale”, sembra quasi un crimine. Il pezzo in gara quest’anno per la Norvegia è obiettivamente inutile, a tratti snervante, ma per qualche motivo cattura. Sarà l’aria scanzonata, il ritmo che porta a battere il piedino, poi c’è Rybak sul palco, con un carisma “strano” – che io non comprendo ma viene ribadito da molti – e coinvolgente. Niente make up per lui, sale sul palco come fosse una prova pomeridiana qualunque, ma non si risparmia. Lo vediamo interagire con grafiche su schermo (già viste per la Michielin nel 2016, Kostov lo scorso anno, per fare due esempi), a simulare gli strumenti che “suona”. L’unico vero strumento ad apparire nella performance è l’ormai iconico violino. Ad accompagnarlo in una coreografia frivola e “funky” quattro ballerini. Nessuna sbavatura degna di rilievo, vederlo passare non solo la semifinale, ma addirittura ri-vincere il tutto, è una probabilità concreta. DENTRO
MI: Alexander Rybak ha carisma e mestiere dalla sua parte. “That’s how you write a song” pare però più una presa in giro dal momento che la canzone continua a risultare veramente brutta. L’intero contorno la fa sembrare invece scanzonata, accattivante e divertente. Rybak è stato leggermente influenzato nel corso della settimana e nella prova di questa sera risulta leggermente affaticato, la performance vocale però rimane buona. Rimane stabile ai piani alti delle scommesse e il rischio che possa vincere non è affatto da escludere. Vorrei vedere una canzone come questa vincere? Mai. DENTRO
02. ROMANIA – The Humans – Goodbye
CS: La Romania rimane uno dei pochi paesi a mantenere un record del 100% di qualificazioni. Con questa esibizione potrebbe tranquillamente uscire da questo sempre più ristretto “club elitario”. La cantante, Cristina Caramarcu, sa fare il suo lavoro, e molto bene. Le manca forse un tratto che la renda riconoscibile, ma porta a casa il pezzo con gran dignità. Il problema è che la canzone non esiste. Non che sia brutta… ma lascia del tutto indifferenti. Un pop-rock blando, tirato fuori dagli anni ’90. La performance poi è stata costruita in maniera discutibile. Lei, vestita in vinaccia, si muove in mezzo a figuranti e musicisti con maschere bianche sul volto, e manichini posizionati da tutti i lati del palco. Non se ne comprende il motivo. FUORI
MI: Strada tutta in salita per i rumeni. La cantante degli Humans ha cantato benissimo nella prova di oggi pomeriggio, attacca invece in maniera leggermente crescente questa sera, riprendendosi però in fretta. Non si può certamente dire che la canzone sia brutta. Nel complesso risulta però tutto molto sottotono e antiquato. Si tratta di una ballata pop-rock piuttosto polverosa di metà anni 90. La messa in scena lascia pure perplessi. Dalle scelte cromatiche ai manichini sullo sfondo. Il rischio della prima eliminazione di sempre è dietro l’angolo. FUORI
03. SERBIA – Sanja Ilić & Balkanika – Nova deca
CS: La quota “etnica” dell’anno, che sa molto di periodo eurovisivo 2005-2008. Non escludo che una proposta del genere possa ancora affascinare una parte di pubblico, specialmente quello proveniente dai Balcani. Tutto sommato un’esibizione seducente, con tre voci femminili a interscambiarsi di continuo con l’unico vocalist uomo sul palco. Parte un intermezzo quasi “””dubstep”””, che a mio parere aggiunge un gusto in più invece che rovinare l’atmosfera. Non sono convinto della qualificazione, più che altro perché siamo di fronte a una delle canzoni passate più inosservate nel pre-Eurovision. IN BILICO
MI: I serbi hanno assemblato un pasticcio di canzone. Il pezzo sembrerebbe voler rappresentare il folklore balcanico inserendo però a metà canzone una ritmica dance che confonde e disturba. Dell’intero lotto balcanico sembrano essere quelli con più possibilità di passaggio, ma non sono assolutamente da considerare salvi. Dal punto di vista scenico, la performance riesce comunque ad apparire suggestiva. Vocalmente non ci sono pecche. DENTRO
04. SAN MARINO – Jessika feat. Jenifer Brening – Who We Are
CS: Entry imbarazzante, figlia di un processo di selezione discutibilissimo. Jessika, la cantante maltese, parte male e continua insicura per tutto il corso del pezzo, steccando qui e lì. Jenifer Brening, colei che l’accompagna, veste i panni della rapper… ma non è una rapper. E questo si evince molto bene, rendendo tutto il pacchetto ancor più criticabile. Robottini che si muovono automatici disseminati sul palco, uno alza il cartello “Size doesn’t matter… Sometimes”. Che messaggio vuole mandare San Marino? Sono ormai ogni anno all’Eurovision per trollarci beatamente? Avrei preferito non commentare, perché non salverei nulla. FUORI
MI: Jessika parte insicura e pare leggermente nervosa, più sciolta Jenifer risulta più sicura. Le rappresentanti sammarinesi mettono sul palco un robot che alza un cartello con scritto “Size doesn’t matter” che, una volta capovolto, recita “Sometimes”. Scelta azzardata in una finale dove votano le giurie e che fa sembrare il tutto un tentativo facile di attirare l’attenzione. La parte rap continua a risultare forzata e poco in armonia con quella che sembrerebbe essere l’origine del brano. FUORI
05. DANIMARCA – Rasmussen – Higher Ground
CS: Atmosfere vichinghe per una canzone che non credo possa avere alcuna vita al di fuori della manifestazione, lontana da qualsiasi canone commerciale. Costruita però molto bene per questo palco. Ricorda un tempo antico, e per qualche motivo moltissimi fanno parallelismi con la serie tv di grande successo “Game of Thrones”, forse per l’incedere epico. Rasmussen canta bene e offre al pubblico un’esibizione che si caratterizza, in video, per due vele spiegate ai lati del palco e una nevicata che arriva ad effetto verso il finale del pezzo. Solido. DENTRO
MI: Nessuna sbavatura nella prestazione vocale di Rasmussen. “Higher Ground” è però uno degli esempi più lampanti di quanto certi progetti possano avere vita solo ed esclusivamente all’interno di un evento come Eurovision. Manca sostanza, manca ispirazione artistica, risulta tutto artefatto e di pura facciata. Se volessimo parlare poi di composizione potremmo tranquillamente dire che si tratta di un lavoro elementare… ma funziona in video. DENTRO
06. RUSSIA – Julia Samoylova – I Won’t Break
CS: Siamo ai limiti dell’assurdo. Un ritornello lasciato tutto in mano (anzi, in bocca) ai coristi, che cercano di salvare una situazione che fa acqua da tutte le parti. Julia, purtroppo, non è all’altezza di questo palco. E non vuole essere cattiveria, ma è sbagliato pensare che le persone diversamente abili vadano trattate con un occhio di riguardo. Non vogliono pietà, ma verità. La verità è che “I won’t break” non è nelle sue corde. Pur abbassata di almeno due semitoni, canta maluccio tutte le strofe, la voce è traballante e calante. Opinabili anche le scelte di camera. Vediamo la Samoylova in schermo solo il 20% dell’esibizione, per il resto è un fiorire di campi lunghi, riprese dei coristi, dei ballerini. Il tutto pur di non far vedere le carenze dell’artista principale, incastrata in una plasticosa montagna kitsch piazzata sul palco. Se giustizia c’è, quest’anno la Russia va FUORI
MI: L’intento non è quello di distruggere e attaccare nessuno, più quello di dare un parere personale e al tempo stesso fare un’analisi il più oggettiva possibile dei fatti. La Russia di quest’anno dovrebbe quindi diventare l’esempio che dimostra che nessun è intoccabile. Perché se una proposta cantata male e presentata in maniera pacchiana come questa dovesse passare veramente allora sarebbe il caso di buttare la spugna definitivamente e dire che si, la Russia è intoccabile. FUORI
07. MOLDAVIA – DoReDos – My Lucky Day
CS: Questa canzone mi piace, per tutti i motivi sbagliati. La considero da tempo il mio “guilty pleasure”, quel pezzo che nessuno considera, e anzi, viene schernito, ma tu non puoi non amare. Eppure i DoReDos sono riusciti a issarsi al decimo posto per i bookies nel corso delle prove… e posso provare a comprendere il perché, una proposta che non ha nessuna somiglianza con tutto il resto. Tuttavia c’è molto che non mi convince. Il trio mette in scena una sorta di telenovela trash in tre minuti, giocando agli equivoci, entrando e uscendo da una specie di armadio a tre ante, a pannelli, accompagnano da tre ballerini vestiti allo stesso modo, e che ricordano i tre cantanti anche fisicamente. Pensavo facesse più ridere… il tutto trasmette un senso di caos. Il pubblico dell’Est dovrebbe andare in brodo di giuggiole, comunque. Si qualificherà, ma non saprei prevedere il posizionamento in finale. DENTRO
MI: I moldavi puntano tutto quanto sull’intrattenimento, leggermente di bassa lega ma pur sempre divertente. I DoReDos sono vestiti con i colori della bandiera moldava e mettono fondamentalmente in scena un numero da cabaret. La domanda che ci si pone è se ci si diverte in maniera sana o in maniera goliardica. L’intento di continuare il filone riaperto lo scorso anno con il successo di “Hey Mamma” è evidente. La differenza sta nel fatto che “Hey Mamma” era un brano dal sound attuale, “My Lucky Day” è invece un turbo folk datato e pacchiano che lascia soltanto un sorriso sarcastico. Funziona in un programma di intrattenimento come Eurovision ma non riesco a vedere lo stesso successo dello scorso anno. DENTRO
08. PAESI BASSI – Waylon – Outlaw in ‘Em
CS: La quota country dell’anno. I Paesi Bassi hanno una sorta di fetish per questo genere, a quanto pare. Waylon si presenta sul palco con cappello e giacca leopardata. I musicisti-ballerini che sono con lui all’inizio si “comportano” come una normale band d’accompagnamento, poi partono con una coreografia in uno stile hip-hop/contemporaneo che nulla c’entra con “Outlaw in ’em”. Non sono colpito, anzi, a tratti stranito, ma vedo comunque il paese DENTRO
MI: Waylon risulta autentico e si presenta per quello che è con un brano che rispecchia a pieno la sua personalità. “Outlaw in ‘em” è un country rock molto accattivante cantato bene (e si tratta di un brano vocalmente molto impegnativo). I musicisti/ballerini risultano però forzati e di troppo, distraendo in maniera superflua. Dovrebbe passare senza intoppi ma avrebbero potuto mettere in scena il tutto in maniera più essenziale. DENTRO
09. AUSTRALIA – Jessica Mauboy – We Got Love
CS: Mi chiedo perché l’Australia abbia puntato su questa cantante, che sarà pure una star in patria, ma ha dimostrato già esibendosi come interval act nel 2014 che ha molte carenze. La Mauboy è vestita in maniera quasi lasciva, si muove grottescamente e canta disseminando note calanti a volontà. Voce spesso tirata al limite, gracchiante. Fosse un altro paese sarebbe fuori, forse, ma considerando il livello della semi in cui si esibisce, e il suo status, credo che l’Australia passi anche quest’anno. DENTRO
MI: Jessica Mauboy risulta vocalmente affaticata e forzata. Potrebbe essere dovuto al fatto che si muove fin troppo sul palco, in maniera sgraziata e forsennata. Il brano è piacevole ma manca di mordente e personalità. Dal punto di vista estetico la performance necessiterebbe di una serie di correzioni per le quali è decisamente troppo tardi. Che sia arrivato il momento della prima eliminazione australiana? Forse. FUORI
10. GEORGIA – Ethno-Jazz Band Iriao – For You
CS: Rispetto il tentativo di portare una proposta di qualità, che rappresenti a pieno sia la storia del gruppo che si presenta sul palco, che la cultura e le tradizioni del proprio paese. I miei gusti però vanno altrove, e penso anche quelli del pubblico generalista. FUORI
MI: I georgiani portano una delle proposte più autentiche e genuine di quest’anno. Ciò non toglie che sembrano essere fuori tempo massimo, con un brano decisamente datato e poco competitivo. Vorrebbero essere Il Volo ma hanno sbagliato gli ingredienti. Il sottoscritto li apprezza comunque… ma mi tocca fare una previsione oggettiva. FUORI
11. POLONIA – Gromee feat. Lukas Meijer – Light Me Up
CS: Mi ricorda, con le opportune differenze, la proposta norvegese dello scorso anno (“Grab the moment” di JOWST). Non solo musicalmente. Anche i colori del palco sono praticamente gli stessi. Gromee, non potendo “suonare”, si limita a fare qualche mossetta danzante in un paio di punti del pezzo. Per i brani dance c’è bisogno di una voce tecnicamente impeccabile, ciò che manca a Lukas Meijer, crescente in vari momenti. IN BILICO
MI: Sul brano polacco faccio fatica a trovare qualcosa da dire, perché mi pare tutto talmente anonimo e generico da lasciarmi impassibile. Si tratta decisamente di un brano dal sound moderno e attuale, è quella dance che riempie le classifiche oggi, ma non ci sono particolari che la facciano ricordare. Il balletto di Gromee continua a risultare stucchevole e fa sorridere in maniera sarcastica, la resa vocale di Lukas Meijer è imprecisa e ci sono parecchi problemi di intonazione. FUORI
12. MALTA – Christabelle – Taboo
CS: Lo staging portoghese non prevede led? No problem, Malta li ha portati in valigia. C’è da dire che l’isola del Mediterraneo non sembra aver badato a spese. La performance è molto ben costruita, dalle riprese in camera al fuoco a farla da padrone. Lei canta bene, e sebbene la canzone non incontri l’apprezzamento di molti (il mio però sì…!), forse perché considerata troppo generica e figlia di uno stile pop plasticoso, ormai passato di moda e relegato al solo mondo eurovisivo, lascia il segno. Contro i pronostici la vedo DENTRO
MI: Christabelle sa cantare molto bene e la delegazione maltese è riuscita a mettere in scena in maniera suggestiva e convincente un brano che invece non ha particolari guizzi. Alle spalle c’è una tematica interessante ma l’aspetto prettamente musicale, fondamentalmente pieno di cliché, non me lo fa apprezzare a pieno. Questione di gusti… ma i maltesi sembrano aver trovato la chiave per tornare in finale dopo la pausa dello scorso anno. DENTRO
13. UNGHERIA – AWS – Viszlát nyár
CS: Tutto ciò che voglio fare è prendere un Oki e allontanarmi dallo schermo, fuggendo. Questo genere di musica mi annienta. Ma l’obiettività entra in gioco. Gli AWS sono unici in gara, con questa proposta tendente al metal, spiccano automaticamente su tutto il resto, infiammano il palco con o senza effetti scenici. Il cantante non è tecnicamente eccelso, ma non penso che i votanti a cui puntano cerchino la perfezione in questo caso. La proposta perfetta per l’audience che vuole supportare l’alternativo. A occhi chiusi DENTRO
MI: Nella prova di oggi pomeriggio il cantante ungherese ha consegnato un’esibizione vocale non esattamente degna di nota, che faceva trasparire stanchezza e mancanza di voce. Questa sera la situazione non pare migliorata e, dal key change in poi, sembra limitarsi ad urlare nella speranza di non far trasparire la cosa. Il brano brilla però di luce propria e non ha rivali nel suo genere e meriterebbe decisamente un posto in finale, il pubblico da casa che crede ancora che l’Eurovision sia il festival delle canzonette leggere potrebbe decidere quindi supportare proposte più coraggiose come questa. DENTRO
14. LETTONIA – Laura Rizzotto – Funny Girl
CS: Nel pomeriggio abbiamo coniato un hashtag per descrivere senza troppi giri di parole la proposta lettone, evitabile e senza mordente: #LettNoia. FUORI
MI: La proposta lettone vorrebbe essere languida ed intrigante ma risulta invece fondamentalmente ridondante e noiosa. Laura Rizzotto canta bene una canzone che però non prende mail il volo e si trascina per tre minuti senza riuscire a catturare l’attenzione. FUORI
15. SVEZIA – Benjamin Ingrosso – Dance You Off
CS: Non resterà nella storia delle entry svedesi, ma farà la sua porca figura in finale. Perché si qualificherà e non perché “è la Svezia”, un ritornello ormai ridondante nei vari forum e gruppi eurovisivi, bensì perché gli svedesi sono maestri di staging e sanno vestire a festa (quasi) tutto. Questa canzone ha il groove giusto, lui l’immagine giusta, la voce non è il suo punto di forza (e l’assenza dei cori pre-incisi del Melodifestivalen non passa inosservata), ma ha comunque un timbro particolare, molto esile, quasi soffiato, che si sposa bene col genere, che si avvicina ad artisti nominati dal mio collega nel commento successivo. DENTRO
MI: Si sente immediatamente la mancanza degli effetti vocali e dei cori presenti sulla versione studio e non è una sorpresa, era prevedibile. Benjamin Ingrosso ha qualche incertezza vocale qua e là ma trattasi di un numero che punta tutto su carisma (e Ingrosso ne ha da vendere) e spettacolo. Il brano è un mix moderno tra Timberlake e Jackson. Televisivamente è imbattibile. Non è tra le proposte più forti presentata dal paese scandinavo e la reazione in sala stampa è fredda. La qualificazione però pare non essere un problema. DENTRO
16. MONTENEGRO – Vanja Radovanović – Inje
CS: Ci sono ballate balcaniche e ballate balcaniche. Alcune magiche, travolgenti, commoventi. Alcune… no. Questa entra nella seconda categoria. L’outfit scelto per Vanja, una sorta di completo scintillante celeste e bianco, che mi sembra fatto di domopak o di parasoli da auto, è l’esempio perfetto di come si distrugge una canzone già morta in partenza. FUORI
MI: Quest’anno la ricetta del ballatone balcanico è riuscita male. Per provare un leggero fascino bisogna attendere il ritornello, le strofe sembrano essere presenti come semplice riempitivo. Bisognerebbe comprendere il testo probabilmente ma rimane una proposta sottotono e priva di carisma, un po’ sotto tutti i punti di vista. Certi stylist andrebbero inoltre licenziati ancora prima che inizino. FUORI
17. SLOVENIA – Lea Sirk – Hvala, ne!
CS: La posizione in scaletta per la Slovenia è una vera benedizione, e potrebbe portare in finale la piccola nazione considerata la penultima candidata alla vittoria dai bookies. Solo San Marino è piazzata peggio. Lea Sirk canta un brano urban, sfacciato, spigoloso, in lingua nazionale, con un piccolissimo omaggio in portoghese verso la fine. Un po’ un pastrocchio a vederla da fuori… ma la performance funziona, e molto bene. Ottimo lavoro del team sloveno. C’è uno stop della musica, preparato in anticipo, che dovrebbe dare la sensazione d’essere genuino. A tratti ciò che mise in scena la Spagna nel 2016 con Barei. Se il pubblico “abboccherà”, sarà un punto in più per loro. IN BILICO
MI: Gli sloveni hanno fatto una piccola sorta di miracolo, riuscendo a mettere in scena un’esibizione fortissima su un brano che era passato completamente in sordina dal momento della pubblicazione. Lea Sirk fa emergere un carisma che non si era mai visto prima, canta bene un brano non facile e appare più bella che mai. La finta interruzione può funzionare se supportata dal pubblico in arena. Diventa una dark horse dell’ultima ora e mi fa azzardare un risultato che avrebbe dell’incredibile. DENTRO
18. UCRAINA – Melovin – Under The Ladder
CS: La trovata scenica di farlo partire steso nel pianoforte, come fosse in una bara, per poi vederlo uscire e alzarsi , spinto fuori con la schiena da un congegno scenico, come un vampiro che torna in vita, è tremenda. Eppure è uno dei punti forti della messa in scena. Non comprendo se canti in ucraino oppure no. La canzone è ruffiana, molto. Una bistecca rinsecchita e fredda, ma con un contorno di patate cotte in maniera eccezionale e dal gusto paradisiaco. DENTRO
MI: Melovin parte cantando sdraiato all’interno del pianoforte a coda presente sul palco, che poi si apre esattamente come la bara di un vampiro. Si fa fatica a capire cosa canta, l’inglese risulta veramente maccheronico. Il brano è uno di quei pop finto accattivanti che ti accorgi essere banali e datati solo dal secondo/terzo ascolto. Cercano di rinvigorirlo con fuoco e fiamme sul finale… e ce la farà. Meritatamente? Bah… DENTRO
ITALIA – Ermal Meta & Fabrizio Moro – Non mi avete fatto niente
Sul palco salgono anche i nostri Ermal Meta e Fabrizio Moro. Le Big 5 (Francia, Germania, Italia, Regno Unito e Spagna) e il paese ospitante (Portogallo) hanno infatti la possibilità di esibirsi anche durante la semifinale in cui votano.
I nostri rappresentanti registrano un’esibizione intera con la presenza del pubblico, della quale, domani durante la diretta, sarà trasmesso un minuto. La giuria, però, la valuterà venerdì sera nella jury rehearsal della finale.
CS: Ermal e Fabrizio sono due professionisti e sul palco sanno cosa fare. Cantano la loro “Non mi avete fatto niente” come a Sanremo, convinti e convincenti. Le scritte che si susseguono nel corso dell’esibizione, in varie lingue, non trovo siano distraenti come ho spesso letto in questi giorni. Forse perché conosco bene il pezzo, ma non so quale possa essere la reazione di chi l’ascolta per la prima volta, a dirla tutta. Ci sono giusto un paio di note stonate: quando il pezzo ingrana e cambia ritmo, Ermal inizia a battere le mani a tempo, il problema è che tutto si sente molto bene nel microfono, sovrapponendosi al canto di Fabrizio. Negli ultimi trenta secondi, poi, tutte le scritte sono letteralmente “sparite”. Problemi tecnici che spero si risolvano per venerdì.
MI: Fabrizio Moro è una lama. Non manca un camera, non sbaglia niente, sa esattamente cosa fare e convince. Ermal Meta risulta più nervoso, batte le mani vicino al microfono facendole sentire leggermente troppo e pare più legato nei movimenti. Nelle parti dove non canta sembra quasi aver paura di muoversi nella maniera sbagliata. Dal punto di vista vocale si difendono entrambi molto bene. Le scritte che appaiono sullo schermo e che qualcuno aveva criticato risultano invece non ingombranti e non sembrano distogliere l’attenzione. Sugli ultimi secondi dell’esibizione non vanno in onda le scritte in sovrimpressione, pare però essere un problema tecnico. L’atmosfera è piena di pathos e nel contesto eurovisivo diventa molto suggestiva. Credo decisamente nella possibilità che possano diventare una dark horse che può andare a toccare le corde più sensibili del pubblico da casa nella finale di sabato. Il mio auspicio rimane quello che Ermal Meta riesca a consegnare un’esibizione più rilassata e meno tesa. Fabrizio Moro è perfetto già da questa sera.
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-Non capisco perché bisogna giudicare una canzone di una nazione anche da quella portata l’anno prima o dallo stesso artista anni fa. Non ha senso.
Se viene criticata la canzone norvegese, perché non succede lo stesso con Repubblica Ceca, Cipro, Israele….le quali hanno testi spiccioli?
-Se viene fatta passare l’Irlanda, sappiamo cosa deve ringraziare il cantante, non vedo come non possa passare anche la Russia. Visto l’handicap.
-Se la Slovenia passase, allora preferirei quell’altra robaccia della canzone polacca al suo posto.