San Marino, 10 anni di Eurovision. Intervista al capodelegazione ed ai commentatori
Sarà una edizione particolare quella dell’Eurovision di quest’anno per San Marino RTV. L’emittente del Titano festeggia infatti la decima partecipazione, avendo esordito nel 2008 con “Complice” dei Miodio e poi dopo due anni di assenza, essendo rientrata nel 2011.
Quest’anno “Say na na na” di Serhat chiuderà la prima semifinale, martedì 14 maggio. Ne parliamo col capodelegazione Alessandro Capicchioni e con i due commentatori Lia Fiorio e Gigi Restivo, pure loro al decimo commento.
Dieci anni, un record per un microstato come il vostro
AC: Se penso al primo anno, non sapevo nemmeno cosa fosse l’Eurovision. Avevamo annunciato la partecipazione ma non mi era stato chiesto di occuparmene. Ricordo che continuavano a passarmi le chiamate di un autore israeliano che voleva farci sentire un suo pezzo ed io non sapevo nemmeno di cosa stesse parlando. Poi decidemmo per la selezione internazionale e tutto cominciò. Due anni di stop, nei quali ho lavorato per tornare – ma le condizioni erano difficili – eppoi arrivò il 2011.
Siete cresciuti in esperienza e in cos’altro?
AC: All’inizio i Miodio, che come noi non sapevano cosa fosse l’Eurovision, pensavano che come a Sanremo la canzone non dovesse essere svelata prima della rassegna e quindi durante l’unico concerto che fecero a Rimini non la misero in scaletta. A Belgrado eravamo tutti inesperti, andammo per ‘guardare’. Dal 2011 è stato tutto più strutturato, ricordo un interminabile febbrile lavoro di preparazione.
Ora si va in automatico, siamo cresciuti come delegazione ma anche l’Eurovision è cresciuto. A livello di produzione, perché con l’arrivo dei led screen i palchi sono diventati più tecnologici e quindi con un’infinita possibilità di scelta visiva, ma è cresciuto soprattutto a livello mediatico, perché con l’arrivo dei social, oggi l’ESC non conosce sosta.
Prima di internet l’evento era seguito soprattutto nelle ultime settimane prima degli show, magari un mese. Oggi, di fatto non si chiude mai. A parte l’immediato dopo Eurovision che viene chiamato PED (Post Eurovision Depression). Ma come si dice, “after Eurovision is before Eurovision”…
Leggevo l’altro giorno il post di un georgiano che ricordava come fosse persino difficile sentire i brani prima della settimana eurovisiva. Oggi invece, è tutto immediato, quasi ridondante.
Nel 2014 la storica qualificazione, con “Maybe” di Valentina Monetta. Che ricordi avete?
AC: Sappiamo tutti come andò, la finalista avrebbe dovuto essere “Crisalide”, l’anno prima, lo dicevano tutti. Ogni tanto penso che forse ci hanno restituito qualcosa. Questi 10 anni ci sono serviti a costruire una fan base, cosa molto importante perché siamo isolati, non apparteniamo ad un blocco e siamo l’ultimo microstato rimasto in gara.
Facciamo delle scelte originali, lontane dal mainstream e quindi c’è una aspettativa diversa su di noi. Personalmente lo vedo da chi ci scrive, ci sono dei fan che ogni anno mi scrivono dimostrandomi il loro affetto, stiamo invecchiando insieme. Ma cosa più importante ancora, molti non scrivono a me ma alla TV, segno che hanno capito che è la TV a partecipare e le sono legati. Questo lo considero un traguardo.
La scelta di Serhat, un artista turco, in un paese come Israele è per lanciare un messaggio?
AC: Serhat è nato in Turchia, ma oggi vive più in Germania, Francia e Inghilterra che a Istanbul, non ci si accorge quasi che sia turco. Però si, è necessario che in una terra come Israele ci siano scelte come la nostra, ma anche come quella dell’Italia con Mahmood, o come quella della Francia, con Bilal Hassani. Sono segnali belli ed è bello che vengano proprio dall’Eurovision.
Che aspettative avete?
AC: Partiamo sempre molto bassi, perché la difficoltà è sempre molto alta. Le variabili sono tre: il pezzo, chi assieme all’artista sale sul palco e il palco stesso. E credo che quest’anno abbiamo fatto le scelte migliori di sempre. Presto annunceremo i coristi: abbiamo un outsider, una figura artistica che non ha mai fatto l’Eurovision ed abbiamo scoperto noi quest’anno ed è bravissimo. Ve lo diremo presto.
Dieci anni di Eurovision per San Marino, 10 anni di commento di Lia Fiorio e Gigi Restivo, due voci che da subito sono state apprezzate anche dai fans italiani…
AC: Ci fa piacere che Lia e Gigi piacciano anche agli italiani, hanno saputo interpretare bene il concorso, il modo di viverlo e commentarlo, con la giusta leggerezza, ironia ma anche preparazione, rispettando tutti. Danno dignità al concorso. In Italia l’Eurovision è criticato perché viene spesso definito trash.
Ma il trash c’è anche da noi, come c’è quello francese o tedesco, è solo una questione culturale. Ed è proprio questo rispetto che le persone apprezzano di Lia e Gigi. L’Eurovision esiste proprio per insegnarci a conoscerci meglio.
Prima di concludere, su questo decennale, intervengono proprio i due commentatori eurovisivi di San Marino, Lia Fiorio e Gigi Restivo Quali sono le vostre sensazioni, dieci anni dopo la prima volta?
GR: Sono gia passati dieci anni? A me sembra che ogni volta che commento l’Eurovision sia la prima volta! A parte gli scherzi per me è sempre un’emozione sentire la sigla dell’EBU ed essere catapultato in questo ciclone di musica, colori e tante bandiere, che magicamente si uniscono. È interessante ogni volta scoprire come cambia e si evolve il gusto musicale nei tanti Paesi che concorrono al contest. La musica resta sempre il linguaggio che più di tutti unisce, anche nelle differenze… Dare to Dream!
LF: Già 10 anni?!?! Ma sono davvero volati! E’ sempre un gran divertimento seguire gli shows, vivere lo stress, assolutamente, positivo del pre-diretta, l’adrenalina nel commentare… e ritrovare gli amici telespettatori degli anni precedenti, un po’ da tutta Europa. E visto che quest’anno facciamo 30, mi auguro di fare 31 (32 e 33) il prossimo.
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