Retrospettiva Sanremo: dalla nascita del Festival all’exploit di Modugno
In vista del settantesimo compleanno del Festival di Sanremo, Eurofestival News festeggia con una serie di articoli che ripercorrono la storia della kermesse musicale italiana per eccellenza.
Da oggi, fino al 6 gennaio (giorno in cui verranno annunciati da Amadeus i Big in gara nell’edizione 2020 del concorso), vi offriremo ogni settimana una lettura per celebrare aneddoti, artisti e canzoni del contest strettamente legato all’Eurovision Song Contest.
Gli anni Cinquanta (1951-1959)
«Signori e signore, benvenuti al Casinò di Sanremo per un’eccezionale serata organizzata dalla RAI, una serata della canzone con l’orchestra di Cinico Angelini. Premieremo, tra duecentoquaranta composizioni inviate da altrettanti autori italiani, la più bella canzone dell’anno..»
Sono le 22 del 29 gennaio 1951 quando il presentatore Nunzio Filogamo dà il via alla prima edizione di una gara di canzoni nata da un’intuizione del fioraio sanremese Amilcare Rambaldi, e portata a compimento da Pier Busseti, grand’ufficiale e allora gestore del casinò di Sanremo.
Tre giorni di gara, tre artisti sul palco del salone delle feste, tutti legati all’etichetta discografica Cetra, per interpretare le venti canzoni in concorso. A dirigere l’orchestra il maestro Cinico Angelini, uno dei più influenti programmatori radiofonici dell’epoca.
Era stato lui stesso, negli anni addietro, a contribuire al lancio delle carriere degli interpreti in gara al Festival, ossia Nilla Pizzi, Achille Togliani e il Duo Fasano, formato dalle gemelle Dina e Delfina.
A dirla tutta, il Festival non nasce nell’entusiasmo generale. Gli spettatori presenti al casinò – chiamati a votare tramite schede di preferenza – sembrano più interessati a fermare il cameriere di turno, per consumare pasti e bevande, che a godere lo show offerto dai cantanti. Addirittura per la seconda serata del 30 gennaio, risulta difficile occupare alcuni posti, sebbene il prezzo del biglietto ammonti a sole 500 lire.
In un’atmosfera dimessa, senza l’interesse dei media che liquideranno i risultati del Festival con poche righe, nonostante la trasmissione dell’evento su Rai Rete Rossa, a trionfare è la bolognese Nilla Pizzi con la delicata rumba “Grazie dei fiori”. Il brano, pubblicato su 78 giri, risulterà il quarto più venduto dell’anno in Italia.
L’edizione del 1952 non presenta alcun cambiamento nel regolamento. Le prime due serate portano alla scrematura dei venti pezzi in gara, interpretati non più da tre ma da cinque cantanti. Ai già citati Nilla Pizzi, Achille Togliani e il Duo Fasano, si aggiungono Gino Latilla e Oscar Carboni.
Nulla da fare per gli avversari, anche la seconda edizione è nel segno della Pizzi, che riesce a piazzarsi su tutti i gradini del podio, primato imbattuto. Dal casinò di Sanremo spiccheranno il volo due fra le più iconiche canzoni della cultura italiana: l’ariosa “Vola colomba” – strettamente legata alla questione del ritorno di Trieste all’Italia, e la tenera “Papaveri e papere” – ben nascosta satira politica verso i potenti.
Dalla terza edizione del 1953 viene introdotta una regola storica (rimasta in vigore per circa vent’anni), quella della doppia esecuzione, con ogni brano interpretato da due artisti diversi, in due versioni differenti, una accompagnata dalla tradizionale orchestra di Cinico Angelini e una dalla moderna orchestra d’ispirazione jazz di Armando Trovajoli. Le cronache dell’epoca riportavano di un’accesa rivalità fra i due maestri.
A giudicare le canzoni in gara non è più solo il pubblico del casinò ma anche 240 radioabbonati per serata, selezionati dalla RAI nelle proprie sedi sparse sul territorio.
A salire sul palco del casinò tra gli “esordienti” ritroviamo anche Carla Boni, Giorgio Consolini e Teddy Reno. Ma Sanremo continua ad amare le donne, sarà infatti la coppia formata dalla Boni con la vicentina Flo Sandon’s, compagna di Natalino Otto, a vincere con la sensuale e malinconica “Viale d’autunno“.
Tuttavia, la canzone che più rimarrà impressa negli anni a venire, è la terza classificata “Vecchio scarpone”, nell’interpretazione di Gino Latilla. Patriottico ricordo di giovinezza per la generazione che aveva vissuto la faticosa vita militare durante il secondo conflitto mondiale.
Il 1954 vede il debutto in Riviera del Quartetto Cetra, gruppo canoro di memorabile importanza per il costume del nostro paese e fra i più longevi, che tuttavia ricaverà ben poco da Sanremo. Unica partecipazione in carriera e un solo brano (“Aveva un bavero“) su sei presentati, arrivato in finale. A svettare è la dolcissima “Tutte le mamme” della coppia Giorgio Consolini – Gino Latilla, primo trionfo “azzurro” della kermesse.
Si segnala inoltre il brano “Con te“, che vede la firma del marchese Antonio De Curtis, il celeberrimo “principe della risata” Totò, secondo le cronache del tempo rimasto molto turbato dal cattivo piazzamento (nono) del suo brano, cantato da Achille Togliani e dalla coppia formata da Flo Sandon’s e Natalino Otto.
Un fiume di prime volte per l’edizione 1955. All’ormai consueto Nunzio Filogamo, succede al timone della gara la coppia Armando Pizzo e Maria Teresa Ruta (zia dell’omonima presentatrice di più recente successo).
Per la prima volta Sanremo viene trasmesso sugli schermi (anche di nove paesi europei), dal Programma Nazionale, il primo canale televisivo ricevibile in Italia. Le prime due serate non interamente, ma a partire dalle 22.45, mentre la finale del 29 gennaio in contemporanea in tv e radio (sul Secondo Programma).
Le giurie vengono composte in maniera sempre più accurata. Per la scelta dei radioabbonati si fa particolare attenzione all’equilibrio fra i giurati in base a età, ceto sociale e sesso. Questo affinché i brani premiati rispecchino il più possibile il gusto medio del paese.
Tantissimi gli esordienti al Festival fra i quindici artisti chiamati sul palco. Fra loro anche il “Reuccio” romano Claudio Villa, attore e cantante sulla cresta dell’onda che sigilla con una vittoria la prima delle tante partecipazioni sanremesi in carriera.
“Buongiorno tristezza“, cantata (in playback – un altro primato nella storia della kermesse – a causa di una terribile faringite che colpì Villa il giorno prima della finale) con Tullio Pane, contribuisce ai nove milioni di dischi venduti dell’edizione, un record per il tempo.
Anche il 1956 venne caratterizzato da alcuni accorgimenti. Per una sola edizione, venne abbandonato temporaneamente il sistema della doppia esecuzione, inoltre, a prendere parte al Festival quell’anno furono sei cantanti emergenti (scelti tramite un concorso per voci nuove a cui parteciparono più di seimila persone), questo perché vi era il sentore che Sanremo fosse diventato più una gara fra interpreti in voga che fra canzoni.
Un’edizione cruciale per gli appassionati dell’Eurovision Song Contest – nato quell’anno e ispirato al nostro festival – visto che le prime rappresentanti italiane eurovisive vennero fuori proprio da Sanremo 1956.
Si tratta delle debuttanti Franca Raimondi e Tonina Torrielli, che dopo aver vinto in Riviera, portarono l’allegra “Aprite le finestre” e la romantica “Amami se vuoi” nel concorso europeo il 24 maggio al Teatro Kursaal di Lugano, in Svizzera.
Il 1957 fu un anno di transizione. L’ultima edizione organizzata dalla Rai, che per molti anni a venire lascerà il compito di mettere in piedi la kermesse alla società ATA, concessionaria del casinò di Sanremo.
Le richieste per prendere parte al concorso sono una valanga. Ben quattromila, fra proposte delle case editrici e brani inviati da autori indipendenti. Per questo motivo viene organizzata una quarta serata, fuori concorso, dedicata a dieci brani scritti da questi ultimi.
Per la prima volta, un brano selezionato (“La cosa più bella” affidato a Carla Boni e Tonina Torrielli) viene fatto fuori dalla seconda serata perché risultato non inedito.
Si rivedono in scena tanti nomi noti, fra i quali spicca quello di Claudio Villa, il quale nonostante le critiche della stampa sia per il suo atteggiamento altezzoso, che per una super stecca durante l’esecuzione di “Cancello tra le rose“, vince il suo secondo Festival con “Corde della mia chitarra“, stavolta in coppia con l’esordiente Nunzio Gallo, che volerà poi all’Eurovision di Francoforte, in Germania, arrivando al sesto posto.
Il brano più venduto e ricordato del Festival dell’anno è però la graziosa quarta classificata “Casetta in Canadà”, nella versione di Carla Boni, Gino Latilla e Duo Fasano.
Nel 1958 inizia ufficialmente il mito di Domenico Modugno. Nell’ottava edizione del Festival si rivedono in campo tanti nomi legati alla tradizione, come l’iconica Nilla Pizzi, che mancava dal 1953 (e porta al secondo posto la sempiterna “L’edera“).
C’è un brano che nessuno sembra voler cantare. Una certa “Nel blu dipinto di blu”, proposta alla Pizzi come a Claudio Villa, anch’egli in gara, fra gli altri. A posteriori certamente troppo innovativa sia nella musica che nei testi, per una scena musicale molto legata a stilemi poco arditi.
Modugno crede molto in quel pezzo, e decide quindi di portarlo in scena da sé, diventando in questo modo il primo cantautore della storia di Sanremo.
È l’unico dei quindici concorrenti, fra i quali l’esordiente Aurelio Fierro, a interpretare uno solo dei venti pezzi in gara. Lo canta accompagnato dal giovane “crooner” Johnny Dorelli, da poco sulle scene, talmente impaurito dalla platea del casinò che, si racconta, Modugno fu costretto a prenderlo a pugni per farlo salire sul palco.
Il successo è immenso. “Volare… oh oh… cantare… oh oh oh oh“. L’incipit del ritornello della canzone italiana di maggior successo della storia porta Modugno non solo sul gradino più alto del podio, con pubblico e critica in visibilio, ma nel mondo intero. Venticinque milioni di copie vendute, cinque settimane in vetta alla Billboard Hot 100 negli Stati Uniti, due Grammy Award, terzo posto all’Eurovision di Hilversum, nei Paesi Bassi.
I risultati di “Nel blu dipinto di blu” spianano la strada a Modugno anche per l’edizione 1959. Il cantautore pugliese si ripresenta in coppia con Johnny Dorelli, portando al primo posto “Piove (ciao ciao bambina)” – altro grande successo di vendite internazionale e sesto posto all’Eurovision di Cannes in Francia – nato da un tenero momento al quale aveva assistito l’autore durante la sua prima tournée negli Stati Uniti.
Modugno appuntò le prime frasi della canzone mentre guardava due fidanzatini alla stazione di Pittsburgh, abbracciarsi e dirsi addio sotto la pioggia.
L’ultima edizione degli anni Cinquanta si caratterizzò inoltre per un caso che suscitò parecchio clamore. L’interpretazione di “Tua“, della cantante Jula De Palma, venne considerata dalla RAI troppo sensuale ed eroticamente allusiva, sollevando le polemiche delle associazioni e della stampa cattoliche, oltre che di parte del pubblico che arrivò ad aggredire l’artista per strada. Il tutto portò alla censura del brano in radio.
Conobbe fortuna invece un altro pezzo in gara, fermatosi all’ottavo posto. Trattasi dell’evergreen “Nessuno”, presentato in versione soft dalle esordienti Betty Curtis e Wilma De Angelis, e portato poi in hit parade in un rifacimento swing da Mina.
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