Retrospettiva Sanremo: il debutto delle superstar e la scomparsa di Tenco

In vista del settantesimo compleanno del Festival di Sanremo, Eurofestival News festeggia con una serie di articoli che ripercorrono la storia della kermesse musicale italiana per eccellenza.

Per tutto il mese di dicembre, fino al 6 gennaio (giorno in cui verranno annunciati da Amadeus i Big in gara nell’edizione 2020 del concorso), è nostra intenzione offrirvi ogni settimana una lettura per celebrare aneddoti, artisti e canzoni del contest strettamente legato all’Eurovision Song Contest.

Lucio Battisti, Mina, Luigi Tenco, Adriano Celentano

Gli anni Sessanta (1960-1969)

La decima edizione del Festival di Sanremo si tenne dal 28 al 30 gennaio 1960. Le due vittorie consecutive di Domenico Modugno, con il suo cantautorato all’avanguardia per il tempo, aprono la strada a nuovi interpreti, che si fanno già sentire nelle classifiche con le loro voci sprezzanti e lo stile urlato, ma cercano la consacrazione sul palco del casinò di Sanremo.

È il caso di Mina e Tony Dallara, che debuttano in Riviera con destini alterni. La prima chiude ottava in coppia con Teddy Reno con la sdolcinata “È vero“, mentre il secondo trionfa abbinato a Renato Rascel – anch’egli all’esordio sanremese, cantando a piena voce “Romantica”. Sarà poi Rascel a rappresentare l’Italia all’Eurovision di Londra, arrivando all’ottavo posto.

Modugno, nel frattempo, continua ad essere protagonista, non solo per la musica. Torna in gara al Festival con il sopracitato Reno, cantando “Libero“. O meglio… non cantando. Perché in finale l’istrionico artista pugliese non si presenta sul palco, giungendo solo alle 23 al casinò, dando la colpa a una potente dose di sonnifero.

Si narra invece che dietro al gesto si nascondesse una polemica verso l’organizzazione, rea di averlo sorteggiato in posizione non favorevole in scaletta. Nonostante ciò, la coppia si piazza al secondo posto.

L’edizione del 1961 presenta una novità che cambia in maniera sostanziale la liturgia del Festival di Sanremo. Al tradizionale voto in sala e quello dei telespettatori sorteggiati e dislocati lungo la Penisola, si aggiunge in finale il “Voto-Festival” abbinato all’Enalotto.

Per raccogliere i voti del “referendum popolare”, Sanremo si allunga di una serata – la quarta – che va in onda sette giorni dopo la terza serata di presentazione delle canzoni finaliste in gara.

Si issa in vetta la coppia formata da Luciano Tajoli e Betty Curtis con “Al di là“, portata all’Eurovision tenutosi a Cannes da quest’ultima, con un degno quinto posto.

Sono però diverse le canzoni che rimarranno nella storia e tanti i debuttanti che lasceranno un segno, chi più chi meno, nella cultura italiana.

Nel cast di Sanremo 1961 troviamo infatti Adriano Celentano (che scandalizza il pubblico dandogli le spalle, gesto considerato quasi eversivo all’epoca), Bruno Martino, Edoardo Vianello, Gianni Meccia, Gino Paoli, Giorgio Gaber, Jimmy Fontana, Little Tony, Milva, Pino Donaggio, Rocco Granata, Tony Renis e Umberto Bindi.

Vale la pena ricordare l’impatto di brani come “24mila baci“, la frizzante “Le mille bolle blu”, l’onirica “Come sinfonia” e la tenera “Patatina“, tornata in auge nei giorni nostri grazie a un noto spot.

Per Mina si tratta del secondo e ultimo Festival in gara. La tigre di Cremona, dopo una defaillance durante l’esecuzione di “Io amo, tu ami” – finita poi al quarto posto – che la fece scoppiare in lacrime e abbandonare il palco, promise di non mettere più piede a Sanremo da concorrente.

Nel 1962 e nel 1963 vanno in scena due edizioni senza particolari guizzi e scandali. A rivincere nel ’62 è il rientrante Domenico Modugno, che porta al primo posto “Addio… addio“, abbinato al “rivale” di un tempo Claudio Villa, il quale poi eseguirà il pezzo all’Eurovision in Lussemburgo, ottenendo il nono posto.

Il brano simbolo del Festival è però la celeberrima “Quando quando quando”, hit internazionale da oltre 50 milioni di copie, lanciata da Tony Renis e dall’emergente Emilio Pericoli.

I due – forse a mò di risarcimento – trionferanno con la piaciona “Uno per tutte” nel ’63, nella prima edizione condotta da Mike Bongiorno. Qualche mese dopo Pericoli guadagnerà un lusinghiero terzo posto all’Eurovision di Londra.

Fra gli artisti al debutto in questi anni il comico Gino Bramieri, che si presenta al casinò in sella ad un cavallo. Uno dei brani da lui presentati fu, non a caso, il sesto classificato “Lui andava a cavallo“, interpretato con Aurelio Fierro.

Il 1964 è un anno cruciale per la fortuna del Festival di Sanremo all’estero. Per la prima volta nella storia di Sanremo, ad accompagnare gli artisti in gara non sono più colleghi italiani, ma interpreti stranieri, senza l’obbligo per questi ultimi di cantare in italiano.

Sul palco del casinò saliranno fra i tanti Ben E. King, Paul Anka, Gene Pitney e Frida Boccara, che qualche anno dopo trionferà all’Eurovision per la Francia con “Un jour, un enfant“.

A conquistare pubblico e giurati è la debuttante 16enne Gigliola Cinquetti, fresca vincitrice di Castrocaro, che in coppia con la italo-belga Patricia Carli ottiene il primo posto con l’immortale “Non ho l’età (Per amarti)”, motivo che garantirà all’Italia la prima storica vittoria all’Eurovision di Copenaghen qualche settimana dopo i fasti sanremesi. Oltre quattro milioni di copie vendute in tutt’Europa.

C’è un brano che, almeno in Italia, riesce a fare meglio della vincitrice. Trattasi di “Una lacrima sul viso“, cantata dall’esordiente Bobby Solo, abbinato a Frankie Laine. Il brano viene escluso dalla finale perché Solo, colpito da raucedine, non può cantare. Presenta comunque il suo pezzo fuori gara, in playback. Sarà coniata per lui l’espressione “vincitore morale”.

Altri brani ancora oggi ricordati dell’edizione sono la scanzonata “Quando vedrai la mia ragazza” di Little Tony, l’ammiccante “Un bacio piccolissimo” di Robertino e la delicata “E se domani“, che non giunse in finale nell’interpretazione di Fausto Cigliano, ma diventerà poi uno dei capisaldi della discografia di Mina.

Il 1965 non si fa ricordare per episodi particolari, ma per il cast che vede ai nastri di partenza grandi nomi della musica italiana e internazionale.

Fra i debuttanti nostrani Bruno Lauzi, Fred Buongusto, Iva Zanicchi, Nicola Di Bari, Ornella Vanoni e Wilma Goich. Tra le star straniere ritroviamo Dusty Springfield, Jody Miller, Kiki Dee, Petula Clark e l’austriaco Udo Jürgens, vincitore l’anno successivo all’Eurovision con “Merci Chérie“.

Vi è un’iniziativa che lega musica e moda, voluta dal magazine “Amica”. Ogni cantante in gara è accompagnato sul palco da un indossatrice che veste abiti firmati.

Vince il Festival Bobby Solo – anch’egli in odor di risarcimento per l’anno precedente come accaduto in passato – con “Se piangi se ridi“, successivamente quinto all’Eurovision organizzato dalla RAI a Napoli. Ma ai posteri si tramandano altri classici come “Io che non vivo (senza te)” di Pino Donaggio e la bucolica “Le colline sono in fiore” della Goich.

Altra parata di nomi in rampa di lancio nel 1966. Ad esordire al Festival di Sanremo Caterina Caselli, l’Equipe 84, Luciana Turina, Lucio Dalla (la cui partecipazione passa inosservata), Orietta Berti e Sergio Endrigo, tra la controparte straniera Francoise Hardy e Pat Boone.

Viene meno l’obbligo di accoppiare un italiano a un ospite internazionale, tornano quindi in gara varie coppie con artisti nostrani, come da tradizione.

Vince nuovamente Domenico Modugno, stavolta con la sempre giovane Gigliola Cinquetti. Si dice che i due dovettero appianare qualche attrito nato due anni prima, in seguito alle critiche del primo per la vittoria della seconda. I due cantano la sofferta “Dio, come ti amo” e nulla può la seppur ottima concorrenza.

All’Eurovision in Lussemburgo Modugno ne esce con le ossa rotte. Litiga con gli orchestrali durante le prove e subisce la vendetta delle giurie che gli rifilano zero punti condannandolo al fondo classifica.

Forse anche per questo, negli anni successivi non furono più – salvo rare eccezioni – le canzoni vincitrici a volare all’Eurovision, ma solo gli interpreti. Negli anni Settanta il concorso europeo venne legato a Canzonissima.

Il Festival si farà ricordare per altri brani come la canzonatoria “Nessuno mi può giudicare” della Caselli, la sontuosa “Una casa in cima al mondo” di Pino Donaggio, l’energica “Io ti darò di più” della coppia Berti-Vanoni. Ma soprattutto per il classico dei classici “Il ragazzo della Via Gluck” di Celentano che viene, incredibilmente, bocciato senza passare in finale.

Il risultato deludente scatenò le proteste del suo “Clan” che occupò il teatro del casinò per sostenere con vigore i Ribelli, la band della stessa etichetta di Celentano, arrivata in finale. Il baccano portò all’intervento delle forze dell’ordine e all’arresto di Miki Del Prete.

Il 1967 ha tutte le potenzialità per diventare un’altra grande festa della musica da incastonare nella storia. Tra i cantanti esordiscono Don Backy, Gianni Pettenati, i Giganti, Memo Remigi, Mino Reitano, Nico Fidenco, Peppino Di Capri, Antoine, Cher, Dionne Warwick, Marianne Faithfull, Sonny Bono e i Rokes.

Tuttavia si trasforma ben presto nell’anno nero del Festival, ricordato ancora oggi per la tragica scomparsa del cantautore Luigi Tenco. Eliminato in prima serata con la collega e compagna Dalida, diva italo-francese, dopo l’esecuzione di “Ciao amore, ciao”, Tenco si tolse la vita nella propria stanza d’albergo.

Scrisse in un biglietto, trovato accanto al corpo, il suo sdegno: «Faccio questo come atto di protesta contro un pubblico che manda Io, tu e le rose in finale e una commissione che seleziona La rivoluzione (cantata da Pettenati, ndr)».

Ancora oggi la Berti ricorda, scossa, di essere stata usata come caprio espiatorio dalla stampa.

La canzone vincitrice – “Non pensare a me” di Iva Zanicchi e Claudio Villa – è un flop (solo al decimo posto in hit parade, ottantesima nella classifica di fine anno), mentre altri brani si cantano ancora oggi.

Le più vendute sono “Cuore matto” di Little Tony e “L’immensità” di Johnny Dorelli e Don Backy, ma spiccano anche “La musica è finita” di Ornella Vanoni e “Bisogna saper perdere” di Dalla con i Rokes.

In un clima di grandi cambiamenti socio-politici, il Festival di Sanremo continua per la sua strada, cercando di lasciarsi alle spalle il buio dell’anno precedente. Proprio per questo la commissione selezionatrice esclude “Meraviglioso” di Modugno, che parla di un tentativo di suicidio, considerandola inopportuna.

Nel 1968 esordiscono Pippo Baudo come presentatore e il solito nutrito stuolo di cantanti in gara: Al Bano, Fausto Leali, Giuni Russo (in gara come Giusy Romeo), Massimo Ranieri, Nino Ferrer, Roberto Carlos, Eartha Kitt, Louis Armstrong, Shirley Bassey e Wilson Pickett.

A vincere “Canzone per te” di Sergio Endrigo, ma il momento passato alla storia per l’ilarità involontaria fu l’apparizione sul palco di Armstrong. Il trombettista, strapagato (a suo dire fin troppo per il suo effettivo contributo), si convinse di dover tenere un concerto di almeno tre quarti d’ora, ma Baudo dovette bloccarlo nel mezzo della sua “jam session”, ricordandogli che fosse in gara con un solo brano, “Mi va di cantare“.

Il ’68 è anche l’anno dello storico litigio mai sanato fra Celentano e Don Backy. Quest’ultimo in gara, come autore, dei brani secondo e terzo classificato, rispettivamente “Casa bianca” della Vanoni con Marisa Sannia e “Canzone” di Celentano con Milva.

Secondo le cronache, Celentano convinse l’organizzatore del Festival Gianni Ravera a cantare il pezzo al posto di Don Backy, e di escluderlo del tutto dalla competizione come interprete principale. La versione dell’autore trovò ampia fortuna in hit parade.

Il brano più venduto del Festival è “La tramontana” di Antoine, ma diventerà un classico negli anni a venire l’ultima classificata, la prorompente “La voce del silenzio”, di Tony Del Monaco e Dionne Warwick.

Un’altra edizione scoppiettante chiude il decennio degli anni Sessanta. A impensierire l’organizzazione è il Controfestival tenutosi a Villa Ormond e ideato da Dario Fo e Franca Rame, col sostegno del Partito Comunista Italiano, per contestare “una manifestazione prodotto della borghesia che addormenta le coscienze dei lavoratori“.

In realtà il tutto si rivela un fuoco di paglia e il Festival prosegue con l’immancabile esercito di artisti al debutto sanremese, segno che la kermesse rimane il fulcro per la musica italiana e i suoi interpreti.

Si presentano sul palco i Dik Dik, Gabriella Ferri, Mal, Nada, i New Trolls, Riccardo Del Turco, Rita Pavone, Rocky Roberts, Rosanna Fratello (che sostituisce all’ultimo minuto la collega Anna Identici, la quale aveva tentato il suicidio), France Gall, Stevie Wonder ma soprattutto Lucio Battisti, che dopo due edizioni da autore, entra in gara per la prima – e unica volta – con la sbarazzina “Un’avventura”, che chiude al nono posto.

È la coppia formata da Iva Zanicchi e Bobby Solo a trionfare con “Zingara“. Tra le altre canzoni si ricordano “Lontano dagli occhi” di Endrigo, “Ma che freddo fa” di Nada, “Quando l’amore diventa poesia” della Berti con Ranieri, “Cosa hai messo nel caffè?” di Del Turco e “La pioggia” della Cinquetti con la Gall.


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Una risposta

  1. Paolino Paperino ha detto:

    Ci sono troppe cose strane dietro il caso Tenco per bollarlo come suicidio: un commissario iscritto alla P2 che annuncia il suicidio alla stampa da casa sua prima di aver visionato il corpo, la pistola assente dalla scena del crimine e poi misteriosamente comparsa, Dalla e Sandro Ciotti, vicini di stanza, che non sentono il colpo, la lettera portata a mano da Dalida al Sanremo commissario e non trovata in stanza, inoltre contiene errori grammaticali e di scrittura non propri di un fine autore come Tenco, l’ex marito di Dalida, con rapporti con la mafia marsigliese, vicina alla P2, che arriva a Sanremo senza motivo e viene fatto espatriare in fretta e furia. Poi Tenco era comunista (forse voleva entrare in politica) e quelli erano gli anni dell’ingerenza Usa nei paesi alleati contro il minimo sentore “rosso”. E un vincitore di Sanremo comunista con un brano anti-boom economico come “Ciao amore ciao” non avrebbe fatto piacere a certi piani alti.

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