Retrospettiva Sanremo: il declino del Festival negli anni Settanta
In vista del settantesimo compleanno del Festival di Sanremo, Eurofestival News festeggia con una serie di articoli che ripercorrono la storia della kermesse musicale italiana per eccellenza.
Per tutto il mese di dicembre, fino al 6 gennaio (giorno in cui verranno annunciati da Amadeus i Big in gara nell’edizione 2020 del concorso), è nostra intenzione offrirvi ogni settimana una lettura per celebrare aneddoti, artisti e canzoni del contest strettamente legato all’Eurovision Song Contest.
Gli anni Settanta (1970-1979)
La ventesima edizione del Festival di Sanremo si apre con un antipasto per omaggiare i vent’anni della kermesse.
Una domenica prima del concorso, si tiene una serata per ricordare i primi anni del Festival, con la presenza di tanti nomi di spicco degli esordi.
Non c’è però Nilla Pizzi, non propensa a essere considerata “una cantante da museo“.
L’edizione 1970 vedrà il debutto di tanti artisti ancora noti ai giorni nostri, a partire da Claudia Mori, che in coppia con il marito Adriano Celentano vincono il primo premio grazie alla scanzonata “Chi non lavora non fa l’amore“.
Ci sono anche Dori Ghezzi, Gianni Nazzaro, Mario Tessuto, Patty Pravo, Rosalino “Ron” Cellamare, la vincitrice dell’Eurovision 1967 Sandie Shaw e – soprattutto – i Ricchi e Poveri, allora quartetto con Marina Occhiena.
Il gruppo si piazza al secondo posto con il successo di vendite “La prima cosa bella”, cantata assieme a Nicola Di Bari, che scrisse la canzone per dedicarla alla primogenita Ketty.
Tanti i brani di successo di quell’anno: “Eternità” di Ornella Vanoni e i Camaleonti, “La spada nel cuore” della Pravo con Little Tony, “Tipitipitì” di Orietta Berti con Tessuto, “Io mi fermo qui” dei Dik Dik.
Il 1971 presenta per l’ultima volta la doppia esecuzione dei brani. Un’altra annata di successo, che vede l’esordio sanremese della Formula 3, José Feliciano e i Nomadi. C’è anche Paolo Conte, fra gli autori.
Come prassi dell’epoca per tutti gli eventi mondani, anche Sanremo deve interfacciarsi con le contestazioni giovanili di piazza, che rischiano addirittura di sfociare nello scontro con le forze dell’ordine. C’era persino chi manifestava per chiedere lo svecchiamento del contest.
A vincere sono la giovane Nada e Nicola Di Bari con “Il cuore è uno zingaro“, ma sono le altre due canzoni del podio a imporsi maggiormente nell’immaginario collettivo: “Che sarà” di Feliciano con i Ricchi e Poveri e “4 marzo 1943” che Lucio Dalla canta con l’Equipe 84.
L’avventura del brano nasce nel segno della censura. Titolo originale, infatti, era “Gesù Bambino”, ma la direzione artistica del Festival chiese a Dalla di modificarlo, così come alcune parti del pezzo. Questo non scongiurò l’immenso successo.
Anche Sanremo 1972 è in balia della censura e delle polemiche. La riduzione drastica dei cantanti, oltre allo sciopero di alcuni fonografici, portano al rischio di sospensione dell’edizione, guidata da Mike Bongiorno assieme a Paolo Villaggio e Sylva Koscina.
Tutto però fila liscio e porta ad un altro trionfo del lanciatissimo Nicola Di Bari, con “I giorni dell’arcobaleno“.
Il cantautore di Zapponeta, provincia di Foggia, viene costretto – come Dalla l’anno prima – a modificare parte del testo, perché i riferimenti alla “prima volta” del protagonista erano troppo espliciti.
Di Bari arriverà poi al sesto posto all’Eurovision di Edimburgo con lo stesso brano.
Tra i debuttanti in Riviera Alice, che si presenta con il nome di battesimo Carla Bissi, Gianni Morandi e Marcella Bella.
Quest’ultima trionfa in hit parade con “Montagne verdi” assieme a “Jesahel” dei Delirium (scritta da Ivano Fossati, componente della band) e “Piazza Grande” di Dalla.
Il 1973 inizia a presentare le prime crepe nell’organizzazione e nella volontà della Rai di puntare sulla kermesse.
Per non intralciare la trasmissione di successo “Rischiatutto” di Mike Bongiorno – chiamato a presentare la finale del Festival – le prime due serate di Sanremo vanno in onda solo in radio.
Per la prima volta, la finale viene registrata con telecamere a colori (sarà recuperata solo nel 2016 grazie al dono alla Rai di una copia dell’evento da parte della tv della Repubblica Ceca), ma va in onda ancora in bianco e nero.
Tra i debuttanti troviamo curiosamente Christian De Sica, Drupi, Roberto Vecchioni e Umberto Balsamo. Sarà anche l’anno della creazione della coppia “eurovisiva” Wezz & Dori Ghezzi.
Avrebbe dovuto esserci anche Adriano Celentano, il quale si ritirò polemicamente perché non riteneva il cast abbastanza prestigioso.
Vince un concorso senza picchi la tradizionale “Un grande amore e niente più” di Peppino Di Capri, ma uno dei brani che si faranno notare negli anni è la strampalata “Sugli sugli bane bane”. Brano non finalista di scarso successo di vendite, considerato oggi una perla trash da intenditori.
Nel 1974 il declino di Sanremo si fa sempre più evidente. Basti pensare che le copie vendute dei brani in gara furono meno di centomila, un flop secondo solo all’anno di debutto del Festival.
Le polemiche, ormai, sono pane per la kermesse. Per non “scontentare” i grandi nomi in passato già presenti a Sanremo, viene di fatto creata una pre-selezione per gli esordienti, tra i quali figurano Donatella Rettore, Franco Simone, Riccardo Fogli e Raoul Casadei con la sua orchestra. Un prototipo della futura categoria Giovani/Nuove Proposte.
Quattrodici brani sono già in finale, mentre gli altri, presentanti dai debuttanti, devono passare lo scoglio delle semifinali, con solo quattro posti disponibili nella serata di sabato 9 marzo.
Nel bailamme più totale, con alcune giurie che si rifiutarono di votare, vince – per la terza volta – Iva Zanicchi con “Ciao cara, come stai?”, scritta da Cristiano Malgioglio.
Il punto più basso di Sanremo viene spesso considerato il 1975. Vengono a mancare accordi tra il comune della città – che aveva deciso di prendere in mano l’organizzazione del Festival senza avvalersi della collaborazione di impresari di spicco – e le case discografiche.
Queste ultime in tutta risposta boicottano la kermesse lasciando partecipare autentiche meteore e nomi di scarsa popolarità, eccezion fatta per Rosanna Fratello.
Il crollo delle vendite è peggiore a quello dell’anno precedente, segno lampante che Sanremo non guida più il gusto degli italiani.
In gara ritroviamo brani più volte scartati nelle edizioni precedenti, alcuni rimasti nel cassetto anche per dieci anni. Un Festival al ribasso, che perse l’occasione per presentare novità discografiche di buona qualità e innovative.
È la cantautrice Rosangela Scalabrino, in arte Gilda, a vincere con “Ragazza del Sud“. Pochi anni dopo lascerà l’attività di cantante per gestire un albergo a Torino.
L’anno successivo, il 1976, andò in scena l’ultima edizione dal casinò di Sanremo, a fine anno sottoposto a ristrutturazione.
A prendere in mano le redini del Festival fu il patron del Festivalbar Vittorio Salvetti, che prima di tutto eliminò l’orchestra dal vivo, e poi strinse un accordo con Modugno per la presentazione del concorso.
Tre giorni prima della partenza, il cantautore si tirò indietro, per questo motivo venne scelto di fretta e furia il disc jockey Giancarlo Guardabassi, che presentò la kermesse non sul palco, ma in una postazione ai piedi di esso, in pieno stile radiofonico.
Per cercare di ravvivare il contest, al fianco ai cantanti in gara – tra i quali troviamo l’esordiente Romina Power – vengono invitati svariati ospiti italiani e stranieri. Ci sono anche Rita Pavone e Julio Iglesias.
Il tutto si rivela un buco nell’acqua perché le loro esibizioni (pre-registrate) allungano in maniera spropositata la serata finale, tant’è che alcune non vanno nemmeno in onda e il vincitore – Peppino Di Capri con “Non lo faccio più” – viene annunciato durante il telegiornale.
A trionfare in classifica è “Gli occhi di tua madre” di Sandro Giacobbe, terzo classificato.
Il 1977 vede in gara solo dodici cantanti. Prima edizione al Teatro Ariston, considerato solo un ripiego temporaneo, ma poi di fatto rimasto la sede del Festival, ad eccezione del 1990. Prima edizione ad essere trasmessa a colori in Italia.
Nessun segno dei Big, che disertano anche quest’anno, “sostituiti” da vari ospiti fra i quali spiccano Barry White e Loredana Bertè.
Ritorna la Rettore, che lancia caramelle sul pubblico ma non passa anche stavolta in finale, è però l’anno dei gruppi, che compongono l’intero podio.
Esordiscono i Matia Bazar, Il Giardino dei Semplici, i Santo California, i Collage – che comandano in classifica con “Tu mi rubi l’anima – e gli Homo Sapiens. Saranno questi ultimi a vincere con l’evergreen “Bella da morire“.
Quell’anno andò in onda il precursore del Dopofestival. Fu Maurizio Costanzo a presentare un talk show in seconda serata al quale parteciparono artisti, giornalisti e pubblico.
Alla vigilia dell’edizione 1978 – che per la prima e unica volta vedrà le prime due serate non trasmesse neanche in radio – il patron Salvetti si lamentò della scarsa qualità delle proposte musicali inviate alla commissione selezionatrice.
Eppure tra i quattordici concorrenti – divisi nelle categorie Cantautori, Interpreti e Complessi – vi sono alcuni debuttanti sanremesi che lasceranno il segno.
Si segnala la presenza di Dora Moroni e Marco Ferradini, che non passeranno in finale, mentre la 16enne Anna Oxa (scoperta da Ivan Cattaneo) e Rino Gaetano si faranno notare per i loro look sopra le righe, arrivando sul podio – e al primo posto in hit parade – con due canzoni simbolo della cultura musicale italiana: “Un’emozione da poco” e “Gianna“.
A vincere i Matia Bazar con “…e dirsi ciao“, anch’essi primi nella classifica delle vendite.
Tra gli ospiti internazionali si ricordano Grace Jones e Bonnie Tyler.
A causa, forse, dei risultati dell’anno precedente, l’ultima edizione degli anni Settanta presentò una nuova regola per i giurati dislocati nelle varie sedi RAI.
Al fine di non farsi influenzare dal look dei cantanti, ogni giurato venne chiamato a votare le canzoni servendosi del solo audio della serata. Vietato guardare lo schermo.
Tra i cantanti in gara mancano nuovamente grandi nomi, a parte il francese nato in Madagascar Antoine, che colleziona la sesta partecipazione.
Tra i tanti esordienti il cabarettista Enrico Beruschi – che arriverà al quinto posto con “Sarà un fiore“, brano ricco di allusioni sessuali – e i Pandemonium.
Il gruppo musicale e teatrale accompagnava l’anno precedente – senza essere accreditato – Rino Gaetano, mentre nel 1979 offrì al pubblico la dissacrante “Tu fai schifo sempre”.
A vincere la meteora Mino Vergnaghi con “Amare“, che sparì subito anche a causa del precoce fallimento della sua etichetta, la Ri-Fi.
La censura cala di nuovo su un brano festivaliero. Tocca a “A me mi piace vivere alla grande” di Franco Fanigliulo, costretto a cambiare il verso “foglie di cocaina” in “bagni di candeggina”.
Vi sono anche quest’anno diversi ospiti stranieri, fra i quali Kate Bush, Tina Turner e Al Jarreau.
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