La recensione di “Eurovision Song Contest: la Storia dei Fire Saga”: esperimento (quasi) riuscito

Al momento dell’uscita di “Volcano Man” e del trailer, “Eurovision Song Contest: la Storia dei Fire Saga” sembrava essere una pellicola dai toni esasperatamente kitsch e, di conseguenza, quasi offensiva per i fan della manifestazione.

Invece, terminata la visione del film, disponibile da oggi su Netflix, si può affermare che si tratti di un esperimento (quasi) riuscito.

Eurovision la storia dei Fire Saga Recensione

Non stiamo parlando di un capolavoro, come lo è stato, per fare un esempio recente, “A Star Is Born”, e manca della brillantezza di altre commedie musicali come “School Of Rock”, ma regala quasi due ore di leggerezza.

La storia ha un prologo, ambientato nel 1974, che mostra il momento in cui scocca la scintilla tra i protagonisti – Lars e Sigrit – e la competizione, ma presto torniamo ai giorni nostri per seguire la cavalcata “trionfale” dei Fire Saga verso l’Eurovision Song Contest.

I fan della manifestazione potranno cogliere diversi riferimenti a fatti o discussioni ricorrenti nel mondo eurovisivo: la diatriba tra chi desidera vincere ed ospitare l’Eurovision e chi invece sottolinea soltanto l’eventuale esborso economico per organizzare l’evento, il predominio della lingua inglese nei testi delle canzoni, gli escamotage scenici, l’ignoranza degli americani verso il concorso e i pessimi risultati del Regno Unito.

Quest’ultimo aspetto viene smentito subito nella narrazione dato che la gara viene ospitata ad Edimburgo (che nella realtà fu sede dell’evento nel 1972). Non è l’unica inesattezza o incongruenza presente nel film, specialmente per quanto riguarda il metodo di rivelazione dei voti nelle semifinali (e il fatto stesso che vi prendano parte tutti i paesi, Big 5 e paese ospitante incluso).

L’altro lato della medaglia sono i diversi momenti di riflessione dei personaggi che, pur nella loro ripetitività e talvolta banalità, ricordano comunque quale sia il vero valore della musica andando oltre l’aspetto competitivo.

Come detto sopra la commedia, nelle sue gag e battute, risulta comunque debole, riferimenti sessuali triti e ritriti e battute che fanno al più sorridere. Paradossalmente i veri momenti di humor che hanno saputo strappare una risata sono stati i commenti di Graham Norton (lo storico commentatore della BBC, che nel suo cameo regala sempre quella battutina sorniona e pungente che ha reso celebre la sua cronaca.

Al netto della poca verve comica comunque i personaggi hanno caratterizzazioni ben precise e i loro cambiamenti danno senso alla storia raccontata. Il gioco della doppia coppia tra Will Ferrell con Rachel McAdams (Lars e Sigrit) e Dan Stevens con Melissanthi Mahut (rispettivamente il russo Alexander Lemtov e la greca Mita Xenakis) funziona bene e dà brio alla seconda metà del film.

Dimenticabile invece l’apporto del burbero padre interpretato da Pierce Brosnan e la cantante Demi Lovato che interpreta l’islandese Katiana (e il suo fantasma).

Moltissimi i camei di ex-concorrenti: gli ex-vincitori Loreen, Jamala, Conchita Wurst, Netta, Alexander Rybak e Salvador Sobral ai quali si aggiungono Jessy Matador (Francia 2010), Elina Nechayeva (Estonia 2018), John Lundvik, Bilal Hassani e Anna Odobescu (rispettivamente Svezia, Francia e Moldavia 2019).

Piccolo spoiler: nessuno di loro appare come un concorrente del contest. Tale ruolo viene affidato ad altri attori minori che porteranno in scena piccoli spezzoni di brani per Bielorussia, Finlandia, Svezia e San Marino.

Le canzoni in gara fanno il verso a generi ever-green della competizione: il brano rock-metal (con tanto di costume a tema Lordi), bubble-gum pop, pop-rap e disco.

Parlando di colonna sonora, va riconosciuta la bontà delle scelte musicali fatte. I brani dei due protagonisti colgono l’essenza di tante entry eurovisive e se per i brani più danzerecci ne fa una simpatica parodia, sulle ballad riesce ad essere addirittura verosimile e non si può nascondere che in una gara vera farebbero la loro bella figura.

Ottima scelta gli inserimenti di due brani che hanno segnato la storia della manifestazione, “Waterloo” degli ABBA e “Amar Pelos Dois” di Salvador Sobral, e anche dei brani dei Sigur Ros (“Hoppipolla” e “Svefn-g-Englar”) che fanno sentire lo spettatore in terra islandese.

L’Italia? Non pervenuta, né con una citazione a “Volare” di Domenico Modugno o ad una delle nostre due vittorie e nemmeno la presenza di un personaggio legato al nostro paese. Compariamo solo nelle votazioni delle semifinali e non ci andrà nemmeno tanto bene.

Nel complesso, dunque, un film sufficiente che intrattiene ma fa poco ridere nel suo essere un po’ troppo riverente verso la gara. Ciò è un peccato dato che la narrazione riguardante l’Eurovision Song Contest si presta benissimo sia al comedy che ad un racconto verosimile mentre in questo caso ci si è fermati a metà strada.

Anche il modo in cui i Fire Saga avanzano nel loro percorso verso il microfono di cristallo non è coerente con la storia che gli autori volevano raccontare e certi passaggi del film non sembrano nemmeno fare una bella pubblicità al contest.

Probabilmente chi non conosce la manifestazione stroncherà senza pietà il film oppure, al contrario, potrebbe cogliere nelle stranezze (per i fan ormai assodate) un motivo per restare incollati allo schermo.

Per chi conosce l’Eurovision possiamo garantire comunque quasi due ore di spensieratezza, specialmente come panacea alla cancellazione dell’evento in quest’annata molto difficile.


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