Salvador Sobral: “L’Eurovision e la malattia, vivo la mia seconda chance”

A tre anni dalla sua vittoria all’Eurovision Song Contest, Salvador Sobral è rinnovato. Nell’aspetto ma anche nell’anima. La musica invece è sempre quella, di grande livello, come tutto l’album “Paris, Lisboa”, uscito non molto tempo fa, col quale sta girando l’Europa.

Lo incontriamo a Macerata, dove è ospite della prima delle due serate finali di Musicultura 2020, il festival della canzone popolare e d’autore che si svolge all’Arena Sferisterio. Sobral raccoglie applausi e consensi, portando sul palco “Paris Tokio II“, struggente canzone tratta dal suo ultimo album e poi la canzone eurovisiva, in un curioso mashup con “L’anno che verrà” di Lucio Dalla.

Sobral sul palco di Musicultura

Non solo musica. Sobral partecipa alla ‘Controra‘, la rassegna di eventi collaterale alla manifestazione, in giro per il centro della città marchigiana ed è lì, al termine dell’appuntamento, che lo incontriamo.

Ci parla in un italiano fluente e quando gli chiediamo come mai conosca la lingua così bene, racconta un aneddoto che ha a che fare con il nostro paese.

“In generale mi piace molto imparare le lingue perchè amo comincare con la gente. L’italiano? Colpa o merito del mio amico Luca, di Pesaro, col quale ho fatto l’Erasmus a Mallorca. Lo sentivo sempre parlare con la mamma su skype e mi piaceva quel suono, così ho deciso di mettermi a studiarlo.   Poi ci siamo trasferiti insieme a Barcellona, lui per studiare teatro e io  invece jazz”

Ripartiamo dall’Eurovision Song Contest. Perché uno con il tuo background musicale, che nel disco si sente tutto, ha deciso di confrontarsi con un mondo così diverso?

Mia sorella mi aveva fatto sentire questa canzone e l’ho trovata adatta, perché mi permetteva di andare in una manifestazione come l’Eurovision senza snaturarmi e continuando ad essere me stesso, coerente con la mia musica. Bello che il pubblico abbia apprezzato.

Cosa ti ha lasciato quell’esperienza, che oltretutto tu hai vissuto in un momento complicato della tua vita, con i problemi di salute che sappiamo?

Era davvero un momento difficile, ma l’ho capito dopo, quando è passato. Per me la vita normale era quella, non potevo salire le scale, facevo fatica, però era la mia realtà. L’Eurovision mi ha dato tanto, grazie alla rassegna adesso mi conosce tanta gente, ho avuto una progressione nella mia carriera che non avrei avuto senza- Sarò sempre grato a quell’evento.

Quanto c’è del tuo periodo nero dentro “Paris, Lisboa”, il secondo album?

C’è molto, anzi, direi tutto. Tutte le esperienze della mia vita entrano dentro le canzoni. Tutta la mia vita, tutto quello che io vivo è come un “bacalhau buono” da mangiare (qui Sobral si riferisce al baccalà, il piatto che tipicamente identifica il Portogallo ndr). Ogni cosa è per me fonte di ispirazione. Questo è il disco della rinascita. Abbiamo suonato in tutta Europa, un sogno. Il mio disco comunica la libertà, la luce e la gioia.

Hai detto durante la Controra che il trapianto di cuore e la lunga degenza in ospedale ti hanno cambiato…

Ho capito soprattutto che cosa vuol dire non poter stare bene, anzi soffrire, essere molto debole e non poter fare quello che mi piace. Posso dire di avere avuto una seconda possibilità, per questo adesso approfitto di tutto questo, di ogni minuto che vivo.  La cosa più bella per me ora è la libertà: adesso posso giocare a calcio e posso di nuovo viaggiare  e fare musica.

Tosca – con te ospite sul palco di Musicultura – ed Arisa hanno entrambe fatto una versione della tua canzone eurovisiva. Le hai ascoltate? Che ne pensi?

Le ho sentite, sono entrambe molto belle. Mi piace molto che la musica cambi forma e venga condivisa, questo è lo spirito giusto.

Di seguito l’intervista a Salvador Sobral disponibile sul nostro canale Youtube (ci scusiamo per la qualità non eccelsa del video).


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Emanuele Lombardini

Giornalista, ternano, cittadino d'Europa

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