Eurovision 2021: Lordi, Måns Zelmerlöw e altri quattro vincitori nell’interval act
Sono stati definiti i dettagli per la parte più importante dell’interval act della finale dell’Eurovision 2021, in scena all’Ahoy Arena di Rotterdam il 22 maggio alle ore 21 con diretta su Rai1. Il segmento, in quest’occasione, viene ribattezzato “Rock the Roof“.

Teach In | Foto: Rob Mieremet / EBU / ANEFO (Nationaal Archief)
Le informazioni rivelate dal trio NPO/NOS/AVROTROS, unito per l’organizzazione in questa occasione, porta a scoprire, innanzitutto, che saranno coinvolti ben sei vincitori di edizioni passate. Li riportiamo in ordine cronologico, ricordando che qualche eco c’era già stata nei mesi scorsi:
- Lenny Kuhr (con “De troubadour“, Paesi Bassi 1969)
- Teach-In (nella formazione originale con Getty Kaspers, con “Ding-a-dong“, Paesi Bassi 1975)
- Sandra Kim (con “J’aime la vie“, Belgio 1986)
- Helena Paparizou (con “My number one“, Grecia 2005)
- Lordi (con “Hard Rock Hallelujah“, Finlandia 2006)
- Måns Zelmerlöw (con “Heroes“, Svezia 2015).
L’iniziativa si chiama “Rock the Roof” perché è stato deciso di far esibire questi sei artisti, in suddivisione ancora tutta da scoprire, all’interno di tre tetti di luoghi diversi della città, e che sono ben distanti dall’Ahoy.
Il primo è quello del Maassilo, ex enorme silo sul porto di Rotterdam, riconvertito dal 2004 con funzione di luogo per feste ed eventi, e più in generale per la vita notturna. Non è una scelta casuale: in uno studio qui posto Duncan Laurence ha dato alla luce “Arcade“, con cui ha riportato la vittoria nei Paesi Bassi dopo 44 anni.
Il secondo è quello dell’Hotel New York, un albergo storico della città che è tornato in funzione nel 1993 dopo esser stato, nel 19° e 20° secolo, luogo di temporaneo alloggio per gli emigranti dall’Europa proprio verso New York. Anouk qui ha scritto il suo quarto album in studio, che prende il nome proprio dall’hotel.
Il terzo è quello del Museum Boijmans Van Beuningen, il principale della città, aperto nel 1849 e che contiene al suo interno numerose opere di pregio, tra i quali dei Tintoretto, Rembrandt, Dalì, Van Gogh, Monet, Magritte e tanti altri.

Mans Zelmerlow | Foto: Thomas Hanses / EBu
L’idea dei luoghi di Rotterdam non era nuova, ma era già stata esplorata nel 2020 con una formula molto simile. Avrebbero in quel caso dovuto esibirsi sei (anzi, sette) vincitori: oltre a Lenny Kuhr, Getty Kaspers e Sandra Kim, nel progetto c’erano Gigliola Cinquetti (Italia 1964, “Non ho l’età“), Paul Harrington & Charlie McGettigan (Irlanda 1994, “Rock’n’Roll Kids“) e Alexander Rybak (Norvegia 2009, “Fairytale“).
Oltre, naturalmente, al vincitore di due anni fa. Il Covid-19, però, ha impedito che tutto questo si realizzasse.
Ricordiamo che l’interval act della finale consiste in quel momento che intercorre tra la fine dell’esecuzione delle canzoni e l’inizio della parte dedicata a scoprire come i vari Paesi hanno votato. All’interno della fascia dedicata allo stesso, si effettua il televoto da casa.
In alcune occasioni, gli interval act hanno assunto carattere storico oppure iconico. Nella prima categoria rientra la Riverdance, eseguita prima delle votazioni all’Eurovision 1994, nella seconda compaiono senza ombra di dubbio “Love Love Peace Peace” (eseguita da Petra Mede e Måns Zelmerlöw nel 2016) e la Switch Song (con lo stesso Måns Zelmerlöw, Conchita Wurst, Eleni Foureira e Verka Serduchka, poi tutti insieme con Gali Atari, nel 2019).
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