Eurovision 2021, intervista a Jeangu Macrooy: “Canterò la nostra forza interiore”
L’anno scorso Jeangu Macrooy avrebbe dovuto cantare “Grow“, ma l’Eurovision 2020 è stato cancellato. Nel 2021, invece, darà al Paese che ha vinto nel 2019 un’entry completamente diversa, “Birth of a new age“, sostanzialmente un altro lato della propria vena artistica. L’artista olandese di origine surinamese è personaggio che, per sua natura, lascia trasparire quel che è in maniera naturale, attraverso le proprie canzoni. Ed è questo uno dei tanti aspetti che ha trattato nella piacevole intervista che segue, che si è a tratti trasformata in un dialogo sulla musica.
EN: Qual è stato il processo dietro a ‘Birth of a new age’, come si è sviluppata la canzone?
JM: L’ho sviluppata e scritta con il mio produttore, Pieter Penguin. Volevamo scrivere una canzone che fosse positiva, che celebri il proprio io, il conoscere chi si è, l’essere quello che si è. Mentre la scrivevo, ho pensato alla terra da dove vengo, il Suriname, in Sudamerica, che è una grande parte della mia identità. “Yu no man broko mi” significa “non mi puoi rompere”, ed è una cosa molto potente da dire, un messaggio forte.
EN: ‘Birth of a new age’, fra l’altro, copre parecchi argomenti legati allo scorso anno, un anno che è sembrato esserne dieci. Non è una di quelle canzoni con poche e semplici parole, ma una canzone ben più complessa.
JM: Tento sempre di scrivere su cose che ci toccano. L’anno scorso è successo davvero tanto. Persone che hanno alzato la voce sulle ingiustizie nel mondo, persone che hanno reclamato il loro spazio. Meritano rispetto, meritano l’amore e di essere trattate in modo uguale. C’è stato un movimento molto potente. Questa canzone è per chiunque usi la propria voce per la propria causa, per parlare contro le cose che non sono giuste.
EN: La canzone è stata costruita attorno a ‘Yu no man broko mi’ oppure è nato prima il resto del testo?
JM: È partito tutto dal testo in inglese, poi ero in studio e mi è venuta in mente, come un’ispirazione, quella cosa che ti viene in quel momento in testa. “Tac! Questo dovrebbe essere nella canzone’. È stato uno di quei momenti.
EN: Quando hai presentato la canzone è apparso tutto come in una forma festosa.
JM: Il fatto è che forse alcune delle parole nella canzone si possono interpretare come felici, ma in realtà si parla di essere orgogliosi, di non porre catene al proprio orgoglio. Se conosci te stesso, se celebri la tua forza interiore, quello è ciò che ti da la forza di restare in piedi di fronte alle oppressioni e ai tempi difficili in generale. È anche un’espressione di ottimismo in generale, perché io sono ottimista di mio. Penso che quello che mi faccia andare avanti è il guardare avanti. Potrebbero non essere i tempi migliori, questi, ma ho imparato che con tempo e fiducia le cose possono andare meglio. E mi piace rimanere fermo su quest’idea, invece di pensare semplicemente a quanto brutto possa essere tutto.
EN: Dieci anni in uno, quello scorso, anche perché l’Eurovision è stato cancellato. Come ti sei sentito quando, lo scorso anno, tutto si è dovuto fermare, e come ora ti senti a poterti esibire di nuovo nonostante tutto?
JM: Lo scorso anno, nel giorno in cui il concorso è stato cancellato ho ricevuto il messaggio dell’emittente che mi proponeva di esibirmi ancora quest’anno. È stato un po’ come salire sulle montagne russe, perché si trattava di dover scrivere un’altra canzone, c’è stata un po’ di pressione nel processo creativo. Tante cose sono accadute e stanno accadendo, ma in generale c’è l’eccitazione per quello che sta per arrivare nel prossimo mese. Sto bene, io e il mio team stiamo lavorando molto duramente per la performance e sono molto felice in assoluto.
EN: E starai certamente pensando anche a incontrare gli artisti, nei limiti di ciò che sarà possibile date le circostanze. Quali sono quelli che vorresti conoscere di più?
JM Spero di incontrare più persone possibili. Sarà difficile per via dei protocolli sul Covid. Ognuno sarà nella propria bolla. Spero però di avere anche solo un minimo di interazione. Sarei contento di incontrare chiunque. Ho sentito che condividerò l’hotel con la delegazione del Belgio, perciò spero di incontrare gli Hooverphonic. Devo incontrarli!
EN: Per non parlare del fatto che è un enorme onore conoscere gli Hooverphonic, vista la loro fama.
JM: Assolutamente.
EN: Normalmente negli scorsi anni si tenevano i vari Eurovision in Concert, London Eurovision Preparty e compagnia. Qual è la sensazione di non poter conoscere gli artisti in questi venti?
JM: È un peccato. Però è così. Mi concentro su quel che è possibile. Cerco di trarre il meglio da tutto questo. Non è l’Eurovision a cui siamo abituati, ma è qualcosa di speciale.
EN: Passando a una curiosità: com’è la vita nel Suriname comparata a quella nei Paesi Bassi?
JM: In Suriname il tempo è migliore! (ride) La vita è molto più rilassata, le persone sono più nello stile ‘no stress, calma’. Davvero è un gran bel Paese. Confrontando la vita che c’è qui, è ok. Oggi casa mia è Amsterdam, sono molto contento di essere qui. C’è tanta cultura, ci sono tanti musei, ci sono tanti concerti. C’è molta cultura da conoscere. Penso di essere fortunato di essere ad Amsterdam e nei Paesi Bassi in generale.
EN: Nel tuo essere un compositore, cosa ti ha reso più orgoglioso finora nella tua carriera?
JM: Sicuramente il fatto di poter rappresentare i Paesi Bassi con due canzoni che ho scritto. Su un livello più specifico, è sempre molto gratificante per le persone, per i fan, che la musica che io produco li aiuti a sentirsi meglio. È qualcosa che riesce a dare loro forza. Specialmente lo scorso anno, con ‘Grow’, perché era tutta incentrata sull’aiuto, essere in un posto oscuro e non sapere come uscirne, una cosa un po’ apologetica. Ci sono molte persone che hanno condiviso con me messaggi a proposito dei loro problemi mentali. Questo mi ha toccato molto, perché anche un piccolo contributo umano è una bella cosa da sentire per un artista quando le persone sentono la tua musica. Capisci che li aiuta, e che porta loro anche un pochino di speranza, è una cosa bella.
EN: Quest’anno, all’Eurovision, abbiamo parecchi generi diversi. Cosa ne pensi del fatto che ci sia così tanta musica diversa che arrivi in un unico posto?
JM: Questo è il motivo per cui l’Eurovision è così bello! Ed è la cosa che mi ha impressionato la prima volta che ho visto il concorso: così tanti diversi artisti, con un background così diverso, tutti anche culturale. C’è così tanta diversità in tutto questo, e trovarsi insieme, l’unità, parlarsi, è bellissimo. Penso che questo sia ciò che fa l’Eurovision bellissimo.
EN: Quali sono le canzoni che, sia dentro che fuori dal contesto Eurovision, ‘senti’ di più?
JM: Chiaramente, c’è ‘Arcade‘, la canzone di Duncan, che è davvero ispiratrice e impressionante. Quando scrivi la tua canzone, è un esempio di come può ispirare. Mi piace molto John Mayer come cantautore, è fantastico. Adoro anche Joni Mitchell. La lista potrebbe andare avanti all’infinito. In generale mi piacciono le persone che creano le proprie canzoni.
EN: Che sono quelle che mettono un grande sforzo in quello che fanno. Magari non sono neanche così famose, ma fanno il loro lavoro, e sembra che sia questo quello che tu apprezzi particolarmente.
JM: Esattamente. Apprezzo questi artisti che sono autentici in quello che creano. Poi in un concorso di canzoni, dove tutto ruota attorno alla canzone e al suo potere di dar modo alle persone a casa di provare qualcosa. E in questo caso spero di dare qualcosa di buono alle persone a casa. E puoi anche danzare di fronte a una canzone ritmata.
EN: E in ‘Birth of a new age’ ci sono tante di queste cose allo stesso tempo.
JM: Esattamente.
EN: Hai qualche rito portafortuna prima di salire sul palco?
JM: L’unica cosa che faccio è concentrarmi sul mio respiro. Voglio calmarlo, perché quando sei nervoso il tuo respiro può essere corto. Faccio qualcosa di simile a una piccola meditazione per calmarmi. E dico sempre a me stesso di divertirmi, di non pensare troppo alla tecnica, ma di vivere il momento.
EN: E in sostanza di essere te stesso.
JM: Assolutamente si.
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