Via all’Eurovision 2021: tutti con i Måneskin nell’edizione della ripartenza
Alle 20.45 (diretta Rai 4, San Marino RTV e Radio 2 Rai) si alza il sipario sull’Eurovision Song Contest 2021 e mai come stavolta la musica non sarà la stessa: suonerà come una liberazione ma anche come il primo scampolo di normalità dopo un anno e mezzo.
Da stasera e poi anche giovedì e sabato – ma anche per le due prove generali di ciascuna di queste tre serate – 3.500 spettatori siedono all’interno della Ahoy Arena.
Pochi certo, ma è difficile trattenere l’emozione davanti a gente radunata finalmente per fare festa e poi servirà anche da test, visto che sarà una ripartenza, il primo grande evento col pubblico del post Covid.
D’accordo, manca tutto il resto, tutto quello che fa Eurovision – gli eventi collaterali, spostati quasi tutti on line – e soprattutto, manca il tradizionale contatto coi fan all’Euroclub o con i giornalisti accreditati, perché dentro l’arena ed in sala stampa vige un rigoroso distanziamento con divieto assoluto di incrocio fra la bolla artistica e quella di chi l’evento lo racconta, ma alla fine è un prezzo equo da pagare per ricominciare a vivere.
Love is on B-sides
Il clima surreale fa passare in secondo piano l’aspetto forse più evidente e cioè che con un cast che per due terzi (26 artisti) ripercorre quello dello scorso anno, quello che si apre oggi è inevitabilmente una sorta di ‘B-Side festival”, perché il confronto con i brani della scorsa edizione cancellata è inevitabile, soprattutto per chi avrebbe sicuramente lottato ai piani alti.
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Per molti c’è stato un leggero downgrade, anche se nel complesso quello che parte stasera è un Eurovision di buon appeal radiofonico, con tanti spunti che rimandano indietro agli anni 80 e soprattutto – che poi è la cosa più importante di tutte – senza il brano destinato ad ‘uccidere’ il concorso in partenza.
Come ogni rassegna, ci sono quelli favoriti, ma la gara è più che mai aperta e la differenza la faranno gli staging e le rese vocali, che le prove hanno mostrato non proprio perfette per alcuni dei cavalli di razza o presunti tali.
Female Empowerment
L’impegno civile è uno dei temi forti di questa edizione, in particolare l’autodeterminazione femminile, declinata in modalità diverse dalla maltese Destiny, dalla lettone Samanta Tina e soprattutto dalla russa Manizha, protagonista del caso più forte della vigilia, con la Duma, il Parlamento di Mosca e gli integralisti ortodossi schierati in blocco contro l’artista – rifugiata tagika – e la sua canzone che attacca il patriarcato tipico di una certa visione della società molto in voga in Russia:
“Stop patriarchy, hello gender equality”, ha già detto durante le prove, facendo infuriare le élites.
Anche la francese Barbara Pravi, che pure porta sul palco una struggente chanson d’amore è sopravvissuta ad episodi di violenza domestica ed oggi è impegnata in un’opera di sensibilizzazione sul tema.
Tusse, Tix, Eden Alene: le storie
Naturalmente non c’è Eurovision senza le storie. C’è quella di Tix, uno dei due hitmakers in gara in questa edizione (è l’autore di “Sweet but pshycho” di Ava Max, triplo disco di platino in Italia e primo in 20 paesi), che ha fatto della sindrome di Tourette di cui soffre e che lo costringe a numerosi tic, un motivo di rivalsa personale.
E poi c’è quella di due ragazzi ventenni, a loro modo figli del viaggio: Eden Alene è nata a Gerusalemme da famiglia etiope, i cosiddetti falascià o Beta Israel, la popolazione ebraica del corno d’Africa emigrata verso la Terra Promessa negli anni ’70 al prezzo di lunghe permanenze nei campi profughi del Sudan.
Tusse invece è arrivato in Svezia dal Congo, come rifugiato, da solo, quando aveva 13 anni e oggi è cittadino comunitario a tutti gli effetti.
Ma anche Anxhela Peristeri, in gara per l’Albania ha una storia di integrazione complessa: nata da una famiglia cristiano-ortodossa in un paese a maggioranza musulmana, si è trasferita in Grecia dove ha subito discriminazioni per le sue origini albanesi.
Sono 13 su 39 – quindi esattamente un terzo – gli artisti con origini diverse dal Paese che rappresentano, 6 dei quali di pelle scura: è un record.
Come anche è un record la prima artista che si esibirà da remoto: Montaigne, in gara per l’Australia non è potuta volare a Rotterdam per via delle restrizioni in vigore per la pandemia. Al suo posto il live-on-tape registrato in patria a Marzo, mentre l’artista sarà in collegamento da Sidney per green room ed interviste.
Pochi big, ma sceltissimi
L’altro hitmaker è James Newman, fratello del più noto John, che debutta da cantautore dopo aver firmato alcune delle più grandi hit del pop britannico degli ultimi anni.
Blas Cantò ha pure un successo chiaro e certificato in Spagna, ma è chiaro che il nome di punta di questa edizione sono i belgi Hooverphonic. Per loro parlano 25 anni di carriera ad altissimi livelli, con enormi riscontri di vendite e tour in tutto il mondo: hanno accettato di mettersi in gioco, richiamando per l’occasione la storica cantante Geike Arnaerts.
Måneskin e Senhit: doppia Italia
La presenza di due artisti italiani in concorso non è una primizia ma mai come stavolta c’è odore di sfida ai piani alti: i Måneskin con la loro “Zitti e buoni” continuano ad essere in testa alle scommesse e le prove hanno confermato l’ottimo appeal sulla stampa accreditata.
Meno prevedibile alla vigilia la scalata di San Marino: “Adrenalina” è un pezzo made in Svezia perfettamente nel mood eurovisivo e la bolognese di famiglia eritrea Senhit – sotto la direzione artistica di Luca Tommassini – ha sin qui raccolto ottimi consensi e forse per la prima volta il Titano è accreditato di un passaggio in finale senza patemi.
Sul palco sembra sempre più probabile l’arrivo del rapper Flo Rida (già avvistato in Arena), protagonista del featuring nella versione discografica. Lo vedremo in ogni caso solo giovedì, nella loro semifinale. Per adesso, la parte rap è affidata a Don Jiggy, il rapper italo-ghanese già vincitore di X Factor con i Soul System, che non sta assolutamente sfigurando.
Senhit non potrà contare, in semifinale, sui voti italiani, perché l’Italia vota stasera. Due artisti di lingua italiana mancano in finale dal 2014, quando furono addirittura tre: Emma, Valentina Monetta e Sebalter, più la slovena Tinkara Kovac, fortemente legata all’Italia. A Rotterdam si respira aria di derby.
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