Dossier Melodifestivalen: i vent’anni di Christer Björkman (prima parte)
L’occasione è di quelle storiche: il prossimo 5 febbraio, per la prima volta dal 2002, prenderà il via una nuova edizione del Melodifestivalen (Festival della canzone svedese) senza Christer Björkman come produttore esecutivo.
Con il passaggio di mano allo storico braccio destro Karin Gunnarsson per sbarcare negli Stati Uniti come produttore esecutivo dell’American Song Contest (nuovo titolo di punta del canale generalista NBC in partenza il 21 marzo), il “generale” chiude una cavalcata di 20 anni in cui è riuscito a trasformare il volto della selezione nazionale svedese e a renderla l’appuntamento più atteso della stagione eurovisiva sia in patria che fuori – riportando la Svezia a un ruolo di vera e propria dominatrice all’Eurovision, con due vittorie, quattro podi, dodici top 10 e diciotto qualificazioni alla finale su diciannove tentativi nel corso della sua gestione.
Risultati che sono arrivati in un percorso ricco di alti e bassi, dove il successo del Melodifestivalen come appuntamento di punta della stagione televisiva svedese è stata l’unica vera costante.
Ed è proprio per questo che mentre ci accingiamo a chiudere il ventennio “björkmaniano” per andare ad abbracciare definitivamente la nuova era Gunnarsson, vale la pena voltarsi indietro e ripercorrere edizione per edizione la storia della nazione che più di ogni altra ha caratterizzato questi ultimi 20 anni di Eurovision – anche a costo di interpretare spesso e volentieri quel ruolo di “prima della classe” che le ha portato invidie ed antipatie tra i seguaci della kermesse europea, specialmente nel corso delle ultime annate.
PARTE I (2002-2005): LA GENESI
Il Melodifestivalen (Festival della canzone svedese) nasce nel 1959 con il titolo di Stora Schlagertävlingen, competizione organizzata all’interno di un programma radiofonico e vinta da Siw Malmkvist con il brano Augustin (Agostino) che venne poi presentato all’Eurovision da un’altra artista, Brita Borg.
Da allora ad oggi il festival si è tenuto quasi ininterrottamente, con tre interruzioni legate appunto agli anni in cui la Svezia non ha preso parte all’Eurovision Song Contest: nel 1964 per uno sciopero degli artisti, nel 1970 in protesta al risultato dell’Eurovision precedente (in cui furono premiati quattro vincitori a pari merito, poiché non esisteva ancora una regola ufficiale per dirimere i pareggi) e nel 1976 a causa delle proteste di movimenti politici di sinistra contro la musica commerciale e l’eccessiva spesa sostenuta dal broadcaster SVT (Sverige Television) per l’organizzazione dell’edizione precedente dell’Eurovision.
Dal Melodifestivalen sono uscite decine di brani che sono entrati a pieno titolo nella cultura musicale svedese. Sei vincitori del programma hanno poi bissato il successo con la vittoria dell’Eurovision: nel 1974 gli ABBA con Waterloo (forse la canzone più famosa nella storia del festival, l’equivalente svedese della nostra Nel blu dipinto di blu), nel 1984 gli Herreys con Diggiloo-Diggiley, nel 1991 Carola Häggkvist con Fångad av en stormvind (Catturata da una tempesta), nel 1999 Charlotte Nilsson, non ancora coniugata Perrelli, con Tusen och en natt (Mille e una notte), poi tradotta in inglese sul palco europeo come Take Me To Your Heaven; nel 2012 Loreen con Euphoria e nel 2015 Måns Zelmerlöw con Heroes.
Fino al 2002 il Melodifestivalen consisteva di un’unica serata, dove partecipavano in genere non più di dieci o dodici canzoni e il vincitore era designato tramite una qualche combinazione di voto del pubblico (dai tardi anni ’90 in poi) e giurie popolari.
La vera svolta avviene quell’anno, quando il ruolo di produttore esecutivo viene affidato al 34enne Christer Björkman – un cantante ed ex parrucchiere di Borås, già vincitore del Melodifestivalen nel 1992 con I morgon är en annan dag (Domani è un altro giorno). Björkman ha un’intuizione che farà la fortuna del programma, trasformandolo in uno show itinerante di ben sei settimane attraverso tutta la Svezia con ben 32 canzoni in gara.
L’assetto del programma, definito da Björkman nel 2002, è rimasto sostanzialmente lo stesso fino ad oggi: quattro semifinali o deltävling, una serata di ripescaggio (detta Andra Chansen, ovvero “seconda chance”) e la tradizionale finale di Stoccolma.
Le prime cinque serate si tengono in stadi e arene coperte in giro per la Svezia, in grandi città (Göteborg e Malmö compaiono quasi ogni anno) ma anche piccolissimi centri urbani (Leksand, una piccola cittadina della Dalecarlia di circa seimila abitanti, o Kiruna, la città più a nord della Svezia nel cuore della Lapponia svedese).
Il capolavoro di Björkman, però, è soprattutto il sapere ampliare la platea dei generi musicali presentati nella competizione: dallo schlager (un tipo di pop/uptempo di argomento leggero), stile tradizionale che aveva fagocitato un po’ tutta la competizione negli anni ottanta e novanta – tanto da far guadagnare al programma il soprannome di Schlagerfestivalen – la lista di generi contemplati va progressivamente ad ampliarsi e ad accogliere brani rock, rap, metal e reggae, con derivazioni etniche ma anche proposte costruite ad hoc per imitare i grandi successi internazionali del momento.
Melodifestivalen 2002
Date: 19 gennaio – 1 marzo 2002
Conduttori: Kristin Kaspersen e Claes Åkesson
Vincitore: Afro-dite, Never Let It Go
Piazzamento all’Eurovision Song Contest: 8° classificata, 72 punti
La prima edizione dell’era moderna del Melodifestivalen prende il via dalla Tipshallen di Växjö il 19 gennaio, assumendo da subito le dimensioni del work in progress. 32 sono le proposte in gara, con un cast formato da artisti non popolarissimi ma già avvezzi alla competizione in gara contro debuttanti per lo più sconosciuti al grande pubblico.
La vera grande novità, che caratterizzerà il programma fino ai giorni nostri, è l’inclusione di cantanti provenienti dalla sfera dei talent show musicali che cominciano a imperversare in Svezia come in Europa: nella fattispecie le Excellence, una girlband formata l’anno prima all’interno del programma TV Popstars.
La loro Last To Know verrà eliminata al round di ripescaggio e porrà sostanzialmente fine alla carriera del gruppo, ma traccerà una consuetudine che altri programmi (Fame Factory, l’Operazione Trionfo svedese, e soprattutto Idol) rinforzeranno negli anni a venire: il costruire un sottobosco di artisti ricorrenti e provenienti da contesti in cui “competere in musica” è già in qualche modo nel loro DNA.
A trionfare sono le Afro-dite, un gruppo vocale formato da tre artiste di colore (Gladys del Pilar, Kayo Shekoni e Blossom Tainton-Lindquist).
Il loro brano pop Never Let It Go, scritto e composto da Marcos Ubeda, conquista il supporto di pubblico e giurie sconfiggendo il ritmo latino del rapper cileno Méndez con Adrenaline e la tradizionalissima proposta schlager Vem è dé du vill ha (Chi è quello che vuoi?) portata in gara da un supergruppo composto da tre vecchie glorie eurovisive: Kikki Danielsson, Lotta Engberg ed Elizabeth “Bettan” Andreassen, quest’ultima originaria della Norvegia e vincitrice dell’Eurovision in rappresentanza del suo paese con il gruppo Bobbysocks nel 1985.
Altri brani che tuttora rimangono nel bagaglio culturale di ogni svedese sono Kom och ta mig (Vieni e portami via) dei Brandsta City Släckers, una band composta da cinque pompieri della città di Helsingborg che dal nulla o quasi conquistano il terzo posto al televoto e il quinto complessivo nella serata finale; Världen utanför (Il mondo fuori), ennesimo successo della dansband Barbados, già seconda nelle due edizioni precedenti; Sista andetaget (L’ultimo respiro), ballatona che riporta degnamente in gara Jan Johansen, già vincitore del Melodifestivalen e terzo all’Eurovision nel 1995;
Questa edizione marca anche il debutto del sedicenne Jimmy Jansson, che raccoglie l’eredità del punk pop di quegli anni e con la sua band Poets arriva ad un passo dal qualificarsi per la finalissima: dopo svariate partecipazioni da solista diventerà uno degli autori più affermati e prolifici della competizione, con 25 canzoni presentate in gara dal 2005 ad oggi.
La proposta più “particolare” è invece quella messa in scena dalla veterana del Melodifestivalen – Ann-Louise Hanson – che segna il record assoluto di partecipazioni (12, poi ritoccato altre due volte) con un improbabile duetto assieme a Molle Holmberg, fresco concorrente del fortunatissimo reality show Baren (“Il bar”).
L’effetto finale di Sluta (Smettila!) è un po’ come se Iva Zanicchi si fosse presentata a Sanremo in coppia con Salvo Veneziano: un piccolo capolavoro del trash probabilmente mai superato nelle diciannove edizioni che seguiranno.
Melodifestivalen 2003
Date: 15 febbraio – 15 marzo 2003
Conduttori: Mark Levengood e Jonas Gardell
Vincitore: Fame, Give Me Your Love
Piazzamento all’Eurovision Song Contest: 5° classificata, 107 punti
Dopo il successo dell’edizione 2002, Björkman decide di raddoppiare giocandosi la carta del rimpasto, ossia riportando in gara per il 2003 buona parte dei concorrenti dell’edizione precedente.
L’effetto è in generale un po’ da “minestra riscaldata”: ritornano le Afro-dite (perpetuando una tradizione, sconfessata nel 2005, del campione in carica che “rimette in gioco” il titolo l’anno seguente), Méndez, Jan Johansen insieme alla popolarissima cantante e attrice Pernilla Wahlgren, il gruppo folk Östen med resten, i Barbados con un nuovo cantante (Mathias Holmgren), i Brandsta City Släckers che ancora vestiti da pompieri lanciano con 15 minuter (Quindici minuti) un’invettiva contro il mondo dei reality show e della fama effimera del ventunesimo secolo.
Il ritorno di fiamma si rivela una delusione più o meno per tutti, unica eccezione Pernilla Wahlgren e Jan Johansen che con Let Your Spirit Fly chiuderanno al secondo posto (con un memorabile “incidente” nell’ultima prova generale della finale, dove Pernilla arrivò al Globen all’ultimo momento dopo aver interpretato Pippi Calzelunghe al teatro e fu costretta ad esibirsi in costume di scena perché non ebbe il tempo materiale di cambiarsi).
Ad affermarsi è il primo prodotto di quella che sarà una lunga schiera di ex talent di successo, il duo Fame composto da Magnus Bäcklund e Jessica Andersson, entrambi freschi partecipanti della prima edizione svedese di Fame Factory.
È il produttore Bert Karlsson ad avere l’idea di unire il vincitore del programma all’ex modella che aveva fatto parlare lasciando sul più bello il talent show per dare alla luce il primo figlio: il duetto debutta al Melodifestivalen con il brano schlager Give Me Your Love, vince con ampio riscontro di pubblico e critica e riesce a togliersi la soddisfazione di un buon 5° posto anche all’Eurovision di Riga.
Altro debutto che fa sensazione è quello degli Alcazar, gruppo dance reduce dal successo internazionale di Crying At The Discoteque: per l’occasione la line-up storica e conosciuta anche in Italia si arricchisce di Magnus Carlsson, ex voce della dansband Barbados e allora fidanzato del leader Andreas Lundstedt.
La loro avventura al Melodifestivalen, che vedrà altre quattro partecipazioni, si apre col terzo posto di Not A Sinner Nor A Saint – brano che non avrà il successo dei precedenti ma sfonderà oltreoceano raggiungendo la terza posizione nella hit parade US Dance Airplay.
Degni di nota anche il quinto posto di Hela världen för mig (Tutto il mondo per me) della diciottenne Sanna Nielsen, che alla seconda partecipazione (aveva debuttato nel 2001) si consacra come una stella in ascesa della musica schlager, e il sesto della folk band Sarek che con Genom eld och vatten (Tra il fuoco e l’acqua) segna una hit destinata a durare nella memoria collettiva fino ai giorni nostri.
Non arriva invece in finale ma forse l’avrebbe meritato Markus Landgren, altro reduce di Fame Factory: la sua Television, un inno ironico alle gioie e ai dolori del piccolo schermo, rimarrà purtroppo il canto del cigno del cantante di Gunnared che lascerà presto la musica per diventare un pastore della Chiesa protestante.
Melodifestivalen 2004
Date: 21 febbraio – 20 marzo 2004
Conduttori: Charlotte Perrelli, Ola Lindholm e Peter Settman
Vincitore: Lena Philipsson, Det gör ont (Fa male)
Piazzamento all’Eurovision Song Contest: 5° classificata, 170 punti (come It Hurts)
Il periodo d’oro della musica schlager continua nel 2004: Lena Philipsson, già seconda nel 1986 e nel 1988, torna a distanza di 16 anni e porta a casa il trofeo con Det gör ont, vincendo un’edizione mai messa davvero in discussione.
Nei vent’anni di gestione Björkman, quello di Philipsson sarà il primo di due soli brani in svedese a conquistare il titolo: tradotto in inglese per l’Eurovision 2004 porterà nuovamente la Svezia al quinto posto finale, allungando a sette gli anni consecutivi in top 10 per la nazione scandinava.
Altre due proposte nel segno dello schlager, pur diversissime tra loro, completano il podio. È Shirley Clamp, cantante di origini britanniche che aveva debuttato l’anno prima, a conquistare la piazza d’onore con una performance iconica di Min kärlek (Il mio amore), peraltro arrivata dopo essere rientrata in corsa tramite il round di ripescaggio.
Alle sue spalle troviamo After Dark, il progetto in drag di Christer Lindarw e Lasse Flinckman: oltre a conquistare il pubblico svedese dalla prima esibizione, La dolce vita supererà la mera dimensione di canzone LGBT e diventerà un vero e proprio fenomeno di costume, un inno a godere la vita e coglierne ogni singolo attimo (sarà quasi profetico per Flinckman, che morirà nel 2009 a 66 anni dopo una lunga malattia).
In una competizione sempre più monopolizzata dalla canzone d’amore facile iniziano a farsi strada altri generi: E-Type, nome incontrastato dell’eurodance di inizio millennio (autore tra l’altro di Campione 2000, la canzone ufficiale degli Europei di calcio in Belgio e Olanda) si butta nella mischia e raggiunge il quinto posto con l’energetica Paradise.
Dietro di lui si classificano i Fame vincitori l’anno passato, mentre al nono posto c’è un revival della musica latina con Olé Olé di Andrés Esteche – primo di una lunga serie di epigoni di Ricky Martin che andrà a costituire una vera e propria cifra del Melodifestivalen negli anni a venire.
Chiude la classifica finale un altro inno alla vita, una comparsata ironica e giocosa di tre vere e proprie dive del tempo che fu: Ann-Louise Hanson, Towa Carson e Siw Malmkvist, 193 anni in tre, conquistano la finale e l’affetto di tutto il pubblico con la loro C’est la vie.
Melodifestivalen 2005
Date: 12 febbraio – 12 marzo 2005
Conduttori: Mark Levengood e Jill Johnson
Vincitore: Martin Stenmarck, Las Vegas
Piazzamento all’Eurovision Song Contest: 19° classificata, 30 punti
Nel 2005 il primo ingranaggio si incastra nel meccanismo perfetto del nuovo corso del Melodifestivalen. La corsa a due fra Nanne Grönvall (beniamina del pubblico e nome affermato della musica schlager) e Martin Stenmarck (giovane debuttante e promessa del pop made in Sweden) si risolve a favore di quest’ultimo dopo che le giurie assegnano un vantaggio incolmabile alla sua Las Vegas e il televoto premia Håll om mig (Tieniti stretto a me) di Nanne con un vantaggio di quasi 170.000 voti, che per le regole dell’epoca però si traduce in un divario di soli ventidue punti.
Saranno tre le lunghezze che divideranno i due contendenti in favore di Las Vegas, risultato che provocherà reazioni veementi da parte del pubblico e addirittura diffuse richieste di eliminare del tutto le giurie dal computo del risultato finale.
Il brutto piazzamento della Svezia all’Eurovision di Kiev, con Stenmarck che porterà a casa il peggior risultato in 13 anni e la mancata qualificazione diretta alla finale del 2006 (all’epoca non esisteva ancora la doppia semifinale e le prime 10 nazioni si classificavano direttamente per la finale dell’edizione successiva), vendicherà completamente un risultato ancora oggi percepito come ingiusto nell’opinione comune.
Doveva capitare prima o poi che il Melodifestivalen si trovasse con un vincitore non condiviso, tanto più in un’annata caratterizzata da una vera e propria corsa a due: al terzo posto troviamo di nuovo gli Alcazar, che ritornano dopo due anni con l’autoreferenziale Alcastar per poi annunciare una pausa dalle scene.
Tra i tanti ritorni “di peso” spicca il debutto di Jimmy Jansson come solista e il duetto fra Sanna Nielsen e Fredrik Kempe, cantante d’opera che dopo questa partecipazione passerà dall’altra parte della barricata e diventerà uno dei compositori più prolifici e di successo degli anni dieci: Du och jag mot världen, pure ironica per i motivi sbagliati (in particolare la poca credibilità di una ragazza poco più che ventenne e un noto artista omosessuale quindici anni più grande “uniti contro il mondo”, come da titolo) raggiunge l’ottavo posto in finale e contribuisce a cementificare la posizione di Sanna come stella in ascesa della musica svedese.
Mentre abbandona la competizione al ripescaggio Katrina Leskanich, vincitrice dell’Eurovision 1997 per il Regno Unito, desiderosa di rilancio (ma non accadrà), due sono le proposte eliminate prematuramente che vale la pena di citare.
Il duo hip hop Group Avalon formato dai due fratelli congolesi Moupondo non convince con Big Up, un brano in inglese, francese e lingala caratterizzato da una performance un po’ confusionaria e al limite dell’amatoriale: questa partecipazione avrà però il merito di fare emergere Mohombi, il fratello più giovane e talentuoso, che sotto la guida di Nadir “RedOne” Khayat (già produttore di Lady Gaga) segnerà svariate hit internazionali sul finire dei Duemila.
La quota trash è invece pienamente rappresentata dalle Pay TV, progetto pop alla seconda partecipazione, che porta a casa uno dei brani più trascinanti, “furbi” e ben scritti dell’edizione con l’ironica Refrain Refrain – parodia dei trucchi più efficaci ed utilizzati in musica per scrivere una canzone di successo.
Dossier Melodifestivalen, qui puoi consultare tutti e quattro i nostri speciali approfondimenti: Prima Parte – Seconda Parte – Terza Parte – Quarta Parte.
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