Storia del contrasto Russia-Ucraina all’Eurovision: non solo il caso Alina Pash
In queste ore, dopo l’invasione da parte della Russia di alcune zone dell’Ucraina si sta discutendo sull’opportunità di tenere all’interno del consorzio EBU (European Broadcasting Union) e quindi anche dell’Eurovision Song Contest, le quattro emittenti russe, ovvero le televisioni Channel 1 e VGTRK e le radio nazionali pubbliche Radio Mayak e Radio Orpheus.
Una petizione è partita in questo senso, chiedendo l’applicazione della stessa sanzione comminata lo scorso anno a BTRC, la tv bielorussa, esclusa per tre anni dall’EBU a seguito delle ripetute violazioni dei diritti umani e della repressione del dissenso da parte del presidente Lukashenko.
Fu una presa di posizione forte dell’Unione Europea di Radiodiffusione, che per adesso invece resta in posizione di attesa. Certo è che se è vero che il carattere apolitico dell’Eurovision è sancito dal regolamento, non si può dire che la politica e la geopolitica ne siano rimaste fuori.
Da Ruslana ai Greenjolly
L’Eurovision, dai primi anni 2000, è infatti ormai una grande arena culturale che va al di là della musica e dello spettacolo, nella quale ciascuno mette in vetrina speranze, futuro ma anche visioni del mondo. Estonia, Lettonia e Turchia lo usarono ad esempio per “spingere” la rispettiva campagna di adesione alla UE.
Ucraina e Russia hanno invece portato spesso i loro contrasti sul palco eurovisivo. La vittoria per l’Ucraina di Ruslana con “Wild dances” all‘Eurovision 2004 fu uno schiaffo alle élites filorusse che allora governavano il Paese perché artista e canzone rappresentavano l’opposto dell’idea di nazione che esse avevano.
L’edizione di Kiev del 2005 fu un enorme spot pro Europa, con l’Ucraina che riuscì perfino a portare in gara – accuratamente depurato – un brano, “Razom nas bahato” dei Greenjolly, che originariamente era l’inno politico di quella Rivoluzione Arancione che pochi anni prima aveva cambiato il Paese.
Perfino Verka Serduckha, che nel 2007 batte le russe Serebro (rispettivamente seconda e terze dietro la Serbia) nascondeva dietro l’apparente nonsense del testo un messaggio politico: “Lasha tumbai” è infatti la storpiatura di “Russia goodbye”.
Con i filorussi tornati al potere, Kiev ospita nel 2013 lo Junior Eurovision: Ruslana rifiuta di cantare come ospite. Pochi mesi dopo invece, si esibisce fra le macerie di una Kiev devastata dalla guerra civile. Ma il peggio arriverà in seguito.
La Crimea: punto di non ritorno
Quando va in scena l’Eurovision 2014 a Copenaghen, la Russia di Putin è nell’occhio del ciclone: doping di stato, politiche anti-LGBT (con tanto di protesta per la partecipazione di Conchita Wurst) e la fresca invasione della Crimea, che a Maggio è già in mani russe.
Una situazione che convince la Russia a scegliere, contrariamente al solito, il bassissimo profilo per l’Eurovision. Le gemelle diciassettenni Tolmachevy, che il pubblico eurovisivo conosce da quando sono bambine perché cinque anni prima hanno vinto lo Junior Eurovision, sono tutte sorrisi, dolcezza e strette di mano.
La loro “Shine” è accompagnata da una esibizione perfetta, ma il pubblico le fischia in quanto russe e dalla sala stampa in prova non si alza un applauso.
Va ancora peggio ad Alsou, la cantante e conduttrice, già al timone dell’Eurovision 2009, chiamata ad annunciare i voti russi. Quando i conduttori si collegano con Mosca, Alsou viene sommersa dai fischi ed è costretta ad interrompersi più volte. Lo stesso accade ad ogni “12 points” russo.
Non va meglio a Polina Gagarina, in gara per la Russia nel 2015 (è seconda davanti a Il Volo): fischi anche per lei, anche se il pubblico da casa non li sente, perché la EBU li cancella attraverso un filtro speciale.
Qualche mese prima, nel corso dello show celebrativo per i 60 anni dell’Eurovision che va in onda da Londra, il pubblico sommerge di fischi Dima Bilan, il russo vincitore del 2008 invitato come ospite: “Devo ricordarvi che questo è uno show, non è una gara”, dice il conduttore Graham Norton al pubblico, che però fischia ancora.
“A very uncomfortable question for you”
La “pietra dello scandalo” – eurovisivamente parlando – è stata però la vittoria di Jamala nel 2016 per l’Ucraina con il brano “1944”. La cantautrice viene infatti dalla Crimea ed è di etnia Tatara.
Il brano racconta la deportazione del suo popolo da parte dell’Urss nella Seconda Guerra Mondiale, ma il riferimento all’attualità è evidente e lei non fa nulla per negarlo. La delegazione russa protesta, tenta di farla squalificare, la canzone fa il giro del mondo e quando vince, battendo il superfavorito russo Sergeij Lazarev (solo terzo), la Russia insorge e promette battaglia.
Quando l’Eurovision arriva a Kiev nel 2017, il contrasto esplode al suo massimo. La Russia schiera Yulia Samoylova con “Flame is burning”. La grave disabilità dell’artista passa rapidamente in secondo piano quando si scopre che questa è fra i russi che si sono esibiti in Crimea passando per la Russia, oltre aver anche rilasciato dichiarazioni a favore dell’annessione russa della penisola stessa.
Il viaggio in Crimea non dalla terraferma dell’Ucraina, dal 2014 è infatti una violazione di legge, per la quale i cittadini ucraini possono essere multati e gli stranieri possono ricevere un divieto di ingresso. Proprio quello che succede a Yulia Samoylova: fuori dall’Ucraina per tre anni, non può entrare nemmeno per l’Eurovision.
Dopo un lungo tira e molla, con Channel 1 che rifiuta anche la proposta di far esibire l’artista da remoto e UA:PBC che si schiera col Governo ucraino, la Russia si ritira polemicamente. Le due tv saranno entrambe multate.
Se nel 2018 l’eliminazione in semifinale di Yulia Samoylova, riconfermata dalla Russia, contribuisce a stemperare leggermente la tensione, lo scontro si riaccende nel 2019.
Vidbir, la selezione nazionale ucraina è vinta infatti da MARUV. Si tratta di un nome popolarissimo in tutta l’area dell’ex URSS, reduce da diversi mesi in testa alle charts anche in Russia.
Che il clima sia pesante lo si capisce subito. A capo della giuria c’è infatti proprio Jamala, la vincitrice del 2016, che al termine della sua esibizione si rivolge a MARUV:
Ho una domanda molto scomoda per te: la Crimea, è Ucraina?
MARUV risponde affermativamente ma questo non le basterà. La cantautrice ha infatti in programma una serie di concerti in Russia prima e dopo l’Eurovision. Dice il Governo:
Chi rappresenta l’Ucraina non può essere un’artista che è stato in tour nello stato aggressore o pianifica di farlo”
Una clausola sul contratto siglato dagli artisti con la tv lo conferma. MARUV e la tv vanno allo scontro, così l’artista rinuncia alla partecipazione.
La tv pubblica ucraina (UA:PBC) sonda il campo con gli artisti che la seguono in classifica, primi fra tutti i Kakza, che in quel momento sono primi nella chart in cinque Paesi, Russia compresa.
Incassati una serie di no, la tv di Kiev rinuncia a gareggiare a Tel Aviv e annuncia che da quel momento, per partecipare alla selezione nazionale, sarà obbligatorio rinunciare a concerti in Russia tre mesi prima e tre dopo il periodo eurovisivo.
Alina Pash e il futuro della Russia
Dopo due anni di relativa tranquillità anche grazie a scelte molto internazionali e fuori dagli schemi su entrambi i fronti, la vittoria di Alina Pash in Ucraina ed il suo successivo ritiro, accusata di aver violato il regolamento del concorso per essersi esibita in Crimea rilancia di nuovo la questione.
Al suo posto come è noto, andranno i secondi classificati Kalush Orchestra. La Russia, invece, non ha ancora annunciato i suoi rappresentanti, che saranno selezionati internamente dalla tv.
La deadline EBU è fissata per il 13 Marzo. Ma non è detto che per quella data il futuro delle tv di Mosca nel consorzio sarà già stato deciso.
Il caso Russia-Ucraina ed Eurovision: gli aggiornamenti e i nostri ultimi approfondimenti sulla questione sono raggruppati qui.
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