Eurovision 2022, intervista a The Rasmus: “Questo è il momento giusto per andare”

Lauri Ylönen, Eero Heinonen, Aki Hakala, Emilia “Emppu” Suhonen: questa l’attuale formazione dei The Rasmus, il gruppo che ha contribuito, nei decenni, a rinsaldare la fama di terra del rock della Finlandia.
Li ritroveremo all’Eurovision 2022, a Torino, con “Jezebel”, la canzone che vuole segnare il loro grande ritorno sulle scene internazionali. Abbiamo raggiunto il frontman storico del gruppo, Lauri Ylönen, per un’intervista a tratti rivelatrice.
14 anni dopo “Black Roses”, sei tornato a lavorare con Desmond Child. Cosa vi ha riportati a collaborare?
Ero seduto proprio a questo tavolo la scorsa estate, stavo suonando la chitarra e mi è venuta un’idea per la canzone e ho pensato “Questo è il momento giusto, devo chiamare Desmond”.
L’ho chiamato: “Ho quest’idea, questa canzone, e voglio portarla all’Eurovision. Vuoi aiutarmi a scrivere la miglior canzone possibile?”. È cominciata così.
Come vi è venuta l’idea di partecipare all’UMK?
Per anni i fan ci hanno chiesto di andare all’Eurovision. Penso che questo fosse il momento giusto, credo. E poi abbiamo lottato con il Covid per due anni, niente concerti, niente di niente. Era un’opportunità per fare qualcosa di emozionante, di fare qualcosa, qualsiasi cosa!
Immagino che non abbiate suonato di fronte a del pubblico per due anni.
Già, 1-2 anni. L’ultima volta avevamo suonato a Città del Messico a marzo del 2020.
E poi di tutto è stato cancellato, Eurovision compreso. Quanto è stato difficile per voi?
È stata dura per tutti. In tutto il mondo è stata dura per due anni. Specialmente per musicisti, artisti, performer. Non si poteva fare nulla di vagamente simile a un concerto.
Ho molti amici che hanno dovuto cercare e trovare un “lavoro vero” e smettere con i loro sogni di artisti. Nel nostro caso potevamo farcela per due anni, ma per gli emergenti e i nuovi artisti è stata durissima.
Come vi sentivate quando avete cominciato insieme?
Alcune cose sono le stesse di allora Ci sentiamo come ragazzi. Sono passati tanti anni, ma la musica ti fa sentire giovane, è una magia. Abbiamo iniziato in una band a scuola, nel 1994, per una festa di Natale. Avevamo cinque canzoni. Eravamo molto concentrati sulla band, facevamo prove e tutto il resto, ed è qualcosa che facciamo ancora oggi. Significa tutto per me.
E siete passati dall’essere una band che suonava a scuola a dominare il mondo con “In the Shadows”. Come vi siete sentiti quasi 10 anni dopo, quando eravate sulla bocca di tutti?
Ai tempi, certo, non potevamo predire il futuro, ma sentivamo che potevamo fare qualcosa di importante. Devi credere in te stesso, qualsiasi cosa tu faccia. Questa è stata una delle ragioni per cui siamo arrivati tanto lontano, fiducia in noi stessi. Non è facile però, abbiamo avuto tempi difficili.
Circa un anno fa, siamo stati davvero vicini a scioglierci. Pauli ci ha detto che andava via. Nel mezzo del Covid, uno dei ragazzi che se ne va è dura. Ma ci siamo rimboccati le maniche e negli ultimi sei mesi ci sono successe solo buone cose.
Abbiamo una nuova chitarrista, Emilia, Emppu, ed è un’ottima performer, carismatica. Siamo felicissimi di averla nella band, ci ha dato una nuova vita, un nuovo inizio per The Rasmus.
Un carisma che, fra l’altro, si può ben vedere nel video di “Jezebel”. Ma come avete trovato Emilia?
La conoscevo già da tempo. Era già famosa in Finlandia, ha suonato in varie band per decenni fin da quando aveva 12 anni. La conoscevo, ma non personalmente. Sapevo di lei, sapevo che era una gran chitarrista. È stata la prima persona a cui ho pensato, volevo qualcuno dalla Finlandia.
Ho cercato la sua foto su Google e l’ho mandata al resto della band. “Che ne dite di lei, potrebbe essere la nuova chitarrista?”. E tutti a dire “Sì! Chiediamoglielo, è super!”.
Ha avuto l’audizione, ha provato “In the Shadows” e alcune altre canzoni. È stata fantastica. Suonava e saltava per tutta la stanza delle prove, come fosse in un concerto. È molto brava.
Sembrava che tu fossi particolarmente emozionato la sera dell’UMK. Come ti sei sentito in quella serata, sapendo che stavi provando ad andare all’Eurovision?
Sentivo che dovevamo vincere. Sentivo che poteva essere un nuovo inizio per la band, una rinascita. Ho pensato che questo potesse essere uno step, che dovevamo farlo, dovevamo rappresentare la Finlandia all’Eurovision. È il nostro lavoro, in questa vita.
Abbiamo lavorato duro sulla performance e tutto il resto. Penso che è stata abbastanza buona per quel contesto, perché abbiamo vinto, ma stiamo lavorando duro per fare ancora meglio in molte cose. Stiamo creando un nuovo show per l’Eurovision, per l’Italia.
È bello fare questo plus, perché per il Covid ci sono stati due anni di nulla. Prima avevo l’agenda piena, dovevo fare questo e questo e questo e questo. È un po’ un sentire che sono tornato, sono pieno di vita. È una grande sensazione.
Anche il successo di Blind Channel e Måneskin non deve avervi lasciati indifferenti. So che avete dei buoni rapporti con i Blind Channel, ci avete fatto una live session su Instagram e tu hai cantato “Dark Side” con loro in una Bedroom Session.
Quanto ai Måneskin, hanno riportato di prepotenza la musica rock sulla scena mondiale. Quali sono le tue sensazioni su questo e sulle due band?
Tutte e due le band sono grandi, sono ispiratrici. Ho visto l’Eurovision l’anno scorso, ma anche prima si sentiva questo cambiamento nella competizione, a suo modo più serio. Non solo artisti divertenti e buffi. L’Eurovision è sempre stato incentrato su “good vibes” e divertirsi, ma in qualche modo negli ultimi anni si è inserita una componente più seria.
La nostra band era più su un lato melancolico, penso che l’Eurovision sia cambiato molto per noi. Ora ci sentiamo più adatti. Non dico che vent’anni fa non l’avremmo fatto, ma dopo tutti questi anni in cui abbiamo suonato insieme penso sia una grande cosa da fare, a questo punto della nostra carriera.
Abbiamo fatto un sacco di grandi cose insieme, ma questo è qualcosa che ci mancava.
Cosa significa per voi tornare a suonare in Italia? Che ruolo ha giocato il fatto che l’Eurovision si svolga in Italia nella vostra decisione di provarci?
Abbiamo suonato in Italia molte volte, a Milano, a Roma, a Reggio Emilia. Non siamo però mai stati a Torino, sarà molto bello, staremo due settimane lì, saremo molto occupati, ma avremo anche tempo di esplorare la città.
Una cosa interessante è che il nostro bass player ha vissuto nel nord Italia, vicino Torino, per tre anni. Potremmo andare dalle sue parti se abbiamo tempo. Amiamo l’Italia. La rispetto tantissimo. Quando smetterò, andrò a vivere lì. When I’m sixty-four!
Il titolo di “Jezebel” viene dal personaggio della Bibbia. Quanto la sua storia s’inserisce nella canzone?
Ci ha più che altro dato il titolo, l’ispirazione. Viene dal personaggio della Bibbia, ma per noi Jezebel è più che altro una donna forte, indipendente, che prende il controllo della sua vita, a cui non gliene frega niente (doesn’t give a **** nell’originale, N.d.R.) di quello che dicono di lei. Quindi è in sostanza una raffigurazione della donna forte.
Ringraziamo Lauri Ylönen per il tempo che ci ha dedicato. Ritroveremo l’intera band in apertura della seconda semifinale il 12 maggio alle ore 21 (in diretta su Rai1), dove l’Italia non avrà diritto di voto.
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