Intervista a Stig Karlsen, capodelegazione della Norvegia all’Eurovision
Con sette top10 e nove qualificazioni in finale nelle ultime 10 partecipazioni, la Norvegia è indubbiamente una delle nazioni più di successo della storia recente dell’Eurovision Song Contest.
Spesso a fondo classifica durante un po’ tutto lo scorso millennio – gli undici ultimi posti in finale, di cui quattro “nul points”, sono tuttora due record negativi imbattuti – la nazione scandinava ha vissuto un’inversione di tendenza a partire dai primi Duemila, con il brand Eurovision che è accresciuto enormemente in popolarità fino alla vittoria di Alexander Rybak nel 2009 e si è mantenuto sulla breccia fino ai giorni nostri, con il recentissimo quinto posto raccolto a Liverpool dall’italo-norvegese Alessandra Mele con Queen of Kings.
Uno degli elementi fondanti di questo interesse è il Melodi Grand Prix, festival musicale organizzato dal broadcaster NRK (Norsk rikskringkasting AS) fin dal 1960 ed espressione della rappresentante norvegese in ogni sua partecipazione tranne il 1991 (quando fu selezionato internamente il gruppo Just 4 Fun con il brano Mrs. Thompson, che si classificò al 17° posto nell’edizione di Roma).
L’edizione 2020 del MGP, con la quale si celebrava il 60° anniversario dalla prima partecipazione della Norvegia all’Eurovision, ha visto un totale rinnovo del format che dopo sei anni a finale unica è tornato a ospitare cinque semifinali (ognuna delle quali qualificava un artista alla finalissima, dove aspettavano cinque brani ammessi di diritto per ragioni artistiche).
Nel 2021 e 2022 la selezione è stata confermata con le stesse modalità, aggiungendo un round di ripescaggio (“Siste Sjansen“, ultima chance) che ripescava un solo brano tra tutti gli eliminati delle semifinali. Ulteriori cambiamenti sono stati effettuati nel 2023, con l’eliminazione dei pre-qualificati, la riduzione del format a sole tre semifinali da sette canzoni ciascuna e l’istituzione di un nuovo meccanismo di voto per la finalissima (decisa al 50% dal voto via app del pubblico norvegese e al 50% da una giuria internazionale di dieci paesi).
I risultati non sono tardati ad arrivare: lo show ha cominciato a vivere una seconda popolarità dopo la stagnazione degli anni Dieci, tornando a risultati importanti sia per quanto riguarda lo share (le rilevazioni indicano un pubblico di 977.000 unità per quanto riguarda l’edizione 2023, numeri considerevoli se pensiamo che la popolazione norvegese ammonta a meno di 5 milioni e mezzo di abitanti) sia per il riscontro commerciale dei brani.
Le ultime tre vincitrici hanno totalizzato più di 25 milioni di streaming su Spotify: 52,5 milioni per Queen Of Kings di Alessandra Mele (2023), 32,8 milioni per Give That Wolf A Banana dei Subwoolfer (2022), 28,4 milioni per Fallen Angel di TIX (2021), a cui si aggiunge anche il successo di altri brani che non hanno conquistato il titolo, e quindi ricevuto la spinta internazionale dell’Eurovision (14,2 milioni per Monument dei KEiiNO nel 2021, 9,3 milioni per Ekko inni meg di JONE nel 2023, 8,8 milioni per Wild di Raylee nel 2020).
Indubbiamente il principale artefice di questo successo è Stig Karlsen, 49enne giornalista e produttore televisivo che dal 2015 svolge la funzione di capoprogetto al MGP (di cui gestisce anche in prima persona la scelta dei brani in concorso) e dal 2016 ricopre il ruolo di capodelegazione norvegese all’Eurovision.
Karlsen, che vanta una carriera quasi trentennale al servizio di NRK come produttore di show prevalentemente musicali (ma anche di classiche serate di premiazione come l’Idrettsgallaen, il galà annuale delle stelle dello sport norvegese, o il Nobel Fredspriskonsert, il concerto di musica leggera che segue l’assegnazione del Premio Nobel per la Pace), ha totalmente rivoluzionato l’impianto del festival cercando di trovare un equilibrio tra la qualità e l’unicità musicale dei brani proposti e l’appeal televisivo degli stessi, fondamentale per presentare un “pacchetto” in grado di colpire occhi ed orecchie del pubblico fin dal primissimo ascolto.
Una importante innovazione in tal senso è stata la scelta dichiarata di collaborare a stretto contatto con dei songwriting camp organizzati da diversi studi di produzione, dove artisti, compositori e produttori provenienti da tutta la Scandinavia uniscono le loro forze per scrivere brani da presentare al Melodi Grand Prix.
A differenza di ciò che avviene in altre nazioni, questi campi sono aperti a chiunque voglia prendere parte al processo di scrittura e Karlsen stesso interviene per dare indicazioni su come adattare la propria scrittura musicale al contesto di uno show televisivo. Gli artisti presenti vengono quindi divisi in “squadre”, mandati in studio di registrazione per scrivere e comporre nuove canzoni per poi concludere la giornata con delle sessioni di ascolto collettivo dove viene dato un primo feedback ai brani proposti.
Tre sono gli studi di produzione attualmente affiliati a NRK per l’organizzazione di questi MGP camps: The Woods, con base nel villaggio di Rena e gestito da Carl-Henrik Wahl (la persona che si celava dietro gli abiti del DJ Astronaut, il terzo membro dei Subwoolfer), Jonas Holteberg Jensen e Torgeir Ryssevik; Fjord Music, con base a Oslo e gestito da Morten Franck; Arctic Rights, casa discografica anch’essa di base a Oslo e che vanta nel proprio roster di artisti Elsie Bay, Ben Adams e il compositore Ronny Janssen.
Tutti nomi che abbiamo imparato a conoscere seguendo il Melodi Grand Prix e che hanno portato collettivamente ben dieci canzoni sul palco dell’ultima edizione: 5 per Arctic Rights, 3 per The Woods, 2 (inclusa la vincitrice) per Fjord Music.
A poche ore dalla finalissima dell’Eurovision 2023, abbiamo raggiunto Stig Karlsen presso il centro conferenze della Liverpool Arena per farci raccontare di più sul processo che porta a coniugare musica e televisione nel creare canzoni per il MGP, sul suo doppio ruolo di produttore esecutivo di una finale nazionale e capodelegazione all’Eurovision e sulla partecipazione di Alessandra Mele come rappresentante norvegese.
Molti dei nostri lettori probabilmente ti conoscono già, ma potresti raccontarci a parole tue chi sei e il ruolo che ricopri?
Sono un produttore televisivo e anche un grande appassionato di musica. Penso di avere il miglior lavoro del mondo come responsabile della parte di A&R (“Artists and Repertoire”, artisti e repertorio), se posso chiamarmi così, del Melodi Grand Prix, di cui sono ormai da diversi anni il produttore esecutivo.
Inoltre ricopro il ruolo di capodelegazione della Norvegia all’Eurovision… sono un bel po’ di titoli, ma mi diverto un sacco e ha tutto a che fare con la musica e la produzione televisiva. Questa è la mia vita.
Hai ottenuto il ruolo di produttore esecutivo del MGP nel 2016, guidando il suo revival dalla cosiddetta “edizione giubilare” del 2020 – con cui NRK ha celebrato i 60 anni dal debutto della Norvegia all’Eurovision – e riportandolo ad essere un format di più serate con semifinali e finale. Come si è concretizzata questa visione e quanto è stato difficile portarla avanti nel bel mezzo di una pandemia globale?
Tutti hanno dovuto fare del loro meglio durante la pandemia e la cosa buona è che siamo riusciti a realizzarlo. Gli artisti non avevano la possibilità di uscire, fare concerti ed altri eventi, ma noi potevamo comunque realizzare programmi TV… potevamo essere l’unica opportunità di unire le persone e fare loro passare del tempo insieme, quindi abbiamo pensato che fosse estremamente importante riuscire a produrre il MGP in quel periodo.
E i risultati vi hanno dato ragione, perché l’edizione 2021 – quella più condizionata dalla pandemia – ha ottenuto il miglior dato di ascolti degli ultimi anni (1.110.000 spettatori durante la serata finale, per uno share del 67.1%)…
Ovviamente! (ride) Le persone non potevano andare al bar, al ristorante o a vedere un concerto, per cui… il MGP fa sempre ottimi ascolti, ma chiaramente quella era un’occasione speciale dove tutti dovevano stare a casa. Avrebbero potuto guardare Netflix, HBO o passare del tempo su TikTok, ma tantissime persone hanno scelto di guardare il MGP e questa è una cosa buona.
Il successo recente del MGP è dipeso in larga parte da dei songwriting camp, dove compositori da tutta la Norvegia e dall’estero uniscono le forze per scrivere canzoni create apposta per la selezione. Gli ultimi due brani vincitori del MGP, Give That Wolf A Banana e Queen Of Kings, sono nati proprio in questi camp. Puoi spiegarci come funziona il processo e come ti sei trovato a prenderci parte in prima persona?
Sai, ci sono tanti artisti, gruppi e produttori che per mentalità sono abituati a scrivere musica fatta per essere ascoltata, che sia in radio o su Spotify. Ma il MGP è un format televisivo, certamente è un festival musicale, ma allo stesso tempo è una gara di performance fatte per essere guardate e che uniscono la musica a ciò che accade sul palco.
Il mio ruolo in questi camp è di cercare di spiegare agli artisti, ai compositori e ai produttori come funziona il format: per questo motivo gli parlo della grandezza dell’Eurovision e del Melodi Grand Prix, così che capiscano quanto importante sia questa opportunità e quanto sia qualcosa che devono cogliere al volo. E do loro un po’ di consigli da seguire su come scrivere le canzoni ideali per la competizione, gli mostro videoclip, gli faccio ascoltare della musica, insomma incomincio la giornata con una sorta di lezione su come abbinare e adattare la loro scrittura musicale al contesto dell’Eurovision.
E capita che mi raccontino che quello che ho detto loro li ha spinti a scrivere qualcosa di diverso, perché li ho incoraggiati a “pensare visivamente” quando cominciano a comporre. Sia a livello di produzione che di strumentazione, devono davvero sforzarsi di pensare in un modo nuovo e capire le dinamiche della produzione televisiva, e il mio compito è quello di dare loro una sorta di corso intensivo in tal senso.
La presentazione che mostri all’inizio di ogni camp ai nuovi partecipanti spiega che la perfetta canzone da MGP può essere di qualsiasi genere musicale e deve essere unica, differente e soprattutto “fatta per la televisione”. Che caratteristiche deve avere una canzone per avere l’appeal televisivo che cerchi?
Penso che il pubblico di oggi sia particolarmente sgamato, non vogliono soltanto musica pop generica, vogliono essere “sfidati” da qualcosa di nuovo e diverso. Per cui penso che tu debba proporre una canzone che arrivi subito alle persone, perché la maggior parte di loro la sentirà per la prima volta al MGP o all’Eurovision, per cui dev’essere una canzone immediata e che arrivi al primo ascolto.
Ma allo stesso tempo devi trovare qualcosa che sia unico, per cui credo si debba trovare un equilibrio tra lo scrivere qualcosa di riconoscibile ma allo stesso tempo unico e in qualche modo fuori dagli schemi. E quando riesci a raggiungere questo equilibrio, vuol dire che sei sulla strada giusta per fare qualcosa di speciale, e… ovviamente ci sono tanti altri consigli, ma questo è il principale che mi sento di dare.
Capita più spesso che i cantanti partecipino al processo fin dall’inizio (partecipando ai camp e scrivendo una canzone modellata sul loro stile e personalità) o vengono cercati e abbinati alla canzone dopo che questa è stata scritta?
La risposta giusta è “entrambe le cose”, perché io per primo passo tanto tempo a cercare dei grandi artisti e li invito a partecipare. Ad esempio, sono stato io ad invitare Alessandra a uno di questi camp… lei era seduta nella prima fila dell’auditorium e faceva molte domande.
Ho subito pensato “lei è fantastica, lei vuole davvero fare questa cosa” ed è successo che è stata abbinata ad alcuni compositori pazzeschi e proprio quel giorno hanno scritto Queen Of Kings, dopo quella lezione.
Non sono io che ho scritto la canzone, ma sono stato io a portarli lì e spiegare loro come funziona tutto questo processo e questa cosa ha dato loro le fondamenta di cui avevano bisogno per scrivere quella canzone proprio quel giorno.
In un momento storico dove la popolarità dei talent show sta diminuendo, per quale motivo molti artisti di successo all’Eurovision continuano a provenire da lì? (Il MGP stesso ha coinvolto tanti talenti lanciati da programmi come The Voice: Norges beste stemme, da Ulrikke Brandstorp a Kristin Husøy alla stessa Alessandra).
Penso che sia perché questi talent show vogliono trovare i migliori cantanti ed artisti e hanno un volume di partecipanti molto alto perché ci sono tante puntate, moltissime persone sono coinvolte e se sei un artista e vuoi mostrare il tuo talento è facile che prima o poi tu provi a partecipare ad uno di questi programmi e che loro ti scelgano.
E in più è facile sceglierli per noi perché abbiamo già visto come possono esibirsi in televisione, per cui… Io cerco di trovare grandi artisti dappertutto, ma ovviamente guardo i talent show e ovviamente voglio i migliori cantanti che la Norvegia può offrire.
Qual è la tua risposta alle critiche di molti eurofan che sostengono che i songwriting camp “uccidono la creatività e l’autenticità” della musica, oltre a limitare la bolla di artisti e compositori che gareggiano all’Eurovision a un gruppo ristretto di persone?
Penso che sia importante cercare musica ovunque, ed è quello che faccio, ma le persone tendono a pensare che io mi serva soltanto dei camp perché è tutto ciò che vedono. Non vedono quanto tempo passo al telefono, o viaggiando da un luogo all’altro per parlare con qualcuno… ed è la cosa che io faccio maggiormente, i camp sono solo una delle tante cose che compongono ciò che faccio.
Penso che la comunicazione diretta tra artisti, compositori e produttori in questi camp è il motivo per cui le migliori canzoni vengono scritte lì, almeno per la maggior parte. E alle persone che dicono che è una fabbrica di musica, che non è “naturale”… Io non sono d’accordo. Portare delle persone di talento a collaborare insieme, stimolare la loro creatività e fare in modo che si divertano assieme… non capisco perché non sia una buona idea.
Certamente ci saranno delle canzoni stupende scritte a casa, da una persona con una chitarra o al pianoforte o che altro, ma… non mi interessa se le canzoni sono scritte in un camp o a casa tua, la cosa più importante è che siano delle belle canzoni. Penso che le persone comuni abbiano una visione romanticizzata di ciò che rappresenta lo scrivere musica, ma alla fine dei conti si tratta di stimolare la creatività di persone che aprono il loro cuore e chi se ne frega se lo fanno in un camp, o da soli a casa!
Quante canzoni ricevete in media ogni anno al MGP e come funziona il processo che vi porta a ottenere un cast di 21?
Abbiamo un bando di “open submission” aperto a tutti. Chiunque può mandare la propria canzone, ed è una bella cosa, ma devo ammettere che non ci sono tante canzoni valide che emergono da questo processo. Dal momento che invitiamo le persone a mandare le loro canzoni, abbiamo il dovere di ascoltare ogni canzone, ed è quello che facciamo. Passiamo un sacco di tempo ad ascoltare musica e non decidiamo soltanto in base al mio gusto personale o al gusto della mia squadra, la scelta è fatta in base alla qualità delle canzoni e degli artisti che le presentano.
Questo è il motivo per cui chiedo a tante persone di ascoltare le canzoni prima di compiere la scelta definitiva. Nella maggior parte dei casi ricevo una semplice conferma che quello che penso è giusto, ma a volte mi capita di scoprire una canzone perché certe persone mi raccontano che l’hanno sentita e gli piace e quindi per forza di cose quella canzone entra a far parte della selezione. Quindi abbiamo i camp, abbiamo il processo di iscrizione aperta e le canzoni che ci vengono consigliate.
Per cui non c’è un numero specifico?
No, riceviamo circa 1 000 canzoni all’anno. Naturalmente non è che facciamo una lista e votiamo tra tutte queste canzoni, ma il gruppo di ascolto si trova comunque a valutarne un bel numero.
Il format del MGP è cambiato quest’anno: sono stati eliminati i qualificati automatici, è stata aggiunta una giuria internazionale e l’iconico “guldduellen” (duello d’oro) è stato rimpiazzato da un nuovo metodo di annuncio dei voti dove ogni canzone in finale è rimasta in corsa fino all’ultimo. Sei soddisfatto di questi cambiamenti?
Sì, hanno funzionato molto bene. La reazione del pubblico e dei media è stata davvero buona, perché penso che quando hai duelli, ripescaggi e regole complicate le persone iniziano a chiedersi cosa stia succedendo, perché ci sia un’altra puntata e poi un’altra ancora e ad un certo punto è diventato troppo complicato per lo spettatore medio.
Chiaramente i fan non hanno problemi a seguire perché sono altamente interessati, ma c’erano così tante regole che abbiamo pensato di rendere il tutto più facile per fare in modo che tutti lo capissero. E in più volevamo che le persone fossero più coinvolte nella scelta, per cui abbiamo ridotto il numero di voti che si possono dare in una serata da tre a uno. Se hai tre voti da assegnare, come succedeva prima, può essere che ti piacciano diverse canzoni nel corso dello show e puoi permetterti di dividere i tuoi voti tra canzoni che non ti interessano poi così tanto. È più emozionante e coinvolgente se hai un solo voto da assegnare.
Pensi che potremmo tornare a vedere una serata di ripescaggio nel futuro del MGP?
Io penso che per tutti noi questa edizione sia stata un successo, quindi non credo che lo riproporremo, perlomeno non subito. Non si sa mai – io penso che il successo del MGP e di quello che facciamo è che cerchiamo di essere estremamente rispettosi delle tradizioni e dell’anima del programma, ma allo stesso tempo se vogliamo che sopravviva dobbiamo costantemente provare a migliorarlo e non avere paura di provare cose nuove… e inoltre cercare di fare tutto ciò che possiamo per renderlo interessante per i nostri spettatori più giovani, perché sono il nostro futuro e vogliamo che siano coinvolti e lo apprezzino. Il MGP è estremamente popolare con il pubblico giovane in Norvegia, battiamo il record di ascolti praticamente ogni anno e questo è davvero fantastico.
La stampa norvegese ha criticato e discusso molto la scelta di includere l’autotune nella produzione live delle performance del MGP. Cosa vuoi rispondere a chi dice che questa ed altre modifiche, come l’introduzione dei coristi pre-registrati, stanno rendendo il prodotto finale più “artificiale” e trasformando Eurovision e MGP in competizioni dove si canta sempre meno dal vivo?
Penso ci sia un errore di fondo, perché quando parliamo di autotune le persone pensano a quando prendi una persona che non sa cantare granché bene e la rendi una popstar, cosa che abbiamo visto accadere negli studi di registrazione. Ma il punto sull’autotune è che lo utilizziamo in un modo che lo rende solamente una piccola correzione… non possiamo prendere dei cantanti terribili e trasformarli in talenti nel modo in cui lo usiamo.
Ma le persone non capiscono davvero ciò che facciamo, per cui trovo difficile parlarne perché… i cantanti che prendono parte al MGP sono bravissimi, ma è un tema con cui dobbiamo confrontarci perché è lì che si trova l’industria musicale in questo momento. In ogni TV show, in ogni concerto a cui andate, ovunque c’è un po’ di autotune e se vogliamo competere con programmi come The Voice o Idol e le persone a casa guarderanno questi programmi e faranno dei confronti, è impossibile per noi emergere se non facciamo qualche piccola modifica.
Pensi che l’autotune verrà implementato anche all’Eurovision?
Sì, lo penso perché è lo standard attuale, è quello che l’industria musicale si aspetta di trovare in uno show televisivo con performance canore. Vedremo… non so se sarà l’anno prossimo, forse no, ma penso che accadrà in un futuro immediato.
La rappresentante della Norvegia quest’anno è l’italo-norvegese Alessandra Mele, con la canzone Queen Of Kings. Com’è stato lavorare con lei in questa spedizione eurovisiva?
È stato pazzesco e lo dico seriamente perché lei è una ragazza estremamente professionale. Ha solo 20 anni ma è così intelligente su tutti i fronti ed è davvero potente a livello di performance vocale. Inoltre è così grata di essere parte di tutto questo… è stato bellissimo, la sto supportando in ogni modo perché penso sia un’artista spettacolare ed è molto divertente passare del tempo con lei.
Mi fa molto ridere quando le chiedono se davvero si sente al 50% norvegese e al 50% italiana e risponde sempre “no, sono 100% norvegese e 100% italiana!”. Le percentuali non tornano!
Ci puoi dire qualcosa sulla canzone e su quale sia stata la tua prima reazione quando l’hai sentita? Ti aspettavi che fosse una forte candidata alla vittoria del MGP fin dall’inizio o ti è cresciuta col passare del tempo, come è successo a molte persone?
Allora, questo potrebbe essere il motivo per cui svolgo questo lavoro, perché la prima volta che l’ho sentita… non ti avrei detto quello che sto per dirti durante il MGP, perché c’era una gara in corso, ma ora posso dirtelo. Ho sempre saputo che questa canzone avrebbe vinto il MGP e sarebbe stata la rappresentante norvegese all’Eurovision, l’ho pensato da subito.
Ci sono stati dei problemi nel trasportare la vostra visione artistica dalla performance del MGP al palco dell’Eurovision?
Abbiamo alcune persone straordinarie che si occupano dell’intero processo. Ovviamente io dico la mia, ma abbiamo una squadra davvero pazzesca e penso che la cosa importante per noi è stata di concentrarci sulla forza di Alessandra e rendere l’intera esibizione molto pulita, senza strafare, perché ovviamente all’Eurovision vengono usati tanti effetti, fuochi d’artificio e cose varie, ma ci era subito sembrato che per emergere questa performance aveva bisogno di essere mantenuta più pulita e semplice possibile.
Ed è quello che abbiamo fatto al MGP e ovviamente abbiamo dovuto effettuare delle piccole variazioni, perché quando ti approcci a un palco più grande con luci e inquadrature diverse devi sempre fare un po’ di cambiamenti… ma quando era al MGP e le persone l’hanno votata ed amata, l’abbiamo preso come un segno che dovevamo crederci, capire il nostro pubblico, credere nel nostro prodotto e… perché stravolgere una performance che ha avuto un così grande successo?
La Norvegia ha vinto l’Eurovision nel 2009 per la terza volta, e da allora si è piazzata sei volte in top10 e ha ottenuto 11 qualificazioni alla finale in 13 tentativi. (NdA: l’intervista è stata effettuata prima della finale di quest’anno, dove Alessandra ha ottenuto un’ulteriore top10 e realizzato il miglior risultato per la Norvegia dal 2013 ad oggi). Con questo record, possiamo dire che avete la possibilità di vincere l’Eurovision in breve tempo! Siete pronti per organizzare di nuovo il contest e cosa vorresti cambiare nell’organizzazione in confronto al 2010?
L’Eurovision è uno show impressionante e ci sono così tante cose che mi rendono felice, ma ovviamente quando lo organizzi devi farti qualche domanda riguardo al format e magari pensare qualche idea nuova, per cui penso che non vedremmo l’ora di collaborare con l’EBU e tutti quanti. Se posso dire una cosa, penso che sarebbe davvero interessante provare a stravolgere il formato delle cartoline, perché penso ci siano dei modi per renderle principalmente un racconto degli artisti.
In questo momento sono cartoline vere, ci sono delle riprese spettacolari fatte coi droni, ma raccontano più la nazione che l’artista in gara. Forse vorrei avere la possibilità di portare un po’ di personalità in queste cartoline, ma per quanto l’Eurovision sia un format straordinario così com’è ovviamente ci sono sempre delle cose che vorresti cambiare e ridiscutere.
Nel 2010 l’Eurovision si è svolto alla Telenor Arena di Bærum (Oslo), ma le ultime tre finali del MGP si sono tenute allo Spektrum di Trondheim. A che punto è la discussione in Norvegia, vorreste tornare a fare l’Eurovision ad Oslo o cambiare? Ci sarebbe un bando aperto ad ogni città?
Sì, penso che sia molto importante avere un bando aperto così che comunità e città diverse possano presentare la loro proposta. Penso che sia il processo standard e quello che dovremmo avere anche noi. Ogni città dovrebbe essere libera di mostrare il proprio interesse e poi cercheremo di capire dove organizzarlo davvero.
Le nazioni nordiche sono famose per organizzare delle selezioni nazionali estremamente popolari (Melodifestivalen, Uuden Musiikin Kilpailu, Söngvakeppnin…). Come capodelegazione della Norvegia, qual è il tuo rapporto con i “fratelli” nordici? C’è qualche tipo di rivalità amichevole fra voi dietro le quinte e c’è qualcosa che ruberesti a una di queste selezioni a livello di produzione?
Abbiamo un rapporto molto bello, scambiamo informazioni e cerchiamo di imparare l’uno dall’altro. Ovviamente tutti conoscono il Melodifestivalen, sappiamo che investono un sacco di soldi nel loro show e… sono i numeri uno, sai, l’unica nazione che lo fa in quel modo. Per cui ovviamente siamo ispirati da loro, ma allo stesso tempo vedo che anche loro prendono spunto da noi (ride).
Non solo hanno preso spunti, ma anche determinate persone…
Cosa? Artisti norvegesi? Sì, anche loro (ride). Penso ci sia una sana competizione tra di noi, ma allo stesso tempo siamo molto aperti l’uno con l’altro, cerchiamo di aiutarci a vicenda. Non c’è solo competizione ma anche amicizia, siamo colleghi che imparano cose nuove dall’altro.
E sai, è la cosa più bella dell’Eurovision, che tu sia un fan o un membro di una delegazione, è una comunità di così tante nazioni e ci troviamo a provare le stesse emozioni, ad incoraggiarci a vicenda. Penso che all’Eurovision l’elemento di unione tra le nazioni sia più grande dell’aspetto competitivo, anche se a tutti piace la competizione ed è per quello che siamo qui. Unire le persone tramite la musica, specialmente in questo momento… è qualcosa che va oltre la competizione stessa.
Pensi che il MGP dovrebbe prendere spunto dal Festival di Sanremo o viceversa?
Forse un po’ entrambi? Ciò che mi sorprende è che Sanremo è uno show così lungo, e… penso che questa cosa abbia a che fare con il gap culturale fra Italia e Norvegia o qualcosa del genere, ma non penso che noi potremmo fare una cosa così, penso sarebbe difficile realizzare una cosa del genere in Norvegia. Ma allo stesso tempo Sanremo è dove è iniziato tutto, è il festival che ha ispirato la creazione dell’Eurovision, per cui… è una bella cosa su cui riflettere e mi piacerebbe davvero andare lì un giorno e viverlo di persona.
Qual è la parte preferita del tuo lavoro, sia come produttore del MGP che come capodelegazione norvegese?
Ovviamente, lavorare con artisti e compositori estremamente capaci e professionali. Penso sia una combinazione fra molte attività differenti, ma adoro la musica, per cui mi piace tantissimo passare del tempo con artisti, compositori e produttori e dico anche a loro che è la parte più importante del mio lavoro perché se non abbiamo la musica, non abbiamo nulla.
Ed è vero perché si tratta di uno show musicale, per cui dobbiamo avere i migliori cantanti, compositori e produttori, per cui direi che la mia parte preferita è scavare nell’industria musicale norvegese e provare a portare in gara le migliori canzoni e i migliori artisti.
Qual è il tuo ricordo preferito legato alla Norvegia all’Eurovision?
È una domanda difficile, ma sicuramente è pazzesco ciò che sto vivendo ora, perché Alessandra è uscita con la sua canzone ed è stata una hit enorme, sia in Norvegia che fuori, e quando hai successo con qualcosa, è un po’ la ragione per cui passi tanto tempo a lavorarci, per cui penso che questo con lei sia un momento davvero emozionante.
Se guardo indietro, direi che un altro momento pazzesco è stato partecipare con I Feed You My Love di Margaret Berger, e poi… sarebbe un’ovvietà parlare di Alexander Rybak, non c’ero quando ha vinto l’Eurovision nel 2009, ma ho avuto la possibilità di viaggiare con lui a Lisbona quando ha deciso di partecipare di nuovo. Ovviamente nel mondo dell’Eurovision Rybak è considerato una figura estremamente imporante, per cui vivere la manifestazione assieme a lui e soprattutto il caos attorno alla sua figura è stato emozionante e lo ricordo volentieri.
Per concludere, hai un messaggio per i nostri lettori italiani?
Certo! (ride) Penso sia davvero bello che l’Italia porti sempre brani di qualità all’Eurovision. Trovo che ogni anno o quasi le canzoni e gli artisti siano fortissimi, l’Italia è una delle nazioni più competitive all’Eurovision e cerco sempre di guardare all’Italia e a ciò che portate.
Personalmente sono un grande fan del rock, per cui i Måneskin sono stati qualcosa di speciale per me, voi sapete come sono esplosi e quanto grandi siano diventati grazie all’Eurovision, è pazzesco e in generale amo l’Italia perché è uno dei posti in cui preferisco viaggiare. Il cibo, le persone, la cultura, l’arte… è davvero una nazione meravigliosa e così bella da frequentare e visitare.
L’intervista è stata tradotta dall’inglese e redatta per ragioni di chiarezza ed esposizione. Grazie a Stig Karlsen, Camilla Sand e Vetle Nielsen per il tempo concesso e la disponibilità nell’organizzare e rispondere a questa intervista nel pieno culmine della settimana eurovisiva; grazie anche a Ruben Trasatti che ha aiutato nella stesura delle domande e curato la parte tecnica.
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