NO, eliminare il voto delle giurie dall’Eurovision non è una buona idea e vi spieghiamo il perché!
A una settimana dalla finale dell’Eurovision Song Contest 2023 non accennano a placarsi le polemiche sul risultato finale, che ha visto la Svezia conquistare una storica settima affermazione e Loreen laurearsi prima artista di genere femminile a vincere la manifestazione in due occasioni distinte.
Il risultato, che ha premiato Tattoo a seguito di una larghissima affermazione nel voto delle giurie e del secondo posto raccolto al televoto dietro la Finlandia, ha fatto discutere sia gli “eurofan” che gli spettatori occasionali dell’Eurovision.
La sconfitta di una canzone in grado di vincere la classifica del televoto con 376 punti totali (e 133 in più della prima inseguitrice) non è andata giù a molti, con la reazione viscerale e “di pancia” delle prime ore che ha portato in breve a lanci di strali contro l’EBU e la Svezia vincitrice, articoli e corsivi di fuoco, finanche petizioni che chiedono a una voce sola lo stesso provvedimento: completa abolizione delle giurie e ritorno a un Eurovision deciso al 100% dal televoto, come avvenuto da fine anni ’90 fino al 2009.
Tenendo sempre presente la legittimità di ogni punto di vista, i sette giorni trascorsi dalla finale di Liverpool danno la possibilità di una riflessione più ampia – se non altro per mettere in prospettiva un risultato storico e in qualche modo anche eccezionale – senza farsi prendere dall’adrenalina e dagli istinti provocati dal verdetto. E questa prospettiva necessariamente dovrà prescindere da parole come “complotto”, “furto” e finanche “scandalo”, evocate nelle prime ore con tanta leggerezza quasi a voler screditare e sminuire fin da subito la narrativa della vittoria svedese.
Quali fattori hanno portato all’affermazione di Loreen? Perché è arrivato un tale plebiscito dalle giurie nazionali in suo favore? Soprattutto, può l’Eurovision progredire e migliorare il proprio sistema di voto senza rinunciare del tutto alla componente che ha restituito al contest una dignità sia artistica che commerciale?
Proviamo a rispondere a tutte queste domande nella nostra analisi.
I nudi fatti raccontano quello che tutti sappiamo, e cioè che la Svezia ha vinto l’edizione 2023 dell’Eurovision Song Contest con 583 punti contro i 526 della Finlandia seconda classificata.
La classifica delle giurie ha premiato Loreen e Tattoo con 340 punti, quasi il doppio di seconda e terza (Israele e Italia, che hanno chiuso rispettivamente a 177 e 176) e addirittura 196 in più del finnico Käärijä, che con 150 punti ha chiuso la corsa al quarto posto.
Il televoto ha visto invece una convergenza quasi assoluta su Cha Cha Cha, prima con 376 punti (secondo miglior risultato di tutti i tempi dopo i 439 raccolti dall’Ucraina nel 2022) davanti ai 243 di Loreen e ai 216 della norvegese Alessandra Mele.
La prima riflessione è che se ogni edizione di Eurovision segue una sorta di canovaccio, che può andare dall’affermazione di una nazione sostenuta da giurie e televoto (Conchita Wurst 2014, Salvador Sobral 2017), dal televoto e non dalle giurie (Netta 2018, Måneskin 2021), o addirittura da nessuna delle due componenti (Jamala 2016, Duncan Laurence 2019) – il risultato dell’Eurovision 2023 non ha precedenti nelle 14 edizioni in cui il vincitore è stato deciso da un connubio di televoto e giurie.
Era già successo in tre diverse occasioni che il “vincitore del popolo” venisse sconfessato: ne fecero le spese i norvegesi KEiiNO nel 2019, primi al televoto ma retrocessi in sesta posizione finale da uno sciagurato 18° posto raccolto coi giurati. Lo stesso accadde nel 2016 a Sergey Lazarev, arrivato a Stoccolma come favoritissimo e dominatore del televoto con 361 punti; anche in questo caso subentrarono le giurie, che lo fermarono in quinta posizione e diedero all’Ucraina e a Jamala il vantaggio che bastava per strappare il titolo ai “vicini”.
La sorte più simile a quella di Käärijä toccò probabilmente all’Italia nel 2015: Il Volo e Grande amore vinsero il televoto con 366 punti, davanti alla Russia con 286 e alla Svezia con 279. Il plebiscito raccolto da Måns Zelmerlöw con i giurati (363 punti contro i 247 della Russia e i 184 dell’Italia), unito al meccanismo di voto di allora che sommava in un unico set di punti le classifiche di televoto e giuria, consentì poi il ribaltone in favore della nazione nordica.
Un risultato che sarebbe avvenuto anche con il format odierno, con la sola differenza che Grande amore avrebbe ricevuto l’argento invece del bronzo – e l’assegnazione dei punti, che anche televisivamente mette molto più in chiaro i rapporti di forza fra le due componenti del voto, avrebbe sicuramente sollevato un maggiore polverone specialmente da noi.
Non era però mai successo che nella stessa edizione dell’Eurovision due proposte differenti ottenessero un tale consenso in ciascuna delle due classifiche, con un distacco così importante da tutte le altre canzoni in gara.
Le proporzioni dell’affermazione di Käärijä in tutta Europa – appunto 376 punti, una media di 10.16 a nazione o se vogliamo dell’84,7% del punteggio massimo che avrebbe potuto ottenere – non possono ovviamente passare inosservate, anche perché un’espressione così chiara della “vincitrice” del pubblico si è avuta forse soltanto nel 2022 (affermazione particolare, quella degli ucraini Kalush Orchestra, perché avvenuta in circostanze legittime ma in ogni modo particolari).
Allo stesso modo Loreen ha messo d’accordo i giurati come pochissimi prima di lei: per Tattoo una media di 9.61 punti a nazione, con ben 15 set di “12 punti” e 8 “10 punti” su 36 giurie a disposizione.
Va specificato e messo in evidenza che tutte le nazioni in gara erano pienamente consapevoli del regolamento di questo Eurovision e del fatto che il vincitore sarebbe stato espresso al 50.4% dal televoto e al 49.6% dalle giurie internazionali (discrepanza dovuta all’aggiunta, per la prima volta nella storia, di un ulteriore set di punti assegnato dai votanti del Resto del Mondo).
Fin dal 22 novembre 2022, data in cui è stato ufficializzato il sistema di voto di Liverpool 2023 – con annessa modifica che per la prima volta dal 2009 escludeva le giurie dal computo delle semifinali – si sapeva che lo scopo del gioco, se così lo vogliamo chiamare, non era tanto di sfondare i record storici del consenso pubblico quanto di mettere in scena la proposta in grado di ottenere la più alta combinazione di punteggio fra televoto e giurati.
In questo, il piano di YLE (Yleisradio Oy, il broadcaster che sostiene la partecipazione della Finlandia all’Eurovision) è stato chiaro fin da subito: puntare tutte le fiches sul sostegno del pubblico e sperare che Loreen, la principale avversaria della vigilia, si dividesse i consensi delle giurie con Italia, Spagna e Francia.
La storia ci dice che a posteriori è stato un calcolo sbagliato, ma anche che in un’edizione con un voto delle giurie meno polarizzato su un’unica proposta questo piano avrebbe potuto benissimo funzionare e riportare i finlandesi in vittoria 17 anni dopo i Lordi.
Questo, unito all’onorevole quarta posizione e ai 150 punti che Cha Cha Cha ha ottenuto con le giurie (risultato oggettivamente oltre ogni previsione date le aspettative della vigilia), fa solamente onore al lavoro eccezionale svolto quest’anno da Annastiina Paavola e dal resto della delegazione – ormai tornata in pianta stabile tra le nazioni eurovisive più “temibili” dopo anni di anonimato e brutti risultati.
Di contro, gli svedesi di SVT (Sveriges Television) partivano consapevoli degli svantaggi di Tattoo in chiave televoto: brutto ordine di uscita (ulteriormente viziato dal doversi esibire subito dopo la pubblicità, in un segmento “ad hoc” per il tempo necessario a montare e smontare la scenografia), momentum del pubblico tutto in favore della Finlandia, grande concorrenza all’interno della finale in termini di genere e stile mentre Käärijä giocava in una corsia a sé stante.
Riuscire a mantenere un distacco da Käärijä al televoto inferiore rispetto a quello che Loreen poteva accumulare in positivo con le giurie è stato individuato fin da subito come l’obiettivo per arrivare alla vittoria e a conti fatti il risultato è stato tanto eccezionale quanto prevedibile.
Come altrettanto prevedibili, ora possiamo dirlo, erano le dimensioni del trionfo di Tattoo fra i giurati.
Il meccanismo delle giurie nazionali all’Eurovision come lo conosciamo prende piede nel 2009, come reazione dell’EBU al dominio sempre più evidente del voto di diaspora fra i paesi in competizione (in particolare le nazioni dell’est Europa, che avevano reso un vero e proprio monologo le edizioni di Helsinki 2007 e Belgrado 2008).
Come abbiamo già detto, dal 2009 al 2015 il voto delle giurie si combina con il televoto nel fornire un unico set di punti per ogni nazione, mentre da Stoccolma 2016 in poi si passa alla forma attuale con due set distinti (e due annunci divisi del risultato finale: le giurie attraverso il tradizionale fiume di collegamenti nazione per nazione in giro per l’Europa, il televoto in un unico “calderone” svelato dai conduttori a fine serata).
Ogni giuria nazionale è composta da cinque membri, scelti dal broadcaster della nazione corrispondente tra le figure che compongono il proprio panorama musicale (cantante, compositore, produttore, musicista, giornalista di settore). Gli unici requisiti chiesti ai giurati in concorso sono indipendenza, imparzialità di giudizio e mancanza di una connessione diretta sia con il broadcaster che rappresentano che con qualsiasi artista o autore dei brani in gara.
Rappresentando la giuria della propria nazione si perde il diritto a farne parte per le due edizioni successive, allo scopo di mantenere una sorta di alternanza di giudizio e vedute artistiche all’interno del panel.
Ufficialmente, i giurati sono chiamati a valutare le canzoni finaliste sotto i seguenti aspetti:
- Capacità vocali dell’artista
- Performance sul palco
- Composizione e originalità del brano
- Impressione complessiva lasciata dal numero
Va da sé che si tratta di quattro categorie altamente soggettive e che sono descritte in una forma così generica che ad ogni modo ciascun giurato può decidere di interpretarle come preferisce.
Chi segue l’Eurovision sa che le canzoni che tendono a fare bene con le giurie rientrano quasi sempre in una quinta dimensione che possiamo definire della “commerciabilità” del brano, sia essa legata a una vocalità importante (Marco Mengoni ne è stato l’esempio cardine proprio quest’anno), al potenziale radiofonico del brano (Sam Ryder 2022) o a una performance da star internazionale (Chanel 2022, Noa Kirel 2023).
Tendono invece a venire punite la sfera della “musica etnica” in tutte le sue sfumature, le proposte dichiaratamente legate a un gimmick e le performance vocali palesemente carenti.
È opinione diffusa pensare alle giurie come a un blocco monolitico che in qualche modo può controllare la gara alzando e abbassando a piacimento il punteggio di ogni canzone, quando in realtà si tratta di 185 professionisti che (almeno stando al regolamento che sottoscrivono) si impegnano a “seguire le istruzioni di voto ed esprimere la propria preferenza indipendentemente dagli altri”.
Il successo trasversale di Tattoo, brano in grado di fare incetta di punti da Est a Ovest venendo votato da tutti i paesi in gara (unico tra i 26 finalisti) e ottenendo almeno il 7° posto in ogni nazione, dimostra che di base la Svezia è riuscita a ricoprire la categoria della “commerciabilità” – se così la vogliamo chiamare – meglio di quasi qualsiasi proposta che l’abbia preceduta.
Era prevedibile immaginarsi un distacco tra Svezia e Finlandia simile a quello che si è manifestato nella realtà, proprio perché la Svezia ha dichiaratamente spinto su dei fattori in grado di attrarre enormemente le giurie e la Finlandia ha invece ignorato parte di essi per aumentare il proprio potenziale in chiave televoto (nella fattispecie lo switch dance/pop e l’esplosione arcobaleno dell’ultimo minuto di Cha Cha Cha, che all’occhio di uno spettatore non legato al fandom potevano richiamare uno dei tanti gimmick acts visti nelle ultime edizioni tanto più se uniti a una performance vocale perlomeno discutibile nella parte cantata).
A tutto questo vanno aggiunti altri due aspetti. In primis il riscontro delle agenzie di scommesse, che dal 25 febbraio (data della prima esibizione pubblica di Loreen e della vittoria di Käärijä alla selezione finlandese) hanno posto la Svezia come la favorita proibitiva alla vittoria e la Finlandia come prima alternativa, ma a distanza più che considerevole.
Una situazione che si è protratta fino al giorno della finale e che non ha concesso nessun cambio di narrativa, permettendo a Loreen di monopolizzare le attenzioni dei media, tanto più pensando al fatto che una sua vittoria avrebbe rappresentato la caduta dell’unicità di due primati del secolo scorso, ossia le 7 vittorie dell’Irlanda e le 2 di Johnny Logan come artista.
È inevitabile pensare che in qualche modo le giurie siano state influenzate da questa narrativa, in una dinamica che spesso vediamo in altri contest musicali e finanche nelle elezioni politiche.
“Saltare sul carro del vincitore” è abbastanza normale per chi si avvicina all’Eurovision da giurato e si informa su ciò che si sta accingendo a votare: tutto il mondo sa che la Svezia è candidata alla vittoria, ovvio che a livello inconscio essa venga trattata dalle giurie con un occhio di riguardo.
Una buona esibizione conferma l’idea che i giudici si sono fatti (“è favorita per un motivo!”) e porta a dei punteggi in media più alti di quelli che arriverebbero in una gara valutata a cieco completo.
Ma è pur vero che lo stesso discorso vale anche per la Finlandia, che in misura minore ha anch’essa beneficiato del suo ruolo di seconda favorita. Se Käärijä fosse arrivato a Liverpool in sordina, è ragionevole pensare che le giurie lo avrebbero sostenuto ancor meno di quanto è stato e che magari invece di 150 punti ne sarebbero arrivati 100. Se invece fosse riuscito ad avvicinare o superare il primo posto di Loreen nel gioco delle aspettative, può darsi che avrebbe potuto rosicchiare ulteriore vantaggio ed avvicinarsi ai ~205 punti che a posteriori gli sarebbero serviti per conquistare il microfono di cristallo.
Il secondo aspetto da tenere in mente è l’appeal che negli ultimi anni l’Eurovision ha ottenuto tramite Spotify e soprattutto TikTok, che hanno consentito al contest di rimanere rilevante e attrarre un pubblico sempre nuovo di spettatori in larga parte giovanissimi.
Il successo commerciale di brani come Arcade di Duncan Laurence, Space Man di Sam Ryder, Snap di Rosa Linn e in generale dei Måneskin come act di livello mondiale lanciato dall’Eurovision non può non avere influenzato i giudici nella ricerca della prossima hit che possa trascendere l’Eurovision e affermarsi nel panorama musicale globale.
E proprio per questo è abbastanza chiaro che il successo pre-contest di Tattoo, in grado di guadagnare già prima della settimana decisiva oltre 40 milioni di streaming su Spotify (dei quali l’86% veniva da fuori Svezia!) e un certo livello di popolarità anche su TikTok, abbia fatto la sua parte nel portare i giurati a propendere verso Tattoo piuttosto che da quella di Cha Cha Cha o delle sue altre dirette avversarie.
L’Eurovision Song Contest è bello perché non mette in campo solo canzoni, ma pacchetti completi di voce, musica, performance visiva e “racconto” che in molti casi vanno al di là del potenziale commerciale dei pezzi.
Eppure è altrettanto indiscutibile che stando ai primi risultati tangibili di questa edizione, la vittoria sembra aver individuato il cavallo giusto in tal senso (Tattoo ha già superato gli 80 milioni di streaming, battendo la “vincitrice del popolo” sotto praticamente ogni metrica ed entrando nelle classifiche singoli di oltre 20 nazioni).
Per chiudere questo tema, due parole rivolte a chi da anni invoca la presenza nelle giurie di sole personalità avulse dalla scena Eurovision e che quindi non si sarebbero fatte influenzare dalla popolarità di Loreen e dal suo status all’interno della “bolla” eurovisiva.
Solo tre giurie su 37 hanno piazzato la Finlandia sopra la Svezia e tutte e tre queste nazioni avevano in comune la presenza fra i cinque giurati di almeno tre componenti legati all’Eurovision:
- in Norvegia (12 punti alla Finlandia, 10 alla Svezia) avevamo JONE (Jonas Nes Steinset), 5° classificato al Melodi Grand Prix 2023 con Ekko inni meg; Emmy Guttulsrud Kristiansen, finalista al Melodi Grand Prix 2021 con Witch Woods; Raymond Enoksen, compositore del concept musicale e del tema dell’Eurovision Song Contest 2010.
- in Islanda (10 punti alla Finlandia, 7 alla Svezia) avevamo Sigurjón Örn Böðvarsson, 5° classificato al Söngvakeppnin 2018 come membro del gruppo Fókus e corista fisso per l’edizione 2023; Heiða Eiríksdóttir, in gara al Söngvakeppnin 2003, 2007 e 2008; Kristjana Stefánsdóttir, corista per l’Islanda all’Eurovision 2010 e membro della giuria islandese nel 2016;
- in Serbia (7 punti alla Finlandia, 5 alla Svezia) avevamo Konstrakta (Ana Đurić), 5° classificata all’Eurovision 2023 con In corpore sano; Sara Jo (Sara Jovanović), rappresentante serba all’Eurovision 2013 come membro del gruppo Let 3 con Ljubav je svuda e 2° al Pesma za Evrovizije ’22 con Muškarčina; Žika Zana (Zoran Živanović), musicista e già più volte membro della giuria della selezione serba.
Questo ovviamente non permette di trarre alcuna conclusione definitiva, ma sicuramente rafforza l’idea che la Finlandia sia stata spinta all’interno della bolla dei fan perlomeno quanto la Svezia e che comunque vada ampiamente ridimensionata l’idea che le giurie abbiano scelto di supportare Loreen per un mero fattore di “sudditanza psicologica”, fanatismo nei suoi confronti o come preferiamo chiamarlo (tanto più che la stessa giuria italiana, composta da personalità che con l’Eurovision hanno ben poco a che vedere, ha piazzato Tattoo al terzo posto e Cha Cha Cha al ventitreesimo su 25).
Il sistema si può cambiare e sicuramente migliorare, ma abbiamo abbastanza elementi per provare che con qualsiasi combinazione di giurati ed esperti musicali sarebbe verosimilmente arrivato lo stesso risultato.
E dunque, se l’abolizione delle giurie non è la strada da percorrere, quale può essere un’idea di riforma futura del regolamento che accontenti i fan defraudati dal mancato successo di Käärijä?
I cambi di regolamento “reazionari” sono estremamente pericolosi e rischiano di creare più problemi di quanti ne risolvano. Per i motivi descritti sopra, l’edizione 2023 ha prodotto un risultato eccezionale e non destinato a ripetersi (dovuto anche al livellamento verso il basso delle proposte in concorso, che hanno lasciato il campo aperto a Svezia e Finlandia come uniche due proposte credibili in chiave vittoria).
Voler rinunciare alle giurie, la cui implementazione ha permesso all’Eurovision di rimanere rilevante e attrarre artisti che fino al 2010 non avrebbero mai preso in considerazione l’idea di partecipare, per un solo risultato “contestato” – e che ricordiamo: ha premiato la seconda classificata per il televoto, non la dodicesima – è una reazione che in qualche modo sconfessa ciò che la manifestazione è diventata e l’indiscutibile credibilità costruita con fatica in quest’ultimo decennio.
Il televoto puro storicamente premia le proposte che meglio riescono a stimolare ciò che gli inglesi chiamano hive mind, o “coscienza collettiva”, colpendo gli istinti più immediati del telespettatore e spingendolo a porre determinati elementi (spesso visuali e legati alla sfera del gimmick) al di sopra della componente musicale della canzone.
Verka Serduchka quasi riuscì a sconfiggere Marija Šerifović nel 2007, idem le Buranovskiye Babushki contro Loreen nel 2012 (solo 11 punti di distacco al televoto tra Euphoria e Party For Everybody!).
In assenza dell’Ucraina, il pubblico non avrebbe assegnato la vittoria del 2022 a uno dei due “vincitori morali” per l’opinione pubblica (il britannico Sam Ryder e la spagnola Chanel, rispettivamente secondo e terza classificata) ma ai moldavi Zdob și Zdub & Advahov Brothers con Trenulețul, brano quasi dimenticato nel post-contest a livello di riscontro commerciale.
Rendere il campione dei giurati più rappresentativo della visione dei professionisti musicali europei è un obiettivo che si può e si deve perseguire, a prescindere dal risultato di questa edizione. Una soluzione potrebbe essere quella di aumentare il numero di componenti di ogni giuria, ma necessita di uno sforzo importante da parte di tutti i broadcaster in gara, specialmente i più piccoli.
Arrivare a 7 o 9 elementi per nazione, con scarto del risultato più alto e più basso per ogni brano in gara (come avviene ad esempio, con le dovute differenze, in tanti sport dove il risultato è deciso esclusivamente da una giuria) potrebbe sicuramente contribuire a ridurre la possibilità di penalizzazioni strategiche – concordate o meno – e ad evitare che un singolo ultimo posto infici il risultato di un brano valutato positivamente dagli altri giudici, eventualità già coperta dall’attuale calcolo della top10 tramite una funzione esponenziale.
In ogni caso, nessuna modifica sostanziale all’impianto delle giurie (salvo una variazione del sistema dei pesi, che avrebbe permesso una vittoria al fotofinish della Finlandia se le giurie fossero valse – ipotesi – per il 40%) avrebbe portato a un risultato differente e in qualche modo “più giusto” nella rappresentazione del gusto di entrambe le componenti.
In nessuna giuria tra quelle che hanno dato 0 punti alla Finlandia è bastato un singolo giurato a sovvertire il volere degli altri quattro. Generalmente, le giurie sfavorevoli a Cha Cha Cha hanno sostenuto il loro giudizio in maniera unanime.
Il format dell’Eurovision ha ovviamente bisogno di modifiche e correzioni per restare rilevante, ma allo stesso tempo forse serve anche l’onestà intellettuale di fan e appassionati nell’ammettere che, se vogliamo considerare il campione dei giurati rappresentativo della funzione che diamo loro ormai da 15 anni, questi hanno preferito Loreen a Käärijä in misura maggiore di quanto il televoto abbia spinto nella direzione opposta.
E basterebbe questo, date le regole del contest che tutti conoscevano fin dal principio, a legittimare il risultato di questo Eurovision 2023 e la vittoria svedese.
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Effetto trainante della vittoria. Mai nessuna canzone vincitrice non ha ottenuto successo immediato. Il problema piuttosto è che il fenomeno si smonta velocemente, soprattutto perchè le canzoni sono “confezionate” (termine più azzeccato non esiste) con l”intelligenza artificiale” , e in questo ai Paesi nordici va riconosciuta grande maestria ed arte. Se “Euphoria” è stata una euforia , “tatoo” è stata una ripetitiva ricerca di trucchetti e stacchetti vocali e musicali. Forse non sarebbe meglio chiamarlo “Eurovision show contest”?
Mamma mia quante cretinate si devono leggere. Intanto segnali annate che non sono minimamente paragonabili con le attuali, come il 1991. Poi sostenere che una canzone vecchia e noiosa come Grande Amore de Il Volo fosse migliore di quella di Mans Zermelow, la dice lunga… p.s. Martin Osterdahl è stato dal 2012 al 2018 membro del Reference Group, uno che conosce bene l’Eurovision e probabilmente la migliore persone in quel momento disponibile per quel ruolo. E sicuramente meglio che metterci un italiano che vorrebbe trasformare l’Eurovision in una estensione di Sanremo.
Ma, ho capito ma vi ricordo che la Loren non si è beccato neanche un 12 pu ti dal televoto, invade in altri casi anche in caso i messa in scaletta svantaggevole hanno beccato i 12 punti.
Poi mi sulle giurie, io ridurrei il peso. Farei un sistema di voto 1-2-3-4-5-7 per le giurie, e il classico 1-8,10,12 per il televoto
Forse eliminare completamente il voto delle giurie non sarebbe corretto. Ma ridimensionarne il peso questo si. Ad esempio mantenendo sempre lo stesso meccanismo di voto separato tra giurie e pubblico. Ma in fase di assegnazione dei punti attribuire il 50% (o altra percentuale) in più ai voti del pubblico questo si potrebbe fare. Se ad esempio una nazione con l’attuale sistema di votazione ottenesse 80 punti , poi in fase di assegnazione si attribuirebbero alla stessa nazione 80+40 = 120 , Del resto a decretare il successo di vendita di una canzone è sempre il pubblico pagante. E non certo la supposta competenza delle giurie.
Eppure fino ad ora Loreen sta vendendo e andando meglio nelle varie classifiche di tutti gli altri partecipanti.
Grazie della lunga spiegazione. Ma rimane il fatto che la Svezia sia sempre e costantemente premiata dalle giurie in presenza di un’altra canzone più popolare. 1991 ha vinto Karola contro Amina. 2015 lo scempio di Mans Zermelow contro Il Volo. Ora Loreen. Si sa che se mandi a cantare Loreen vuoi distruggere la gara. Come se la RAI rimandasse ogni anno i Måneskin. Comunque il fatto che dal 2004 l’executive supervisor sia nordico, prima Svante Stockelius (svedese), poi Jon Ola Sand (norvegese), ora Martin Osterdahl (svedese) deve finire. I nordici monopolizzano troppo l’Eurovision.