Sanremo 2024: Il Volo, l’Eurovision 2015 e quella notte a Vienna
Vienna, 23 maggio 2015. Erano passate da poco le 23. Oltre quattro milioni e mezzo di persone erano sintonizzate su Rai2. A cantare all’Eurovision Song Contest 2015, alla Wiener Stadthalle, per ventisettesimi, da portacolori dell’Italia, c’erano tre uomini.
I loro nomi erano, e sono, Piero Barone, Ignazio Boschetto e Gianluca Ginoble. Insieme, sono Il Volo. La canzone, già trionfatrice al Festival di Sanremo, era ed è “Grande amore”.
Il Volo: l’inizio della carriera
Flashback. L’arrivare a questo stato delle cose non fu scontato. Innanzitutto perché, fin quasi ad allora, il nome de Il Volo era soprattutto associato alla grande fama estera. Dopo averli visti, prima separatamente e poi uniti, a Ti lascio una canzone, Michele Torpedine ebbe l’intuizione di portarli sotto la sua ala e, poi, di farli firmare con la Geffen Records negli USA. Risultato: una valanga di dischi d’oro e di platino in mezzo mondo interpretando i classici della musica italiana nell’omonimo album d’esordio.
Diversamente, il successivo “We are love” (noto anche come “Mas que amor” nei Paesi di lingua spagnola) ebbe successo soprattutto in America latina. Nel frattempo era accaduto di tutto: nomination ai Latin Grammy Awards, esibizioni con Barbra Streisand, le tournée all’estero. Ma mancava un pezzo, per certa misura: l’Italia.
Sanremo 2015, Il Volo e non solo
Quel pezzo venne colmato nel 2015. La prima serata del Festival di Sanremo, il primo a conduzione Carlo Conti, aveva visto Nek riprendersi la sua scena con “Fatti avanti amore”, ma la seconda vide entrare in scena il “Grande amore” de Il Volo. Subito la platea apprezzò, e lo dimostrò alzandosi in piedi. Si capì subito che la lotta era a due. A Filippo Neviani andò la serata cover con la reinterpretazione di “Se telefonando”, al trio vocale arrise il successo finale.
Quell’anno, il regolamento del Festival aveva inserito un’importante clausola al suo interno. Dopo che, nel 2014, era stata tentata (e mai più riproposta, almeno finora) la strada della scelta interna, in quest’occasione fu sostanzialmente legata la vittoria a Sanremo alla partecipazione all’Eurovision. Il Volo accettarono: fu rapidamente risolta la questione di “Grande amore” come canzone in gara alla Wiener Stadthalle.
Non va neppure dimenticato, di quel Festival, un altro momento importante: vi si esibì Conchita Wurst, che nel 2014 aveva sbancato Copenaghen con “Rise like a phoenix“, in una delle esibizioni rimaste maggiormente, e giustamente, nella storia del concorso. Cantò “Heroes”, il suo nuovo singolo, poco dopo mezzanotte. L’attesero quasi otto milioni di persone. Quegli stessi otto milioni che videro Conti commettere un errore madornale: “Tom, che voce”. Conchita, infatti, si chiama Tom (Thomas) Neuwirth all’anagrafe. Solo che, sul palco, non vuole quel nome.
Con Il Volo l’Italia schizzò subito in testa alle preferenze per le agenzie di scommesse, anche se qualche settimana più tardi fu la Svezia a prendere in questo senso il comando con un’altra “Heroes“, quella di Måns Zelmerlöw. Passarono così le settimane, e nel frattempo il trio vocale spostò il concerto all’Arena di Verona previsto proprio nei giorni della finale viennese. Parallelamente uscì la versione accorciata a 3 minuti di “Grande amore”, che sacrificò forzatamente la parte successiva al primo ritornello eseguita da Gianluca Ginoble.
Volevano lanciare un bell’impatto emozionale, i tre artisti (che è improprio chiamare tutti tenori, perché Ginoble è baritono e, oltretutto, gli altri due hanno anche timbri tenorili diversi: lo confermarono nelle interviste e fecero anche capire di voler dare un’ulteriore spinta a quella che è la grande tradizione musicale italiana nel mondo.
Nella preparazione, inoltre, ebbero anche la possibilità di girare una bella cartolina. Quell’anno il tema era di andare a Vienna attraverso un tipo di ambientazione diversa: nel loro caso, la scelta ricadde sul basket. Anzi, sul basket in carrozzina, una tra le discipline paralimpiche più conosciute. Un insieme di più messaggi insieme, in piena linea col tema “Building Bridges” dell’edizione, uno dei più azzeccati di sempre in un tempo che già di facile aveva poco.
Il Volo: l’Eurovision di Vienna 2015
Piero, Ignazio e Gianluca furono subito molto ricercati all’arrivo a Vienna. Lo furono tanto sul red carpet quanto nelle interviste, ma anche dagli artisti stessi. Furono davvero tante le foto pubblicate in ogni dove. E loro riuscirono, in buona sostanza, a inserirsi bene nel contesto eurovisivo.
Un segnale particolare fu dato dalla conferenza stampa successiva alle prime prove: i tre si mostrarono rilassati, probabilmente perché avevano a che fare con persone che, per buona misura, avevano un’età non lontana dalla loro, il che indubbiamente giocava ad ampio favore per possibilità di comprendersi. Spuntò anche un frammento di “Siamo uguali” di Lorenzo Fragola, in gara a Sanremo quell’anno.
Frattanto, in Rai stava succedendo di tutto. La finale di Coppa Italia anticipata a mercoledì 20 a causa della sopraggiunta qualificazione della Juventus alla finale di Champions League causò un terremoto di programmazione. The Voice of Italy fu spostato su Rai2 e, contemporaneamente, la diretta della prima semifinale fu spostata in differita al mercoledì sera in seconda serata. Piccolo problema: era su Rai4, e non si vedeva dunque il reale motivo di una simile decisione. Risultato: gli italiani migrarono in massa su San Marino Rtv.
Risultato: The Voice fu boicottato da molti telespettatori (anche a suon di tweet di protesta con l’hashtag #BoicottiamoTheVoice) e finì sotto i due milioni, mentre la seconda semifinale dell’Eurovision, quella di due giorni dopo, arrivò vicinissima a una media di quasi 800.000 spettatori con punte di oltre un milione.
Un risultato che, per un canale come Rai 4, aveva del clamoroso. E, finché le semifinali dell’Eurovision sono rimaste lì (cioè fino al 2021), è rimasto nettamente il dato d’ascolto migliore.
27 è un numero particolare nella simbologia italiana. Fu portato per anni in giro dalle Ferrari in F1, prima del cambio di regole sui numeri. Quell’anno l’Eurovision sperimentò l’unica finale a 27 della propria storia (almeno fino ad oggi).
Il Volo arrivarono subito dopo Elhaida Dani, in gara per l’Albania, in una curiosa connection italiana, dal momento che lei fu la prima vincitrice di The Voice of Italy. In quel momento, nessun programma in Italia era più visto dell’Eurovision.
Furono minuti in cui, per la prima volta, la reale sensazione di potercela fare sembrava esserci. Soprattutto quando partì l’ultimo acuto, la nota simbolo di Ignazio, a chiusura ideale di uno show semplice eppure di fortissimo impatto.
Nelle votazioni in molti speravano in una potenziale vittoria italiana, ma ci si dovette accontentare di un ottimo terzo posto, con la Svezia prima (con Heroes di Måns Zelmerlöw), seguita dalla Russia con Polina Gagarina. Furono le giurie a determinare il successo, quei 365 punti contro i 303 di “A million voices” e i 292 de Il Volo, al tempo miglior dato italiano di sempre.
In sostanza, a conti fatti, per le giurie la Svezia aveva ottenuto 363 punti, l’Italia 184; per il televoto, invece, Italia a quota 366 e Svezia a 279. Dall’anno successivo cambiò il sistema di conteggio dei punti (somma e non più, per farla breve, media). Ma, all’atto pratico, più de Il Volo al televoto hanno preso solo Alexander Rybak nel 2009, Salvador Sobral nel 2017, Käärijä nel 2023. E proprio il finlandese avrebbe subito un destino simile rispetto a quello del trio italiano.
Fu così che, nei giorni successivi, si passò dalla tanta amarezza italiana per quanto accaduto al fatto che, comunque, l’Eurovision aveva fatto un enorme balzo in fatto di popolarità. Su Rai2 si erano sintonizzati 3.292.000 spettatori di media, con punte abbondantemente superiori ai quattro milioni e mezzo già citati. Fu il trampolino di lancio che spinse a portare l’Eurovision su Rai 1 dall’anno successivo.
Di quell’Eurovision restano, per Il Volo, testimonianze raccontate nel primo dei loro due libri, “Un’avventura straordinaria”. Ma, tra Europa e Sanremo, quel viaggio non è finito. Innanzitutto perché, in coda al 2015, una soddisfazione ci fu: vincere il Press Award (il premio della sala stampa, in sostanza) all’interno dei Marcel Bezençon Awards.
Dopo di loro ci sarebbe riuscito Francesco Gabbani nel 2017, con Mahmood nel 2019 e Marco Mengoni nel 2023 a conquistare invece il Composer Award.
Il Volo: Sanremo 2019, Eurovision 2022
2019: al Festival, per festeggiare dieci anni (e concerti nei cinque continenti) di carriera, il trio vocale torna. La canzone è “Musica che resta”, eseguita anche con Alessandro Quarta nella serata duetti. Stavolta, però, la concorrenza fu totale nonostante la forza al televoto: si trovarono con Ultimo e Mahmood alla finale a tre. Di lì, la storia è nota: Il Volo, proclamati terzi, sorrisero e ringraziarono.
Poi venne l’annuncio di Claudio Baglioni: primo Mahmood, secondo Ultimo e terzo posto per Il Volo.
Infine, nel 2022, il ritorno sul palco dell’Eurovision, a dimostrazione del fatto che lo hanno ancora impresso positivamente in testa. Niente gara, stavolta: l’esibizione fu quella da interval act della seconda semifinale. Ma, il giorno prima, scoppiò il caso: Gianluca aveva contratto il Covid-19.
Le prove del mercoledì furono allungate e si trovò una soluzione: il baritono in scena dalla sua stanza d’albergo, Piero e Ignazio dal vivo. Vollero confermare a tutti i costi la presenza, con la versione italo-inglese di “Grande amore” con arrangiamento di Enrico Melozzi. E portarono abilmente a casa una situazione complicatissima. E, ora, si ripresentano all’Ariston: stavolta gli anni di carriera sono 15.
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