Sanremo 2024: Ricchi e Poveri, memorie dell’Eurovision 1978
Della lista rilasciata da Amadeus nello scorso dicembre, i Ricchi e Poveri erano senz’altro tra i meno quotati per chance di essere chiamati al Festival di Sanremo 2024. Eppure è accaduto: ci saranno anche loro. Questo permette di riportare a un particolare anno della loro carriera.
Ricchi e Poveri: i primi Sanremo e l’avvicinamento all’Eurovision 1978
SI parla, nello specifico, del 1978, anno in cui l’allora quartetto si recò a Parigi per competere al Palais de Congrés. Fu quello uno degli ultimi anni in cui la gestione del concorso, in Francia, era in capo alla TF1, prima del passaggio ad Antenne 2 tra le vicende estremamente alterne del panorama televisivo d’Oltralpe.
A quel tempo la carriera della formazione composta da Angela Brambati, Angelo Sotgiu, Franco Gatti e Marina Occhiena era già ben avviata. Due secondi posti al Festival di Sanremo, nel 1970 con “La prima cosa bella” e nel 1971 con “Che sarà” (doppie esibizioni con Nicola Di Bari prima e Josè Feliciano poi), canzoni che hanno fatto la storia d’Italia nel mondo, e anche un quarto nel 1973 con “Dolce frutto“.
In quegli anni, però, di figure ne stavano emergendo parecchie. E, ai Ricchi e Poveri, un modo per rimanere sulla cresta dell’onda serviva. Erano anni di ricerca del riposizionamento, e non ci fu occasione migliore dell’Eurovision parigino. Non mancò la polemica, però.
Successe che, infatti, i Ricchi e Poveri incidevano per la Fonit Cetra: proprio la casa discografica della Rai. Questo mandò su tutte le furie alcuni discografici, in particolare la Ariston dei Matia Bazar, che benvolentieri avrebbero accettato l’impegno continentale dopo la vittoria a Sanremo con “…e dirsi ciao“. Vale la pena, comunque, ricordare che in quegli anni Sanremo stava uscendo da un periodo difficilissimo. Anzi, fu proprio quella l’unica edizione in cui due delle tre serate non furono mai trasmesse. Neanche in radio.
I ricordi di Angelo Sotgiu
Respinte al mittente tutte le accuse, e incassato anche il ruolo di favoriti secondo alcuni organi di stampa italiani, i quattro partirono alla volta di Parigi. Il come è raccontato da Angelo Sotgiu a Radio 105, in uno speciale del 2017, “Radio Festival for Europe”, precedente l’Eurovision di Kyiv cui partecipò Francesco Gabbani:
Era un periodo per noi molto indeciso sul cosa fare e non fare. Stavamo costruendoci il nostro futuro. Ci è capitata l’occasione di partecipare e per noi è stata una buonissima chance. E’ stato un momento un po’ difficile, ma anche felice. Difficile perché, per esempio, della Gran Bretagna erano in 24-25. Avevano 4-5 Rolls Royce a disposizione, persino il prete che ha fatto loro la messa prima della trasmissione. Erano molto attrezzati. Noi siamo andati e abbiamo avuto due persone al seguito. Siamo arrivati in albergo e non avevamo le camere, c’erano, ma non si sapeva quali fossero. Non c’era una buonissima organizzazione.
Sulla questione dei discografici che non li videro di buon occhio:
Possibilissimo. Non facevamo parte di quella casa discografica! La Fonit Cetra ci ha mandato come suoi rappresentanti. Le beghe tra case discografiche non c’interessavano, non era un nostro problema. So che noi ci siamo andati ed è stata un’esperienza positiva. “Questo amore” è stata la prima collaborazione che abbiamo avuto con Dario Farina, che poi ci ha regalato canzoni come “Sarà perché ti amo”, “Mamma Maria”, “Come vorrei“. A Parigi serate stupende, di grande atmosfera. L’inizio può essere cominciato da quell’Eurovision.
Circostanza confermata anche in “Good Evening Europe” di Emanuele Lombardini, sempre da Sotgiu:
Noi ci sentivamo orgogliosi di essere stati scelti, perché in fondo era un po’ come essere testimoni del proprio paese […] Avevamo una persona a rappresentare la nostra etichetta discografica e un’altra, un mio amico venuto da Torino, che ci dava una mano per la promozione del brano. Nessun altro. Avevamo proprio la sensazione che alla Rai di allora non importasse niente dell’Eurofestival. E ovviamente che non avessero alcuna intenzione. Gli altri erano sempre sotto le luci dei riflettori, rilasciavano interviste ai giornali, alle televisioni, a noi non si interessava nessuno. Mai rilasciata un’intervista a nessuno. Non c’era neanche nessuno che sottolineasse la nostra presenza, questo è chiaro.
Sulla scelta della canzone dichiararono:
Avevamo un po’ sentito le canzoni in concorso negli anni precedenti ed alla fine avevamo deciso che quella andava bene perché si inseriva bene nel contesto e perché comunque ci rappresentava. Il filone spiritoso, quello con “Sarà perché ti amo” è venuto dopo. Noi comunque eravamo quelli che avevano portato in concorso a Sanremo pezzi come “Che sarà”, “La prima cosa bella”, prodotti “seri” (non che le altre canzoni non lo siano state, ma è per dire che il tono era diverso). Avevamo un minimo di ambizione, perché comunque quando partecipi a queste manifestazioni, quando ti metti in gioco contro cantanti di altri Paesi speri sempre nell’occasione buona, che ci sia qualcuno che ti noti. Di vincere, no, questo non lo pensavamo, però magari speravamo che il brano potesse avere maggior successo. Invece niente, nemmeno all’estero.
Semplice e d’effetto la presentazione che dei Ricchi e Poveri fece sulla Rete 2 (allora Rai2) di Tullio Grazzini:
La canzone è ‘Questo amore’ di Sergio Bardotti, Dario Farina e Mauro Lusini. Arrivano secondi a Sanremo 1970 e 1971. Ecco le voci del gruppo che si apprestano a salire sul palcoscenico di questa 23a edizione. Direttore d’orchestra Nicola Samale.
Il quale Samale, peraltro, non aveva scritto gli arrangiamenti: quel ruolo era toccato a Toto Torquati, che li aveva curati per l’intero album comprensivo della canzone in gara.
Il risultato finale, come si è facilmente intuito, non rispettò le premesse di chi li voleva trionfatori. A vincere, infatti, fu Israele, con Izhar Cohen e gli Alphabeta in “A-ba-ni-bi”, fatto che causò, nei Paesi arabi, lo spegnimento del segnale durante il voting una volta compresa la direzione presa. Quanto ai Ricchi e Poveri, chiusero al 12° posto con 53 punti. Furono votati da 13 Paesi in gara su 19, per mezzo delle loro giurie, ma senza ricevere nessuna volta i 12 punti (al massimo 10 dall’Irlanda).
Si trattava già allora di un’edizione che, come si è compreso, cominciò a subire il disinteresse della Rai: la trasmissione fu effettuata, sulla citata Rete 2, con una differita di circa un’ora rispetto a quanto tutti stavano vedendo in quel momento in Europa. Una tendenza, questa, che si sarebbe ripetuta nel tempo per quasi tutti gli Anni ’80 e per le partecipazioni degli Anni ’90 esclusa l’organizzazione italiana del 1991.
Di “Questo amore”, uscita su disco in versione più lunga di quella eurovisiva, da 4’18”, uscì il 45 giri non soltanto in Italia, ma anche, con copertine diverse da quella italiana, in Francia, Portogallo, Spagna e Germania. Non ebbe particolare fortuna nelle classifiche italiane, ma ebbe una cover finlandese, quella dei Siluetit, trio vocale composto da Martti Metsäketo, Arto Alaspää e Irina Milan. Eseguirono “Miksi amore?“.
Ricchi e Poveri: il grande successo dagli Anni ’80 in poi
Quanto ai Ricchi e Poveri, come sottolineava correttamente Sotgiu, furono quelli gli anni precedenti la grande esplosione. Che, però, avvenne quando il gruppo era già ridotto a tre. Marina Occhiena, infatti, uscì di scena dopo una vicenda che è talmente complicata da non potersi riassumere in questa sede. Accadde tutto a Sanremo 1981. Proprio quello, com’è ben noto, di “Sarà perché ti amo”, una delle canzoni italiane ormai più famose nel mondo. E che riascolteremo, assieme a “Mamma Maria“, nella serata cover con l’ulteriore contributo di Paola e Chiara.
In questo modo, per certa misura, i Ricchi e Poveri torneranno a essere quattro, come sono stati anche durante la breve reunion del 2020. Oltre a Marina, infatti, già nel 2016 aveva lasciato Franco Gatti, che poi è morto a fine 2022 dopo aver passato un ultimo periodo di vita terribile, dovuto alla tragica morte del figlio Alessio.
Il gruppo, rimasto con tre elementi, ebbe comunque poi modo di ritrovare ulteriori soddisfazioni. La già citata “Sarà perché ti amo”, che giunse quinta in un Festival nel quale i primi quattro posti furono di Alice (“Per Elisa“), Loretta Goggi (“Maledetta primavera“), Dario Baldan Bembo (“Tu cosa fai stasera?“) e Luca Barbarossa (“Roma spogliata“), fu solo il preludio a quello che accadde nel 1985.
In un Festival che era ormai prossimo a spogliarsi dell’abito di quel playback che ne aveva caratterizzato anche troppi momenti, i Ricchi e Poveri si presentarono con “Se m’innamoro“, riportando in questo modo l’unica vittoria al Teatro Ariston della loro carriera. La canzone ricevette un milione e mezzo abbondante di voti, che all’epoca erano abbinati al Totip. Doppiò “Noi ragazzi di oggi“, di Luis Miguel, per una curiosa doppietta dell’autore dei due pezzi, Cristiano Minellono (in un caso con Dario Farina, nell’altro con Toto Cutugno).
Dopo altre quattro partecipazioni a Sanremo, mai più neanche lontanamente vicine ai successi precedenti, per i Ricchi e Poveri cominciò un lungo periodo di tournée, per raccogliere il saluto di chi li ha amati al di là dell’Italia. Gli anni del Festival trasmesso nell’Est d’Europa, infatti, fecero il loro, assieme al successo su larghissima scala delle canzoni più amate del loro repertorio. Oggi ne sono rimasti due, Angela e Angelo. “Ma non tutta la vita” comincerà proprio con l’incipit simbolo della loro produzione: “Che confusione”. Ma non “sarà perché ti amo”, questa volta.
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