Eurovision 2024, l’intervista a Hera Björk (Islanda): “Abbiamo bisogno di questo momento di unione tra i popoli”
Hera Björk è una delle due artiste, assieme alla moldava Natalia Barbu, a tornare nuovamente in gara all’Eurovision Song Contest 2024 di Malmö. L’artista islandese, dopo Oslo 2010 con “Je ne sais quoi” (19° posto finale), si presenterà in Svezia con “Scared of heights”, brano con il quale ha vinto l’edizione 2024 del Söngvakeppnin.
Classe 1972, Hera Björk ha partecipato 3 volte al Söngvakeppnin (2010, 2019 e 2024), una volta al Dansk Melodi Grand Prix nel 2009 e al Festival di Viña del Mar nel 2013, vincendo peraltro la categoria “Miglior canzone”. Non ha preso parte all’Eurovision Song Contest solo come artista principale in rappresentanza dell’Islanda ma anche come backing vocalist, sempre per il suo paese, nel 2008, 2009 e 2015.
La sua partecipazione quest’anno è rimasta in bilico fino all’ultimo a causa della proteste in patria per la partecipazione di Israele all’evento e al caso scoppiato dopo la finale del concorso nazionale per i problemi del sistema di voto via app e le richieste di chiarimento di una delle autrici del brano di Hera Björk, Ásdís María Viðarsdóttir, che si era detta favorevole a far partecipare all’Eurovision il secondo classificato, il palestinese Bashar Murad.
Nell’ultimo giorno disponibile si è infine risolta la questione. Hera Björk volerà a Malmö a maggio per esibirsi con la sua “Scared of heights”, brano scritto e composto da Jaro Omar, Ferras Alqaisi (autore per Katy Perry, Dua Lipa e Ricky Martin), Michael Burek e Ásdís María Viðarsdóttir. La sua carriera, l’esperienza maturata all’Eurovision 2010 e alcune curiosità della vita privata di Hera sono state al centro della nostra intervista.
Ciao Hera! Come stai e come ti stai preparando per Malmö?
Sto bene. I preparativi stanno andando alla grande! C’è tanto lavoro da fare e poco tempo a disposizione. Tutti siamo impegnati al massimo e stiamo correndo per far sì che tutto sia pronto. È un po’ folle ma questo è esattamente com’è il processo creativo.
Puoi darci qualche spoiler? Sarà una performance simile a quella vista al Söngvakeppnin?
Certamente sarà simile. Includerà me e farò quello che faccio di solito, salire sul palco, cantare e cercando di beccare le telecamere [Ride]. Lo stage sarà fantastico, è molto grande e ci dà molte possibilità per elevare la performance e realizzare qualcosa di spettacolare per il pubblico in sala e a casa.
Tra tutte le performance dei vincitori delle finali nazionali, sei una delle poche ad aver avuto dei coristi con te sul palco. Quant’è importante per te condividere con loro il palco e, per questo, ti piace la nuova regola per la quale si possono avere i cori registrati?
Per me è importantissimo. Da quel punto di vista sono vecchio stile. Amo condividere il palco con altre persone perché le persone sul palco sono energia e è meglio averne il più possibile piuttosto che essere soli, anche se non fai parte insieme a loro di un gruppo. Sapere che loro sono lì, anche appena dietro le quinte, è sufficiente per me.
Io amo il canto dal vivo, so che può essere pericoloso, visto che parliamo di un programma televisivo, e che può essere più complicato da gestire ma ci sono degli aspetti che adoro. È più crudo, frizzante, organico rispetto alle voci prodotte e registrate. Mi piace comunque che possa rendere le cose semplici. Nel complesso l’Eurovision è il più grande show televisivo, perché la più grande fetta di pubblico è fuori dall’arena, migliaia di persone sono di fronte a noi ma milioni di persone ci guardano in tv. Se i cori registrati rendono più piacevole la fruizione del prodotto, mi va bene anche la registrazione.
Negli anni sicuramente il sound è migliorato notevolmente ma, di nuovo, quelle vecchie care note strozzate erano così carine, sapevi che erano persone vere, magari non beccavano esattamente la nota, ma ogni cosa ha i suoi pro e i suoi contro.
Tu conosci molto bene questa dinamica perché sei sia stata al centro dell’attenzione, all’Eurovision Song Contest 2010, che di supporto al rappresentante come nei due anni precedenti. Quali sono i più bei ricordi che hai di quelle edizioni dell’Eurovision?
Ricordo la mia prima volta a Belgrado nel 2008, è stato speciale perché era la prima volta che mettevo piede in questa bolla felice che chiamiamo Eurovision. Era tutto così professionale, c’era un sacco di lavoro dietro e dovevi seguire le regole per ogni cosa ma allo stesso tempo mi sono divertita tantissimo. Ho conosciuto un sacco di persone fantastiche, artisti con i quali entravo in contatto con il mio poco di inglese, tedesco o spagnolo. Mi ricordo che ero felicissima di essere lì, con gli Euroband, anche perché ero più rilassata e potevo osservare con più calma.
Nel 2009 ho vissuto la stessa esperienza con Yohanna. Quando poi sono tornata poi nel 2010, questa volta al centro dell’attenzione, è stata tutta un’altra sfida suggestiva. Non hai più modo di rilassarti perché sei tu alla guida! [Ride] Il momento arriva quando sali sul palco e vedi tutto il pubblico con le bandiere, tutti così felici e in attesa della tua performance. Lì ho vissuto la più incredibile emozione della mia vita. È spettacolare, puoi sentire veramente su te l’onda di amore e supporto e l’unico compito che hai a quel punto è non iniziare a piangere. [Ride]
Stavi per cedere all’emozione?
Sì! Quando vedi queste migliaia di persone, una a fianco all’altra, che sventolano le bandiere di tutti i paesi, che si mescolano insieme. È un’immagine bellissima che porto nella mente. E mi viene la pelle d’oca nel ripensare ora a quel momento. Pensi “Ok, non ti lasciar andare. Prendi questo amore e canta con tutta la tua forza”.
E tra meno di un mese rivivrai quel momento.
Sì, non vedo l’ora. Sto cercando di non crearmi troppe aspettative perché ci sono già passata. È come il primo orgasmo, dopo non è più la stessa cosa [Ride]. Sarà diverso di sicuro ma fantastico. Quest’anno sarà ancora più speciale perché con tutto ciò che sta succedendo nel mondo abbiamo veramente bisogno di questo momento di unione, insieme in un unico posto anche se arriviamo da paesi diversi.
Torni all’Eurovision con “Scared of heights”. La prima volta che hai ascoltato la canzone hai pensato subito che era quella giusta per tornare in gara o più prudentemente hai detto “Intanto andiamo al Söngvakeppnin e vediamo cosa succede”?
Ho pensato “Wow. Adoro questa canzone. Ha tutti gli elementi che amo al suo interno. Voglio viaggiare con lei e insieme possiamo vincere”. L’ho avvertito dal primo secondo. Chiaramente dopo che parti, lungo il cammino, succedono tante cose che ti portano a dubitare di te stessa o della canzone ma ho sempre tenuto stretto questo primo incontro tra me e la canzone.
Come descriveresti “Scared of heights”?
Il significato della canzone è: non lasciare che la paura ti controlli e ti blocchi. Non aver paura di amare di nuovo, fare domanda per un nuovo lavoro o riallacciare i rapporti con qualcuno perché anche se ottenessi un “no”, ti farà crescere. Mentre se otterrai un “sì”, è fantastico! Tu e l’altra persona potrete essere amanti, amici o colleghi.
La canzone è un dialogo tra me e l’altra persona, alla quale chiedo “Sei pronta a stare con me?” perché io sono pronta a portare la nostra relazione ad un livello superiore. Non aver paura di chiedere perché devi sapere almeno se è un “sì” o un “no” per poter andare avanti.
È un messaggio molto potente, che arriva a chiunque perché ciascuno di noi nella propria vita si è trovato, si trova o si troverà davanti ad una simile situazione. Dalla tua esperienza personale, citando il tuo brano, quando l’amore “ti ha portato alle stelle”?
Tutti sappiamo una cosa: quando l’amore ci porta alle stelle è lì che abbiamo paura. Perché magari è troppo bello per essere vero? Arriverà il momento in cui finirà? Me lo merito? Tutte queste domande si generano nella nostra testa ed è quando lasciamo entrare queste paure che abbiamo “paura delle altezze”. Quello è il momento in cui puoi farti più del male perché sono i momenti ai quali torniamo quando pensiamo a com’eravamo felici.
Ne ho avuti tanti di questi episodi nella mia vita. Mi sono sposata due volte e ricordo che avevo paura dopo la prima volta ma ho deciso di dedicare due anni a me stessa per rimettermi in sesto e così poi ero di nuovo pronta: “Sono pronta per rinegoziare la mia relazione con te [il marito n.d.a.]”!
Come in un contratto…
Sì, una relazione è sempre un contratto. Che siano amici o colleghi. Lavoriamo insieme? Ok, allora io mi fiderò di te e tu di me, abbiamo una relazione e ci prendiamo un impegno. In islandese si dice “skuldbindingu”. Prendere un impegno con qualcuno è una sensazione o un’emozione, il contratto è qualcosa di scritto ma alla fine sono la stessa cosa. Tante volte nella mia vita l’ho sperimentato.
Ma, visto il titolo della canzone, soffri concretamente di vertigini?
No [ride]! Ma mio marito sì. Quando andiamo in montagna o luoghi elevati lui inizia a dire “Woah!”. È un ottimo esempio [di persona che soffre di vertigini n.d.a.] perché conosce bene il suo limite e non si mette in situazioni scomode. Ma a volte ci ritroviamo in queste circostanze e devo parlargli e incoraggiarlo con molta calma per guidarlo. È tutta una questione di ascoltare come l’altra persona vuole reagire in questi attimi di paura.
Quest’anno c’è tra l’altro un’altra canzone che sia nel titolo che nel messaggio si avvicina a “Scared of heights” e sto parlando di “Dizzy” di Olly Alexander, rappresentante del Regno Unito. Cosa ne pensi di lui e in generale chi tra gli artisti di questa edizione ti ha colpito in particolare?
Amo Olly, è una persona così gentile, amorevole e gioiosa. Non puoi non adorarlo. Sì, le nostre canzoni sono simili. Entrambe parlano di queste emozioni che non riusciamo a controllare quando arrivano e dobbiamo essere capaci di viverle senza lasciarci buttare per terra.
Ho conosciuto anche Luna dalla Polonia e Dons dalla Lettonia, è fantastico. Ne ho conosciuti tanti: il rappresentante della Croazia, della Svizzera… I nomi mi sfuggono dalla mente, questo perché ho 52 anni e sto attraversando la menopausa e quindi la mia memoria fa cilecca! [Ride]
Besa, Bambi Thug sono fantastiche. C’è poi il mio fratello tedesco, Isaak, che potrebbe anche essere mio figlio! Tutti adorabili e non vedo l’ora di conoscere il resto dei concorrenti al Pre-Party di Stoccolma. Dovrò fare spazio nella mia memoria dei nomi!
Tu prima scherzavi sulla tua età ma immagino che dal loro punto di vista tu sei una fonte di sapere in materia eurovisiva. Hai dato loro dei suggerimenti su come affrontare l’Eurovision?
Certo. E io prendo del sapere a mia volta da loro. È una situazione win-win. Io imparo tanto da loro; sono giovani, senza paura e un po’ stupidini. Sono fantastiche caratteristiche da avere. [Ride] Mi manca essere un po’ stupidina, nel senso di non pensare troppo alle cose. A 52 anni invece hai visto tutto, fatto un sacco di cose e pensi sempre in eccesso, sei seriosa… L’effervescenza e il coraggio dei giovani sono incredibili.
Probabilmente guardano a me e pensano “Wow, che esperienza” e sì, ce l’ho, ma in ogni fase della tua vita devi conoscere come far sì che queste qualità ti siano utili.
Parlando della tua carriera, nel 2013 hai raccolto una prestigiosa vittoria al Festival Internazionale di Viña del Mar in Cile. È il tuo ricordo più bello? O ce ne sono altri?
Sicuramente il momento ad Oslo di cui ti parlavo in precedenza è stato pazzesco. Ho avuto tutt’altro tipo di esperienza a Viña del Mar. Non ci sono bandiere lì e c’è un tipo diverso di spettatori. Il pubblico di Quinta Vergara, che è l’arena, è chiamato “El monstruo” [“Il mostro” n.d.a.]. Se non gli piaci ti fischiano fino a farti uscire di scena. Io non lo sapevo proprio perché ero giovane e un po’ stupida, ed è stata una benedizione in un certo senso perché sono salita sul palco così felice che loro non hanno trovato la forza di fischiarmi anche se avessero voluto! [Ride]
Vincere lì è stato un onore, arrivando dall’Islanda. Mi sono sentita onorata che si fosse creata una connessione tra di noi perché per me la musica è quello, un flusso tra me e te, dall’artista all’ascoltatore e viceversa. È stato pazzesco per me vedere che potevo arrivare dall’Islanda in Sud America, dove nessuno mi conosceva, e solo con una canzone creare una relazione.
Riguardo il creare canzoni, abbiamo iniziato la nostra conversazione parlando dell’Eurovision 2010: com’è cambiato il modo di comporre canzoni in questi anni dal tuo punto di vista? C’è più scientificità nella produzione o c’è ancora spazio per l’improvvisazione?
Io sono sempre aperta a tutto. Questa canzone è arrivata a me già completamente finita. Ásdís e il suo team di autori hanno composto questa canzone anche loro partendo da una sensazione e una visione. Se hai una visione e le cose che metti in una canzone la rispecchiano allora è così che deve andare. Se vuoi creare in maniera scientifica è a sua volta una visione. Magari hai meno controllo, perché la tecnologia fa molte cose al tuo posto e le statistiche ti dicono come costruire il ritornello e le parole da usare, ma va bene lo stesso.
A volte abbiamo bisogno anche di scrivere qualcosa di quel genere, penso ai jingle per le pubblicità o per prodotti che hanno bisogno di un messaggio definito. Io quando scrivo con il mio team ho una visione ma vado di intuizione. Se sento qualcosa che mi piace dico “Sì, utilizziamolo”.
In conclusione della nostra intervista volevo prima chiederti, dato che ho verificato che tu sei anche un’agente immobiliare, se l’Eurovision Song Contest fosse una casa in vendita, come te la immagineresti?
Sarebbe una bellissima proprietà fuori città, sulla riva di un grande lago dove durante l’estate puoi fare dei grandi concerti. Tutti noi potremmo andare a divertirci, fare il bagno al lago e gustare la musica dal pomeriggio in avanti. E anche in inverno ci sarebbero sempre concerti, anche natalizi. Una casa accogliente, dove ti senti in famiglia, ovviamente piena di glitter. Con gli svedesi che si occupano delle cose tecniche e i tedeschi dell’impianto audio…
E gli italiani?
Gli italiani devono portare il cibo! [Ride]
Per ultimo, che messaggio mandi proprio ai fan italiani che ti guarderanno a maggio?
Grazie mille! Le canzoni italiane sono nel mio dna perché la musica islandese in passato ha portato tante canzoni italiane in Islanda quindi noi cantiamo i vostri successi praticamente ogni giorno e in ogni occasione. Vi siamo grati; il vostro modo di scrivere, con il passare delle generazioni, è fantastico. Ogni anno mi innamoro delle vostre canzoni.
Grazie per ascoltare e supportare la mia dance islandese, il mio “mama-dance beat” [Ride], e spero di portarvi gioia e di creare una connessione con voi.
Ringraziamo Hera Björk per la sua disponibilità. La rappresentante dell’Islanda sarà in gara nella prima semifinale, martedì 7 maggio 2024. La serata sarà trasmessa in diretta su Rai 2 dalle ore 21:00 con il commento di Gabriele Corsi e Mara Maionchi. L’Italia non è chiamata al voto in quella serata, pertanto potrà sostenere Hera Björk al televoto solo in caso di accesso alla finalissima di sabato 11 maggio.
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