Galles all’Eurovision come “Home Nation”: no di EBU, ma si riapre la questione nazionalista

Il Galles all’Eurovision Song Contest, al posto del Regno Unito. Impossibile, per ora. Ma il fatto che sia partita una petizione per chiederlo– ben conoscendo che la risposta di EBU sarebbe stata negativa – riaccende un faro sull’aspetto geopolitico della rassegna. Ma anche su una questione che in molti-. anche fra gli eurofan auspicano e cioè al Regno Unito venga consentito di gareggiare non come entità unica ma con le singole home nations, come avviene ad esempio nel calcio o nel rugby.
Veniamo al punto. Sul tavolo del Senedd, il Parlamento gallese era arrivata una petizione per chiedere al Governo di Cardiff l’impegno a lavorare in simbiosi con S4C per formulare una proposta da presentare sul tavolo di EBU per promuovere la partecipazione del Galles all’Eurovision come entità singola.
S4C, ovvero Sianel Pedwar Cymru è la tv pubblica con sede a Cardiff che trasmette in lingua gallese. Parte di EBU, S4C è per intenderci l’emittente che ha gestito le due partecipazioni del Galles allo Junior Eurovision, quando però il Regno Unito non prendeva parte alla rassegna.
La questione come si capisce, ha valore politico e nazionalistico: uno dei motori della richiesta è infatti Plaid Cymru, il partito di centrosinistra indipendentista all’opposizione nel Parlamento del Galles, che ha inserito la partecipazione all’Eurovision del Galles indipendente nel manifesto elettorale.
Non solo. Lo scorso Maggio a lanciare il sasso era stata Sara Davies, la cantante vincitrice dell’ultima edizione del Can I Gymru, il festival della musica gallese che ogni anno designa dal 1971 la rappresentante del Galles al Pan Celtic festival, la rassegna musicale dei paesi di lingua gaelica ma che in realtà era nato tre anni prima proprio nella speranza che diventasse la selezione nazionale gallese per l’Eurovision Song Contest. Davies, subito dopo la vittoria aveva definito “senza senso” il fatto che il Galles fosse costretto a partecipare all’Eurovision “come parte del Regno Unito” e non in proprio”.
EBU – tramite il capo del reference group Bakel Walden- naturalmente ha risposto a questa richiesta del Galles nell’unico modo possibile ovvero ricordando che BBC è la sola titolare del diritto di partecipare all’Eurovision:
Sebbene S4C è un rispettabile membro di EBU ed ha preso parte due volte allo Junior Eurovision ed una allo Eurovision Choir (il concorso eurovisivo dei cori professionali ndr), la BBC prende parte all’Eurovision Song Contest dal 1957 e rappresenta l’intero Regno Unito all’evento
C’è da credere che S4C tornerà alla carica, magari ripassando dallo Junior Eurovision (c’è da capire cosa farà la BBC che dopo aver debuttato nel 2022 e partecipato a due edizioni non ha preso parte all’ultima, liberando quindi di nuovo lo slot britannico), ma è chiaro che l’Eurovision è sempre più una questione politica anche nel Regno Unito.
Il precedente scozzese
Ne avevamo parlato a suo tempo, quando la Scozia – ben prima della Brexit, ovvero nel 2018 – aveva tentato con Londra la strada del referendum (poi perso) per l’indipendenza dal Regno Unito. In quella occasione, sia gli indipendentisti che gli unionisti tirarono in ballo l’Eurovision nei rispettivi programmi elettorali: i primi per dire che la prima mossa dopo la vittoria sarebbe stata la trasformazione di BBC Alba, la branca scozzese della BBC nello SBS (Scottish Broadcasting Service), con annessa adesione ad EBU e partecipazione all’Eurovision; i secondi invece esprimevano preoccupazione perché con l’eventuale distacco dal regno Unito a loro dire avrebbero perso anche il diritto di partecipare alla rassegna.
E nel 2023, quando il Regno Unito si è fatto carico dell’organizzazione dell’Eurovision in luogo dell’Ucraina in guerra, Liverpool ha battuto sul filo di lana Glasgow: sono in tanti a credere che la scelta sia ricaduta sulla città dei Beatles anche forse per evitare strumentalizzazioni nel momento più caldo dopo la brexit, quando cioè lo Scottish National Party stava tornando alla carica con Unione Europea, EBU ed Eurovision.
Quel 1971 con la cantante sotto scorta
Per completezza d’informazione va detto che la questione delle Home Nations all’Eurovision non è certo cosa recente. Nel 1971 per esempio, il Regno Unito era nel pieno dei cosiddetti “Troubles”, il conflitto che si combatteva sin dal 1968 lungo il confine fra Repubblica d’Irlanda e Irlanda del Nord fra l’Irish Republican Army, la forza paralimitare dell’Irlanda cattolica e quelle lealiste della protestante Ulster. Si combatteva da un lato per l’unificazione delle due Irlande, dall’altra per il mantenimento della sovranità britannica sul’Irlanda del Nord.
Un conflitto durato trent’anni e concluso solo con gli “Accordi del Venerdì Santo” nel 1998, che le trattative per la Brexit hanno rischiato di rimettere in discussione per la vicenda del cosiddetto Backstop, che messo il confine fisico fra i due territori in mezzo al mare proprio per evitare la riapertura del conflitto.
Nel 1971 l’Eurovision arriva per la prima volta in Irlanda dopo la vittoria della nordirlandese (ma appunto in gara per RTÉ) Dana. In quell’anno, sia il Regno Unito che l’Irlanda schierano due artiste nordirlandesi ma quella in gara per la BBC, Clodagh Rodgers è anche cattolica ed è la prima nordirlandese a rappresentare il Regno Unito dal debutto dell’Irlanda in concorso.
L’Ira la bolla come ‘traditrice della Nazione’, la accusa di “collaborazionismo con gli imperialisti britannici” e la minaccia più volte di morte in quanto “non si è rifiutata di cantare peril Regno Unito” e come raccontano i giornali dell’epoca, la sua permanenza a Dublino è blindata e guardata a vista da Scotland Yard:
La polizia è davanti al suo appartamento, lungo le scale e in ascensore. Nessuno riesce ad avvicinarla ed ognuno che passa è fermato ed identificato. L’Ira ha anche minacciato di far saltare tutto con la dinamite: ci sono sospettose pattuglie di poliziotti di guardia all’esterno, dozzine di agenti in divisa e in borghese all’interno, mescolati tra il pubblico o discretamente nascosti dietro le quinte
Nello specifico, l’Ira aveva minacciato di manomettere la trasmissione in diretta dell’evento e per questo fu allestita una postazione d’emergenza segreta da dove eventualmente continuare a garantire la diretta. Non solo: pochi mesi prima, quando Dana aveva portato a Dubilino il trofeo, nella sua città di origine, Derry (nel cuore dell’Ulster) invece della festa era andato un scena uno scontro fra le due fazioni.
Le home nations e l’Eurovision
L’Eurovision è arrivato in Scozia una sola volta, alla Usher Hall di Edimburgo, nel 1972, portato dalla BBC che in quell’anno sostituiva Monaco nell’organizzazione del concorso. La stessa location nel 2018 ha ospitato lo Eurovision Young Musicians, la rassegna biennale per i talenti della musica classica europea Under 18. In compenso una scozzese ha vinto l’Eurovision: si tratta di Lulu, la cui “Boom bang a bang” trionfò nel 1969 a Madrid nella celebre edizione con quattro vincitrici ex-aequo.
BBC Alba, la branca scozzese ha preso parte nel 2019 allo Eurovision Choir: in quell’anno c’era anche il Galles, che aveva partecipato anche l’anno prima, mentre STV, l’altra tv pubblica scozzese non è mai stata coinvolta. S4C, la tv gallese come detto ha partecipato, con scarsi risultati, per due edizioni allo Junior Eurovision, mentre a Cardiff non è mai arrivato alcun evento eurovisivo, anche se il Millennium Dome è stato inizialmente in corsa per l’Eurovision 2023.
La gallese Jessica Garlick ha centrato l’ultimo podio nel 2002 prima del grande buco nero e di Sam Ryder (2022) e un’altra grande gallese ha rappresentato il Regno Unito, precisamente Bonnie Tyler, nell’edizione 2013.
L’Eurovision non è mai arrivato nemmeno a Belfast, sebbene siano stati diversi i nordirlandesi in gara per il Regno Unito (ma molti di più quelli per l’Irlanda…) : nel 1995 la BBC propose alla tv irlandese, chiamata alla terza organizzazione di fila, di dividere le spese e portare la rassegna nell’Irlanda del Nord, ma RTÉ rifiutò la proposta.
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