Big Mama: “Basta Sanremo, per l’Eurovision ci vuole altro”. Perché è un abbaglio

Big Mama si prepara a commentare Eurovision 2025 su Rai 2 (le semifinali) e Rai 1 (la finale) insieme a Gabriele Corsi dopo essere stata in giuria lo scorso anno. La sua prima intervista da conduttrice, in attesa della conferenza stampa di domani 8 Marzo è con TeleSette e le sue parole stanno già facendo parecchio rumore.
Non penso che Sanremo sia il giusto modo per selezionare l’artista per l’Eurovision. Sono felice per tutti coloro che l’hanno vinto e sono andati all’Eurovision perché ci hanno fatto sempre fare bella figura. Credo però che l’evento richieda una carica diversa e per altri Paesi è raro che vadano a gareggiare superstar della musica: vengono quasi tutti da piccoli festival, riescono poi a farsi spazio e mettersi in luce.
Ai rivali esteri i mostri sacri fanno un po’ paura: del resto noi ci presentiamo con big da milioni di ascolti in streaming che vanno direttamente alla finalissima. Sanremo è il festival della canzone più famoso e bello al mondo, ma il suo pubblico è completamente diverso da quello dell’Eurovision. Sono convinta che meriteremmo un contest nazionale a parte, con brani che potrebbero dare di più, non certo per il posizionamento in classifica finale dove siamo sempre stati bravissimi, quanto a livello di messaggio e di spettacolo.
Questa è una tesi – spiace dirlo perché chi scrive appartiene con orgoglio alla categoria – a cui molti colleghi giornalisti anche di fama tirano la volata.
Ma è un clamoroso abbaglio. Basterebbe andarsi a vedere lo score dell’Italia: dal 2011 ad oggi una sola artista passata da Sanremo ha fallito la Top 10, vale a dire Francesca Michielin, che peraltro come Lucio Corsi ci arrivò da seconda al Festival (in quel caso per rinuncia degli Stadio).
Senza Sanremo non sarebbe mai arrivata la vittoria dei Måneskin, diventati stelle mondiali e non sarebbero mai arrivati due secondi posti, un terzo posto, due quarti posti, un quinto, due sesti, due settimi e un nono posto. Il nostro peggior risultato? L’unico anno che l’artista non è uscita da Sanremo, vale a dire nel 2014 con Emma e “La mia città”.
L’Italia piace e fa successo all’Eurovision perché porta la sua musica, senza pensare al prodotto per l’Eurovision. Per questo è il Paese dei Big 5 con il miglior score. Basterebbe farsi un giro fra i colleghi stranieri accreditati e chiedere cosa ne pensano delle entries italiane e del fatto che vengano dal Festival di Sanremo.
Fuori dall’Italia: selezioni eurovisive disastrose quasi dovunque
Ad eccezione della Svezia, che ha un concorso pensato per l’Eurovision, vale a dire il Melodifestivalen che però a livello di popolarità è equivalente, se non a tratti superiore a quello che per l’Italia è Sanremo (e infatti funziona), tutti gli altri tentativi di concorsi pensati per l’Eurovision sono miseramente falliti.
Il tanto sbandierato Benidorm Fest, sul quale TVE ha investito vagonate di denaro ha portato soltanto il terzo posto di Chanel nel 2022, frutto però non del concorso e nemmeno della canzone “Slo Mo” bensì del sex appeal dell’artista – che dopo l’Eurovision è praticamente scomparsa dai radar anche nazionali nonostante un progetto della BMG per il suo lancio internazionale – e per il resto risultati miserrimi che probabilmente potrebbero toccare il fondo in questa edizione.
La Francia ha colto un secondo posto nel 2021 con Barbara Pravi, uscita dalla selezione nazionale, ma si trattava dell’artista bicampionessa in carica come autrice allo Junior Eurovision e nel 2017 il successo del portoghese Salvador Sobral dopo il Festival da Canção è arrivato proprio grazie ad un brano per nulla eurovisivo e alla storia personale dell’artista. Come peraltro era tutto meno che eurovisivo anche “Voilà” della citata Pravi.
Stendiamo poi un velo pietoso sul Regno Unito e sui risultati ottenuti quando ha organizzato selezioni alle quali hanno preso parte artisti sconosciuti o classificati nelle retrovie dei talent show (il target che secondo Big Mama dovrebbe partecipare a questi concorsi). Nelle quattro selezioni complete organizzate fra il 2016 e il 2019, è arrivato un solo piazzamento nei primi 20.
Per non parlare della Germania, non proprio l’ultimo Paese a livello discografico (per dare un’idea: è l’unico oltre il Regno Unito le cui sole vendite domestiche bastano a far entrare gli artisti nella top 10 europea). Dopo la vittoria di Lena del 2010, le altre selezioni hanno portato quattro (leggasi QUATTRO) ultimi posti (dei quali uno a zero punti), due penultimi posti e complessivamente 9 piazzamenti dopo il 10. Posto su 11 selezioni (nel 2021 Jendrik fu selezionato internamente). In quasi tutti questi casi, si trattava, per dirla ancora con Big Mama, tutt’altro che di Superstar, in qualche caso di artisti semisconosciuti persino in patria.
Che Sanremo sia la scelta giusta, dunque, lo dicono i numeri, ma lo dicono anche riviste internazionali prestigiose. Valga un esempio per tutti. Il britannico The Spectator, il settimanale più antico del mondo, fondato nel 1828, commentò così dopo il nul points di James Newman nel 2021:
La BBC ha sempre lesinato sulla messa in scena e sulla coreografia e questo si è visto. La band italiana che ha vinto veniva da un festival di cinque serate, con 26 canzoni. Alla BBC tutto questo non interessa, non vuole essere disturbata: è molto più facile dare la colpa alla politica ed al voto politico. Ma possiamo incolpare la politica per la scarsa visibilità delle entries del Regno Unito nel Regno Unito? La scelta dell’Italia è arrivata al primo posto nella loro classifica, James Newman da noi non ha raggiunto la numero 40.
Ma senza andare lontano, si potrebbero ricordare le parole di Nicola Caligiore, per 9 anni capodelegazione italiano, rilasciate a chi scrive per il libro “Eurovisioni – Nation Branding e identità europea attraverso l’Eurovision Song Contest”
Quando i miei colleghi degli altri paesi, soprattutto quelli delle altre big, mi chiedevano come facessimo ad essere sempre ai vertici, io rispondevo proprio questo: bisogna credere nelle proprie scelte. Se vai all’Eurovision con un artista nel quale il tuo pubblico nazionale non crede, che è frutto di qualche talent show di secondo piano, per esempio, come puoi pretendere che il pubblico di altri paesi ti segua? Ecco, in questo credo che in fondo il nostro nation branding eurovisivo sia stato proprio questo: portare la qualità negli artisti
Ma anche l’intervista che rilasciò ad EurofestivalNews alla fine del suo mandato da capodelegazione ribadiva gli stessi concetti.
A chi piace un altro concorso invece di Sanremo
Dire che la qualità di Sanremo è troppo alta per l’Eurovision significa non conoscere la rassegna o averne una considerazione sotto i tacchi. Pensare che all’Eurovision debbano andare solo giovani emergenti, è considerarlo alla stregua di un concorso minore. Chiaramente big non è sempre sinonimo di qualità (se per esempio non prendi una nota nemmeno per sbaglio: Cascada all’ Eurovision 2013, si veda il video sopra) così come emergente non lo è di brano con scarso appeal (le selezioni organizzate in Germania da Stefan Raab, con la vittoria di Lena e quest’anno il bel brano di Abor & Tynna ne sono la prova).
All’Eurovision vince chi crede nella rassegna. A tal punto da abbinarla al suo concorso più importante come Sanremo, oppure costruendoci attorno un progetto artistico, oppure scegliendo di affidarsi a grandissimi del suo mainstream: la Francia ci è andata vicina lo scorso anno con Slimane e quest’anno è tra le favorite con Louane. La storica vittoria del Portogallo col citato Sobral è arrivata nell’anno in cui RTP, dopo otto eliminazioni in 12 edizioni e il massimo di un tredicesimo posto ha capito che bisognava investire sulla qualità e ha deciso di invitare al Festival da Canção non i cantanti bensì gli autori. Da allora ha mancato la finale solo una volta e il livello delle proposte è fra i migliori d’Europa.
Un’altra selezione per l’Eurovision invece di Sanremo segnerebbe la morte rapida del concorso in Italia: se oggi la Rai crede nel format è anche perché i big hanno contribuito a farlo crescere, garantendo ascolti oltrechè risultati.
Un concorso alternativo per l’Eurovision potrebbe piacere forse alla discografia, che avrebbe un altro brano su cui far cassetta dopo averla fatta col vincitore di Sanremo e per la quale – come stiamo riscontrando negli ultimi anni- è un fastidio dover promuovere quello stesso brano anche all’estero. E forse potrebbe piacere a chi organizza concorsi, perché potrebbe farne una nuova gallina dalle uova d’oro. Del resto, come cantava Caparezza “chi se ne frega della musica”. Figuriamoci poi dell’Eurovision.
Segui Eurofestival News anche su Google News, clicca sulla stellina ✩ da app e mobile o alla voce “Segui”.
Non perderti le ultime notizie con le notifiche in tempo reale dal nostro canale Telegram e WhatsApp. Seguici su tutti i principali Social Media (qui l’elenco completo) e scopri come sostenerci e sostenere una informazione da sempre indipendente.
Eurofestival News è anche una comoda Web App gratuita che puoi portare sempre con te, scaricala subito sul tuo smartphone. Vuoi collaborare con noi? Contattaci!
Mi trovi d’accordo, parzialmente però.
Non metto in dubbio la qualità della nostra selezione e i buoni risultati che ci ha sempre garantito, quanto la voglia e l’entusiasmo degli artisti nel partecipare.
Vedo ogni anno rappresentanti di altre nazioni spendere i mesi antecedenti l’evento vivere per la loro esibizione: partecipano alle manifestazioni, ai concerti organizzati in Europa, registrano contenuti mirati.
I nostri invece sono sempre più estranei a queste dinamiche, come se non fossero realmente mossi dalla voglia di partecipare. Le pochissime adesioni agli eventi pre Eurovision ne sono la dimostrazione.
Ricordo ancora lo scazzo di Blanco durante tutta la sua partecipazione nel 2022, dalle prove saltate al Turquoise Carpet. Quest’anno il team di Lucio Corsi ha addirittura fornito come media al canale ufficiale un’esibizione passata in TV 3 mesi fa, quando i suoi colleghi registrano versioni curate in location suggestive o con una produzione del tutto diversa per farsi conoscere in modo alternativo.
Addirittura chi partecipa al Festival si prende già impegni per maggio, dovendo rinunciare alla partecipazione in caso di vittoria: ma se io avessi votato a Febbraio proprio per Olly, perché lo volevo vincitore del Festival come rappresentante all’Eurovision, non ho il diritto di sentirmi ingannato sapendo che la sua era già una rinuncia chiamata da altri impegni presi in precedenza?
Non dico che Sanremo sia una scelta sbagliata, però che l’Eurovision meriterebbe un rispetto maggiore sì, anche all’interno dello stesso contesto canoro italiano.