Eurovision 2025, intervista a Matteo Osso (Radio 2): “Il commento in coppia è come un tango”

Matteo osso

Per il secondo anno di fila Matteo Osso sarà al commento dell’Eurovision per Radio 2 e Radio2 Visual (canale 202 DTT) insieme a Diletta Parlangeli. A poche ore dall’Eurovision 2025 lo incontriamo per farci raccontare le emozioni della prima volta e le aspettative per l’edizione di Basilea.

La prima volta all’Eurovision come è andata?

Direi bene. Con Diletta Parlangeli venivamo da un programma estivo condotto insieme e siamo molto amici, quindi quando me l’hanno proposto ho capito subito che sarebbe venuta una bella cosa. Ci vediamo poco, perché io vivo a Milano e lei a Roma, però c’è intesa. L’Eurovision è una figata, dal punto di vista musicale e radiofonico: tante ore di diretta per così tante cose da commentare, chi fa il mio mestiere non può chiedere di meglio.

Fra l’altro ormai da qualche anno l’Eurovision su Radio 2 va in simulcast, che unisce il racconto della radio a quella della tv…

Il simulcast è molto complicato dal punto di vista tecnico, perché tu hai un occhio alle immagini che vedi, un orecchio a quello che succede in studio ed hai la regia di fronte: devi sempre tenere l’attenzione alta. Ormai l’Eurovision è molto televisivo, ma il bello della radio è che le cose si possono raccontare e se hai il piacere di condividerlo è una fase molto ricca, è bellissimo il gusto di coinvolgere l’ascoltatore in una sorta di tornando che lo avvolge e lo porta verso il centro che è l’evento. Se si riesce a fare questa cosa, apre molto spazio all’immaginazione: quindi è un misto fra la libertà di pensare e il racconto che deve essere il più possibile fedele alla realtà.

La gente finalmente apprezza anche il commento di Radio 2…

Non sta a me giudicare il lavoro degli altri, non è neanche giusto. Penso che sicuramente ci siano limiti tecnici, per esempio troppe persone in voce alla radio non fanno bene, serve senso della misura altrimenti la presenza prevale sulla musica. Poi  chi fa il nostro mestiere deve sapere quando è il tempo di fermarsi, fare un passo indietro di lato o lasciare spazio all’altro: è un tango, un gioco di equilibrio fra ruoli diversi. Non è sempre facile: buttarla in vacca è un modo semplice per portare a casa la pagnotta ma se si riesce a costruire un racconto è meglio.

C’è tanta Italia  in gara quest’anno, all’Eurovision e fra l’altro tutta concentrata nella prima semifinale…

 Da un lato è un bene perché ci rappresenta e lo fa in forme diverse, senza clichè o settata su uno stesso  genere musicale. Ci sono diverse Italia: la poesia di Lucio Corsi, la dance di Gabry Ponte e ci sono diversi altri punti di vista. Dall’altro lato, ho paura che questo possa sbriciolare  un po’ i consensi: vero che non l’Italia non può autovotarsi ma sarà interessante capire dove andrà il voto italiano.

Martedì cominciamo col botto: sono tutti in gara, sarà davvero entusiasmante.

L’Italia è in gara con Lucio Corsi e “Volevo essere un duro”, un brano non esattamente eurovisivo…

“Sono molto contento che ci rappresenti Lucio Corsi, ha fatto molta gavetta, con umiltà e meritava di mostrarsi ad un pubblico così grande. L’ho conosciuto ed intervistato e ho avuto la sensazione di avere davanti a me un poeta. A Sanremo gli ho chiesto di raccontarmi come nascono le sue canzoni e lui ha detto: “Le canzoni sono furbe: vengono a svegliarti di notte e se non le acchiappi subito, l’indomani mattina hanno cambiato faccia”. Questa secondo me è poesia, io ho avuto un istintivo moto di commozione, perché ho capito che ci sono anime come la sua che hanno avuto un dono in più. Sono quindi contento per questa occasione che ha: non so cosa aspettarmi in termini di risultati. Ovviamente tifo per lui: credo che sia una sfida molto difficile da vincere, ma non credo comunque abbia problemi a sostenerla.

Emanuele Lombardini

Giornalista, ternano, cittadino d'Europa

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